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L’Ucraina dell’ambasciata USA a Roma

Ho intenzione di scrivere al direttore del quotidiano aziendale del piddì ed esprimergli la mia delusione per le lacune riscontrate nella pagina su avvenimenti mondani ed enosuggerimenti alcolici.

La cronista del foglio piddì, invi(t)ata all’ambasciata USA a Roma, racconta dell’iniziativa offerta mercoledì scorso a “pochissimi giornalisti”, con “cocktail negli splendidi giardini” per “sondare qualche umore” e proiezione video “sulla rivoluzione ucraina, culminata, nel febbraio 2014, nell’epilogo del regime di Viktor Yanukovich”. Era presente l’ambasciatore ucraino. Dopo i consigli dell’ambasciatore USA Phillips su come trattare quei giornalisti che osano divulgare le intercettazioni sull’inchiesta lucana e le “verità” dell’ambasciatore Perelygin sul “tanto chiasso per nulla” circa i conti offshore di Porošenko (a proposito: dopo mercoledì, i media ucraini ne hanno scoperti ancora una decina, oltre quelli dei panama papers), si passa al film. Winter on fire: Ukraine’s fight for freedom, si intitola, tanto per ricordare ai “pochissimi giornalisti” in che lingua si parli oggi a Kiev; “una testimonianza della lotta per la libertà e la democrazia”, proclama il padrone di casa; la “solidarietà e il coraggio dei cittadini ucraini ci ha restituito la libertà”, fa eco al suo signore l’ambasciatore Pereligin, senza dimenticare “l’aggressione russa” e le “regioni distrutte dai militari russi” in Ucraina. Il documentario, sottolinea la cronista, “ripercorre senza retorica … i 92 giorni della rivoluzione ucraina”, con “le rappresaglie violente dei Berkut” e “l’involuzione autoritaria del regime di Yanukovich”.

Dunque ora tutto mi è chiaro, a proposito dell’Ucraina: fino al gennaio 2014 c’erano i cattivi, anzi, scrive la cronista, i violenti del “Berkut particolarmente temuti”; dopo gennaio c’è stata la rivoluzione “per la libertà e la democrazia”. Dopo di che vissero tutti felici e contenti, soprattutto all’ambasciata USA.

Ora, d’accordo che si tratta di un foglio aziendale, il cui unico scopo è glorificare quel comitato d’affari di cui è megafono e nessuno pretende di trovarvi analisi approfondite, o citazioni dal segretario generale ONU Ban Ki-moon, secondo cui l’Ucraina è “un elemento indesiderabile in campo europeo” che, coi Paesi baltici, in 25 anni di indipendenza, non hanno saputo creare condizioni dignitose di vita per i propri cittadini e in cui sono cresciute corruzione e criminalità. Nemmeno mi aspetterei di leggervi delle città del Donbass bombardate dall’esercito inviatovi dalla “rivoluzione ucraina”; delle decine di Berkut freddati in piazza Nezaležnosti dai cecchini dei servizi segreti stranieri; delle cinquanta vittime del rogo di Odessa appiccato il 2 maggio 2014 dai fascisti e dai buoni poliziotti del “dopo gennaio 2014”; delle diecimila vittime causate dalla guerra scatenata da Kiev contro le regioni di Donetsk e di Lugansk e dei due miliziani morti anche oggi sotto i razzi ucraini, oppure della bomba atomica che la celebrata Julia Timošenko disse che avrebbe voluto sganciare sul Donbass.

Nemmeno pensavo di leggere, il 10 aprile, delle migliaia di persone che, il 9 aprile, hanno percorso le vie di Donetsk per celebrare il secondo anniversario della proclamazione della Repubblica popolare. Ingenuamente, credevo però di poter almeno leggere, dai cronisti del piddì, della popolazione ucraina ridotta alla fame dalle ricette del FMI che, per coronare “la libertà e la democrazia”, nel “febbraio 2014”, decretarono “l’epilogo del regime di Yanukovich” con un golpe fascista diretto e organizzato oltreoceano, così come, il 10 aprile 2016, hanno decretato l’uscita di scena del banchiere piazzato dal Dipartimento di stato a fare da premier, Arsenij Jatsenjuk. Da quel credulone che sono, pensavo che avrebbero scritto dei comunisti ucraini messi fuori legge, torturati e assassinati dopo “il gennaio 2014”; dei deputati ucraini, dopo il gennaio 2014, zittiti alla Rada e bastonati in strada se tentano di avanzare dubbi sulla “Operazione antiterrorismo” nel Donbass; dei gruppi di civili rapiti e assassinati dai battaglioni neonazisti nel Donbass; degli anziani aggrediti se si azzardano a commemorare il passato sovietico; di come i fascisti, il 10 aprile 2016, nel giorno di pubblicazione del “redazionale” piddì sponsorizzato dalle ambasciate USA e ucraina e che coincide con l’anniversario della liberazione di Odessa dal nazismo, questo venga ricordato con la devastazione, da parte dei gruppi neonazisti e della Guardia nazionale ucraina, dei cippi a ricordo della strage del 2 maggio 2014.

Ma basta! Il direttore di quel foglio (ah, dimenticavo: l’Unità) deve dirmi perché certi servizi siano a tal punto lacunosi: l’invi(t)ata non ha nemmeno scritto se, all’ambasciata USA di Villa Taverna, i cocktail li preparino con l’oliva o no.

Fabrizio Poggi

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1 Commento


  • aldo

    GRAZIE!!

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