La traversata del Rubicone: la guerra globale senza fine di Obama
di dr. Mahboob A. Khawaja
Global Research, 30 gennaio 2012
“Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm – Un taglio netto: una nuova strategia per rendere sicuro il regno” è il biglietto di presentazione di autori chiave…i sadici neo-cons degli Stati Uniti Richard Perle, David Wurmser e Douglas Feith …
Un decennio più tardi, gli autori di questo studio sono poco nominati, ma il loro spirito di “guerra senza fine” è vivo e vegeto all’interno della “Informativa sulla difesa strategica” (DSG) recentemente illustrata dall’amministrazione Obama, come parte del programma “Conservare la leadership globale degli Stati Uniti: Priorità per la difesa nel XXI secolo”.
Mentre “Clean Break” proponeva quello che allora era una radicale strategia militare per il Medio Oriente, l’“Informativa DSG” di Obama individua le priorità militari statunitensi per il XXI secolo per “affrontare e sconfiggere le aggressioni, in qualsiasi parte del mondo”, con particolare attenzione sul Medio Oriente e la regione Asia-Pacifico, come le “più grandi sfide per il futuro.” (Panetta, 5 gennaio 2012)
[N.d.tr.: Leon Edward Panetta (Monterey, 28 giugno 1938) è un politico, accademico e avvocato statunitense. Esponente di rilievo del Partito Democratico USA, dal 1977 al 1993 è stato membro della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti.
Il 5 gennaio 2009 il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha designato Leon Panetta direttore della CIA.
Nel luglio 2011 ha assunto l’incarico di ministro della Difesa degli Stati Uniti, al posto di Robert Gates.]
Né il presidente né Panetta hanno sentito la necessità di esprimersi con chiarezza da dove derivi credibilmente questa minaccia globale, che richiede un’eterna vigilanza armata, dal momento che il paese continua a smantellare i “programmi sociali in favore del popolo” e che le sue infrastrutture continuano a sgretolarsi – nemmeno si sono curati di informare il popolo degli Stati Uniti con razionalità logica a chi è rivolta la minaccia, perché, quando, dove e come …
Dopo l’inizio dell’amministrazione Obama, Panetta, una volta conosciuto alla Camera dei Rappresentanti come un liberal democratico della California, ha cominciato a trasformarsi in un ringhiante dottor Stranamore, con le sue espressioni guerrafondaie, con le sue esternazioni su nemici, minacce, morte e distruzione, nel propagandare il dominio militare degli Stati Uniti e la loro capacità di “decisamente prevalere in qualsiasi conflitto.” (Renee Parson “US Plans for Perpetual War – I piani degli USA per una guerra perpetua” ICH, Information Clearing House: 27 gennaio 2012)
“Il governo degli Stati Uniti è così pieno di senso di virtuosità e di auto-giustificazione da trasformarsi in una caricatura di ipocrisia.
Leon Panetta, un ex deputato che Obama ha nominato direttore della CIA, e ora è a capo del Pentagono, ha appena dichiarato ai marinai della portaerei Enterprise che gli Stati Uniti devono sostenere una flotta di 11 portaerei al fine di proiettare la potenza marittima contro l’Iran e convincere l’Iran che ‘è meglio per loro cercare di trattare con noi per via diplomatica…’
Washington ha tenuto l’America in guerra per dieci anni, mentre milioni di Usamericani hanno perso il lavoro e le loro case. La guerra e un’economia traballante hanno fatto esplodere il debito nazionale, e però l’incombente bancarotta viene attribuita al Sistema Sanitario e alla Previdenza Sociale. Il perseguimento della guerra continua.
Il 23 gennaio fantocci servili di Washington – gli Stati membri dell’Unione europea – hanno eseguito gli ordini di Washington e hanno imposto un embargo petrolifero contro l’Iran, nonostante le suppliche della Grecia, membro dell’Unione europea. La rovina finale della Grecia sarà provocata dall’innalzamento dei prezzi del petrolio a causa dell’embargo.”
(Paul Craig Roberts, “Drowning in Hypocrisy – Affogando nell’ipocrisia”, Paulcraigroberts.org: 24 gennaio 2012)
La politica è immaginazione – a maggior ragione negli Stati Uniti, dove i mass media, una combinazione di arroganza, intenzionali raggiri, menzogne istituzionalmente fabbricate, propaganda individualistica, e paura che fomenta il sospetto e l’incredulità, hanno il predominio sulla cultura nel manipolare la gente comune, nel propinare l’informazione alle moltitudini-gregge e nello sfruttare il loro patriottismo per servire i molteplici interessi della elite dirigente, non più dell’1%.
Nonostante le sue affermazioni ambigue, la democrazia liberale è sembrata avere perso la capacità di fornire qualsiasi senso di sicurezza morale o intellettuale alle masse del 99% – il motore politico della legittimità democratica.
Le reti dei mezzi di informazione di massa, ben pagate dalle corporation, incrementano il terrore della guerra, che la gente ha già introiettato in sè autonomamente, l’ordine del giorno è per il continuo conflitto, come se la pace rappresenti una specie in via di estinzione, anche in una sua configurazione utopica.
L’umanità vive in un “unico mondo su un unico pianeta”. La guerra intrapresa da aggressori in una parte del pianeta è una guerra contro l’intera umanità.
Dal momento che i leader eletti hanno esitato a salvare e conservare la pace, a costoro devono essere contestati i loro infidi e pericolosi giochi di ruolo.
Nelle società occidentali non mancano le persone lungimiranti, competenti e intelligenti. Perché non nominare a guidare gli Stati Uniti persone intelligenti, oneste, intraprendenti e responsabili, piuttosto che perdere tempo e opportunità con Obama, Romney e Gingrich (gli ultimi due, candidati repubblicani).
Forse, le potenti voci del popolo del 99%, i destini mutevoli di un’epoca che sta segnalando tangibili cambiamenti nel modo di pensare e nelle percezioni politiche dei dirigenti liberal-democratici dell’Occidente timorosi delle forze sconosciute del cambiamento, i tempi e la storia rafforzeranno la domanda di assumere leader politici competenti, piuttosto di vedere sprecato denaro e sforzi nell’eleggere personaggi sadici ed egomaniaci che pretendono di essere leader.
Le persone credibili e scelte dalle masse del 99% potrebbero servire gli interessi del popolo per la pace, la sicurezza e il benessere economico, piuttosto che sprecare soldi e speranze, e non dovrebbero curarsi del cinismo politico e del fanatismo istituzionale – non di Obama, nemmeno di Mitt Romney, Gingrich o Bush, non di Cheney, non di Blair – alcuni di costoro sono stati già ritenuti colpevoli di “crimini contro l’umanità”, altri sono candidati nella percezione dell’opinione pubblica come criminali di guerra contro l’umanità.
Nel suo discorso di indirizzo sullo Stato dell’Unione, rivolto questa settimana ad entrambe le Camere, il presidente Obama ha fatto risuonare astratti rimedi economici ai mali governativi, alla cattiva gestione, alla retorica politicamente sconnessa, se non per migliorare l’immagine di sé per la rielezione nel 2012.
Non è riuscito a spiegare le motivazioni della sua attuale azione guerrafondaia contro l’Iran e non ha fatto menzione di una risoluzione dei conflitti, scatenati unilateralmente dagli Stati Uniti, attraverso il negoziato e il dialogo, come aveva inizialmente conclamato.
La disonestà politica e intellettuale è stata autoesplicativa, come i suoi pensieri asserragliati nelle parole e in una retorica vuota, priva di qualsiasi appello alla coscienza umana e alla ragione, nel trattare questioni di grave importanza per gli interessi strategici degli Stati Uniti.
È sembrato affrettato, da un punto all’altro del messaggio – in attesa degli applausi della claque, tutto compreso nelle sue fantasie auroreferenziali di arte oratoria e di potere.
Egli ha rivendicato come realizzazioni di rilievo l’uccisione di Osama bin Laden e la guerra continuata contro Al-Qaida, da tanto tempo fuori uso, e contro altre figure di terroristi finora del tutto sconosciute.
Mentre la gente comune degli Stati Uniti prova dolore e angoscia per le perdite umane a causa di guerre inutili e false contro il terrorismo, e per la continua cattiva gestione finanziaria, le preoccupazioni di Obama sono dedicate a ciò che egli ha prodotto in favore delle forze oscure del complesso militar-industriale e dei lobbisti insediati a Washington, e adora il programma a lui più confacente. La linea motivazionale che ha marcato il suo discorso di indirizzo sullo Stato dell’Unione è stata la sua rielezione!
Robert Kagan (“Valutazioni sulla politica estera di Obama”, Foreign Policy, 30 gennaio 2012) dipinge un quadro roseo in queste sue storie, atte a conquistarsi l’approvazione generale, ma considera come “inutile ed insensata” la completa uscita delle truppe statunitensi dall’Iraq, e “…i tagli profondi incombenti sulla difesa finiranno per minare a lungo termine la posizione degli Stati Uniti nel mondo.”
Nessuno degli attuali orientamenti analitici mette in evidenza il collasso completo del funzionamento delle istituzioni finanziarie usamericane e i 15.000 miliardi di disavanzo nel bilancio pubblico e una deficitaria governance politica degli Stati Uniti, come i candidati repubblicani alla presidenza starebbero adducendo.
Invece, dall’opinione pubblica viene percepito un declino morale e politico visto che, secondo i sondaggi della CNN, l’83% degli Statunitensi disapprova il ruolo e il funzionamento del Congresso, e la posizione di Obama appare come un’immagine costantemente statica, marginale.
Quasi quattro anni sono passati dalla notte emozionante dell’elezione presidenziale, il presidente Obama era un segnale di un importante spostamento della politica usamericana verso la “Ricostruzione dell’America” – una prospettiva illusoria – un ritratto di una Nuova America del domani, dall’“Audacity of Hope- Audacia della Speranza” al primo presidente di “colore” eletto e intellettualmente vitale di una superpotenza collassata, messa sotto assedio in modo efficace ed indebolita da una manciata di Mujahideen, pronti a sfidare i piani di guerra degli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan.
[N.d.tr.: Qualche anno fa, con il discorso introduttivo alla convention del Partito democratico, Obama entusiasmava il pubblico, ricordando quell’ottimismo nel futuro, sempre stella cometa del popolo degli Stati Uniti, da lui definito “Audacia della Speranza”.
“Il Kennedy nero”, come è stato battezzato, era il leader carismatico che rappresentava il cambiamento.
Nel 2008, Obama ha scritto il libro “Audacity of Hope”, in italiano “L’Audacia della Speranza”, pubblicato dalla BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, con un’introduzione di Walter Veltroni.
Obama racconta di essere nato da una madre del Kansas e un padre keniano, aver avuto un patrigno indonesiano e aver vissuto la sua giovinezza tra Hawaii e Indonesia. A suo parere, tutto ciò lo rende capace di rivelare con lucidità i difetti del mondo globalizzato. E di mettere a punto un “piano di battaglia” e un concreto progetto di “frontiera” per affrontare i gravi problemi del gigante malato: la crescente insicurezza economica delle famiglie americane, le tensioni razziali e religiose interne al corpo politico, le minacce globali, dal terrorismo agli imminenti pericoli ecologici. Obama pensa a questo come un ritorno allo spirito democratico e ai valori che sono alla base della Costituzione degli Stati Uniti. Obama ribadisce di assumere su di sé il coraggio di offrire un nuovo sogno ai cittadini statunitensi e a tutti i popoli del mondo.]
La ricostruzione di una nazione comporta il ripensare la sua struttura sociale dal basso verso l’alto e il cambio di direzione strategica per fare accadere tutto ciò.
Dopo una lotta dura di tutta una vita per arrivare ad occupare la Casa Bianca come presidente eletto dal popolo, Mr. Obama si è comportato come un attore in uno sceneggiato televisivo, mentre deliberatamente si rivolgeva ad un pubblico globalmente bene informato in molti continenti e sfidava le distanze fisiche e i fusi orari per trasmettere rinnovato ottimismo dalle tenebre prevalenti di un’America smarrita, che una Nuova America sarebbe entrata in essere con un nuovo ardore e con migliori opportunità per la pace e la libertà, lontana dalle continue guerre frutto dell’avidità e della corruzione istituzionalizzata.
L’umanità nel suo complesso è intelligente, consapevole e matura abbastanza per non sopportare a lungo il cinismo politico e la dubbia caratterizzazione degli obiettivi, le interpretazioni e le spiegazioni tecniche.
Qualcuno di perspicace, come sembra essere Obama, avrebbe dovuto individuare chiaramente quali sono i suoi punti di forza e di debolezza, e le assurdità delle persone che lo circondano, e come avrebbe potuto comportarsi in modo più efficace da nuovo presidente lungimirante, con una nuova immagine colorita di notevole dimensione storica, nel momento della nazione Stati Uniti dilaniata dalla guerra e finanziariamente in bancarotta e moralmente esausta.
Dopo quasi quattro anni, il presidente Obama sembra occupare il seggiolino di mezzo sulle montagne russe, un nuovo gioco per perdere credibilità morale e intellettuale e di impegnarsi in una ingannevole partita piena di gioco di assurdità.
Aveva promesso, come primo atto giuridico, di chiudere la famigerata ed infame prigione della Baia del Terrore Guantanamo; ha fallito miseramente, dimostrando di essere caratterizzato da debolezza morale e intellettuale.
Obama ha impresso un’accelerazione alle attività di guerra in Iraq e in Afghanistan, allargandole al Pakistan. Bob Woodward definisce questo come “La guerra di Obama”.
Paul Craig Roberts (“The World’s Least Powerful Man – the Obama Puppet – L’uomo meno potente del mondo – il fantoccio Obama”; gennaio 2010), sottolinea la tragedia di Obama nel suo progredire:
“Obama ha anche scoperto che non può cambiare proprio nulla, se mai avesse avuto l’intenzione di farlo. La lobby dell’esercito / sicurezza ha nei suoi programmi la guerra e all’interno uno stato di polizia, e un…semplice presidente degli Stati Uniti su questo non può fare nulla.
Il presidente Obama può ordinare la chiusura delle camere di tortura di Guantanamo e di porre fine ai rapimenti, alle detenzioni illegali e alle torture, ma nessuno eseguirà gli ordini.
In buona sostanza, Obama è irrilevante.
Il presidente Obama può promettere che sta per portare a casa le truppe, e la lobby militare replica: “No, le stai per mandare in Afghanistan, e nel frattempo dà inizio ad una guerra in Pakistan e destreggiati con l’Iran perché assuma una posizione tale da fornirci una scusa per scatenargli contro un conflitto. Per noi, le guerre sono troppo redditizie, da non provare a fermarle!”
E il …semplice presidente deve dire solo: “Sìssignore!”
Incolpare Assange di Wikileaks per le rivelazioni sulle atrocità degli Stati Uniti nel mondo significa semplicemente trasferire la responsabilità morale e politica verso l’ignoto.
Wikileaks non può distruggere gli Stati Uniti d’America, ma le due guerre contro l’Iraq e l’Afghanistan, scatenate da imposture, hanno causato il crollo finanziario, il declino morale e la rovina politica degli Stati Uniti.
Per i cittadini del villaggio globale dotati di senso critico, la guerra è guerra e la pace è pace. La malvagità e la rettitudine non possono combinarsi nel carattere di un unico uomo – in un’unica enunciazione politica. È impensabile che entrambi i termini possano venire adottati con lo stesso significato e le medesime motivazioni. La guerra non è sinonimo di pace.
Dopo un anno in carica, parlando ad Oslo alla cerimonia del Premio Nobel per la Pace, il presidente Obama ha tentato di esaltare l’intelligenza consapevole e l’ottimismo dei suoi sostenitori in tutto il mondo:
“Dire che la forza a volte è necessaria non è una chiamata al cinismo, è il riconoscere la storia.”
La storia ci dice che la forza è stata usata da vari trasgressori del diritto, quando costoro non sono riusciti a vedere realizzarsi i loro obiettivi strategici attraverso il fanatismo e la malvagità.
Perciò, il presidente Obama dovrebbe andare a rileggersi i capitoli attinenti alla storia e alle vicende del presente. La forza è necessaria quando la diplomazia e la ragione non riescono a produrre risultati, ma questo non si applica alla “Presidenza Obama”.
Obama è salito in carica con lo scopo dichiarato di rinunciare alla guerra come mezzo per la crescita del capitalismo americano, come direzione futura della politica estera degli Stati Uniti.
Eppure, dopo un breve lasso di tempo alla presidenza, egli vuole giustificare l’uso della pura forza e bombardare i cimiteri dell’Afghanistan, e continua a distruggere quel che è rimasto degli insediamenti umani in Pakistan.
Un presidente visibilmente arroccato, Obama ha comunicato all’opinione pubblica senza mezzi termini che “la pace è desiderabile”, ma questo non è sufficiente, e il costo della guerra comporterà che “alcuni uccideranno, altri saranno uccisi”.
Con un modo di vedere raccapricciante, in certi momenti superando ostacoli un tempo impensabili, Obama ha assunto il ruolo di “Presidente di Guerra”, invece di essere il “Presidente della Pace”.
Le anime di Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e del dr. Martin Luther King Jr. devono essersi sentite torturate e macchiate dal disonore di un “Presidente della Speranza” che sta rapidamente trasformandosi in un “Presidente estraneo al popolo e lontano dal popolo”.
Prendendo in considerazione le sue lungimiranze intellettuali, era improbabile immaginare che il presidente Obama eletto a maggioranza potesse rinnegare il proprio impegno pubblicamente pronunciato per il cambiamento e il rinnovamento degli Stati Uniti d’America in favore di un Nuovo Ordine Mondiale sostenibile.
Trasformando i pacifisti in ottimisti, dando energia al depresso attraverso nuove speranze, e motivando le masse statunitensi sensibili e amanti della pace, Obama, lei aveva rianimato il popolo con una nuova visione, quando aveva dichiarato l’intento per un rinnovato dialogo e l’amicizia con il mondo musulmano, il giorno del suo insediamento ufficiale.
Ha avuto il coraggio e l’impegno di parlare in modo entustiasmante ad un auditorio pubblico arabo durante la sua visita al Cairo (2009):
“Sono venuto qui al Cairo per cercare un nuovo inizio nelle relazioni tra gli Stati Uniti e i Musulmani di tutto il mondo, un inizio basato sul reciproco interesse e sul reciproco rispetto, e un inizio basato sulla verità, che l’America e l’Islam non sono incompatibili e non devono essere in concorrenza …. Come studente di storia, conosco anche come la civiltà sia debitrice nei confronti dell’Islam. Infatti, è stato l’Islam – in istituzioni come Al-Azhar – che ha portato alta la fiaccola del sapere per molti secoli, preparando la strada al Rinascimento europeo e all’Illuminismo. Sono state le innovazioni presso le comunità musulmane – è stato lo spirito dell’innovazione presso le comunità musulmane che ha permesso di sviluppare scienze come l’algebra, di inventare per noi la bussola magnetica e vari strumenti di navigazione, di raffinare la padronanza della scrittura e della stampa, e di approfondire la nostra comprensione di come si diffondono le malattie e di come è possibile guarirle.
La cultura islamica ci ha regalato archi maestosi e guglie svettanti, poesia immortale e musica eccelsa; calligrafia elegante e luoghi di meditazione pacifica.
E nel corso della storia, l’Islam ha dimostrato con le parole e le azioni la possibilità della tolleranza religiosa e dell’uguaglianza razziale.”
Il presidente Obama ha rafforzato, soprattutto nei tanti sostenitori di tutto il mondo, l’illusione della speranza per un Nuovo Mondo di relazioni amichevoli tra gli Stati Uniti e il mondo musulmano, e nel contempo ha messo in atto la strategia intenzionalmente ingannevole di parlare di pace e di armonia tra le diverse nazioni. È stato tutto un inganno e un bluff per ammazzare il tempo e trovare nuovi esiti per riaffermare l’assoluto autoritarismo degli Stati Uniti negli affari mondiali.
Signor Presidente, lei voleva mostrare di essere in grado di produrre cambiamenti, ed è stato tanto intelligente per parlare di costruire la pace e colmare i divari generazionali tra le diverse visioni etniche e religiose in conflitto fra loro, e lo ha fatto con entusiasmo ad Oslo nella sua performance alla cerimonia per il Nobel per la Pace, il 10 dicembre 2009.
Mr. Obama (“Figlio dell’Africa”, come l’appellava Gheddafi), lei sapeva bene che gli Stati Uniti d’America non sono più legittimati moralmente e politicamente, e che le nazioni del mondo, anche alcuni dei vostri più stretti amici europei, non prendono nemmeno in considerazione le esternazioni degli Stati Uniti. Questa immagine rovinosa è il risultato del fallimento usamericano guerrafondaio in Iraq, Afghanistan e Pakistan.
Durante le campagne elettorali, lei aveva promesso di ribaltare l’epoca di Bush, quella delle violazioni dei diritti umani, della tortura e della ferocia delle uccisioni in tutto il mondo, ma una volta entrato alla Casa Bianca, lei ha preferito un matrimonio di convenienza adagiandosi sul comportamento psicopatico di Bush, svolgendo attività del tutto routinarie.
Lei conosce le proprie attitudini, capacità e limiti, lei non è mai stato su un qualche fronte di guerra in tutta la sua vita – come George Bush, lei è stato decorato legalmente come “Comandante in Capo da salotto”. Lei non ha la capacità di vincere queste guerre, né una strategia per portare a casa le truppe sane e salve. Il tempo sta scorrendo velocemente, se e quando lei si siederà faccia a faccia con i suoi supposti nemici per assicurare la salvezza agli uomini che stanno combattendo per lei.
Lei pensa che l’umanità intera sia totalmente stupida o ignorante da credere in lei e nella beffa di mire di politica di guerra tanto controverse?
Secondo Michael Meacher, ministro britannico dell’Ambiente nel gabinetto del primo ministro Tony Blair , (“This War on Terrorism is Bogus – Questa guerra al terrorismo è un’impostura”, The Guardian, 6 settembre 2003), egli spiega che la motivazione prevalente per la guerra al terrorismo era la scarsità di fonti di energia da idrocarburi, dato che gli Stati Uniti e il Regno Unito si sarebbero trovati a corto di scorte sufficienti entro il 2010, mentre il mondo islamico avrebbe controllato il 60% della produzione mondiale di petrolio e, fattore altrettanto importante, il 95% della capacità di esportazione del petrolio restante.
Il ministro Meacher conclude che “la guerra globale al terrorismo ha le caratteristiche di un mito politico propagandato per spianare la strada ad un ordine del giorno completamente diverso: l’obiettivo degli Stati Uniti resta quello di imporre la loro egemonia mondiale per garantire con la forza il dominio sulle forniture di petrolio necessarie per portare avanti l’intera loro strategia.”
Se il presidente avesse continuato nella giusta direzione di un cambiamento, seguendo il suo slogan “Yes We Can”, “Sì, Noi Possiamo!”, avrebbe ottenuto immutabile una grandissima popolarità non solo all’interno dell’America, ma nella percezione globale, come un presidente ottimista abbastanza deciso per modellare e plasmare il futuro del mondo, con gli Stati Uniti come leader, con un potere di influenza, di intelligenza e di valori politici moralmente forti, come dipinto dalla sua storia.
Un fattore fondamentale viene spesso ignorato dalla maggior parte degli studiosi usamericani, che nessuno di questi fantocci che hanno scatenato guerre dai loro salotti mai hanno combattuto su un fronte di una guerra vera e propria; i loro consiglieri (tra cui David Frum, l’ex scrittore dei discorsi di George Bush che ha indottrinato questo presidente nel conculcargli il concetto di “asse del male”) hanno impartito loro istruzioni su come comunicare, ma la guerra non è comunicazione, è una follia omicida che porta ad uccidere altri esseri umani, addossando etichette di odio e di ostilità e nient’altro.
Perché gli intenti e gli obiettivi reali della guerra al terrorismo sono politicamente così segreti che nessuno dei responsabili politici degli Stati Uniti trova il coraggio di parlarne in pubblico – di esprimersi sulle guerre e sui fatti dell’11 settembre?
Immaginate, se le azioni del presidente Bush fossero legalmente e politicamente giustificabil; allora nel 1984 l’India avrebbe avuto tutte le giustificazioni, legittimata dal precedente stesso, di invadere gli Stati Uniti, dopo che il gas fuoruscito dall’impianto della Union Carbide aveva ucciso circa da 8.000 a 12.000 civili a Bhopal in pochi minuti. I postumi delle fughe di gas hanno continuato ad incidere su milioni di altri abitanti di quello Stato.
Ma l’India non ha minacciato gli Stati Uniti con la forza e ha optato che la ragione prevalesse sulla tragedia perpetrata.
Potrebbe essere che le vittime della tragedia indiana non siano sembrate tanto importanti e preziose come lo sono state le vittime dell’11 settembre nelle immagini riportate ad arte dai media usamericani?
Cos’è che rende il terrorismo di pochi così intimamente allineato sulla politica degli Stati Uniti, e gli amici della elite della famiglia Bush altrettanto assolutamente indesiderabili e designati ad essere ammazzati insieme a milioni di altre persone innocenti in tutto il mondo?
Esiste un puzzle segreto e una dimensione politica indicibili e sconosciuti allo spirito della comunità globale?
“Era curioso”, scriveva Orwell in “Nineteen Eighty-Four – 1984” , il pensare che il cielo era lo stesso per tutti, in Eurasia o Estasia, così come qui. E la gente sotto il cielo ugualmente e assolutamente era la stessa, ovunque, in tutto il mondo … persone che ignoravano tutto dell’esistenza delle altre, tenute separate da mura di odio e menzogne, eppure quasi esattamente le stesse persone che … stavano immagazzinando nei loro cuori e pance e muscoli la forza, con cui un giorno avrebbero rovesciato il mondo.” (John Pilger, “Benvenuti nel mondo di Orwell”, 2010).
Con tutta evidenza, in un breve lasso di tempo, secondo Paul Craig Roberts, il presidente Obama è regredito per trasformarsi nell’“uomo meno potente del mondo: il fantoccio Obama” (ICH, Information Clearing House: gennaio 2010).
Roberts spiega che:
“Nessun interesse nazionale degli Stati Uniti ha ricevuto vantaggi dalla guerra in Afghanistan. Come ha rivelato l’ex ambasciatore britannico Craig Murray, lo scopo della guerra era di tutelare gli interessi di Unocal vincolati all’oleodotto trans-Afghanistan. Il costo della guerra supera di molto quello degli investimenti petroliferi Unocal. La soluzione ovvia è quella di rilevare Unocal, di consegnare l’oleodotto agli Afghani, come parziale compensazione per la distruzione che abbiamo inflitto a quel paese e alla sua popolazione, e di portare a casa le truppe.”
All’incontro del 2009 al Cairo, il presidente Obama sottolineava l’intenzione di una politica in grado di produrre un “cambiamento”, utilizzando la diplomazia, non la forza, per la risoluzione dei conflitti:
“Permettetemi ora di affrontare la questione dell’Iraq. A differenza dell’Afghanistan, quella contro l’Iraq è stata una guerra di una opzione che ha provocato forti divergenze nel mio Paese e in tutto il mondo. Anche se credo che il popolo iracheno oggi viva molto meglio senza la tirannia di Saddam Hussein, credo anche che gli eventi in Iraq abbiano richiamato alla mente degli Statunitensi la necessità di usare la diplomazia e di costruire un consenso internazionale per risolvere i nostri problemi, quando possibile.
Infatti, possiamo ricordare le parole di Thomas Jefferson quando affermava: “Spero che la nostra saggezza cresca con la nostra forza, e che ci insegni che quanto meno faremo ricorso alla forza tanto più grande diverrà la nostra potenza.””
Su questo avevi ragione Signor Presidente! In un modo o nell’altro lo squilibrio in favore del piatto della bilancia del potere contro quello della saggezza non si è mai in verità concretizzato. Le masse sensibili degli Stati Uniti sono state prese nel mezzo. Gli Stati Uniti d’America stanno combattendo contro se stessi, contro i loro stessi ideali, sfidando gli intenti e lo spirito della loro stessa Dichiarazione di Indipendenza di Thomas Jefferson:
“Noi riteniamo queste verità di per sé evidenti,
che tutti gli Uomini sono creati uguali,
che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili,
che fra questi vi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità,
che, per garantire questi diritti, sono istituiti tra gli uomini i Governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati,
che ogni qualvolta una qualsiasi Forma di Governo tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarla o abolirla, e di istituire un nuovo governo.”
(Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America – 4 luglio 1776)
I media statunitensi hanno riferito che per giorni il presidente Obama ha lavorato per conto proprio alla composizione del discorso in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Pace ad Oslo. In solitudine, Obama doveva aver avuto sentore di come l’opinione pubblica statunitense non sembrava condividere la sua convinzione e le sue prospettive sul continuare le guerre di impostura contro il terrorismo.
Che strano il fatto che il signor Obama sia stato eletto con entusiasmo, per volontà e con tanta passione, da parte degli elettori usamericani, quando, nel prolungare le guerre di aggressione in tutto il mondo, sta prevaricando gli interessi fondamentali del suo stesso popolo. Si stima che le forze degli Stati Uniti e della Gran Bretagna da sole abbiano ucciso tre milioni di civili in Iraq e devastato gran parte degli insediamenti umani in Iraq e in Afghanistan.
Il bagno di sangue dell’umanità innocente, che continua, non è un genocidio premeditato?
Il presidente Obama non dovrebbe assumersi la responsabilità per le guerre, e per gli eventuali crimini commessi contro l’umanità?
Una delle caratteristiche importanti dei gruppi dirigenti al governo del XXI secolo è quella di stare in ascolto e apprendere, così che i leaders si rendano responsabili verso coloro che hanno loro espresso fede e fiducia.
Il presidente Obama è in grado di analizzare il suo ruolo e gli esiti delle politiche per un cambiamento di navigazione?
Da parte del presidente Obama, sono necessari cambiamenti per fare onore alle speranze e agli impegni proclamati davanti alle masse statunitensi durante le elezioni?
Adam Curtis, autore e produttore di “Nightmares – Incubi”, documentario della BBC, famoso nel mondo, sui falsi pretesti per scatenare la “Guerra al Terrorismo”, riassume incisivamente la realtà degli avvenimenti umani e della falsificazione politica:
“In passato, i politici promettevano di creare un mondo migliore. Avevano diversi modi per raggiungere tale obiettivo. Ma il loro potere e la loro autorità derivavano dalle visioni ottimistiche che offrivano alla loro gente. Quei sogni si sono dissolti. E oggi, la gente ha perso la fede nelle ideologie. Sempre più spesso, i politici sono visti semplicemente come gestori della vita pubblica. Ma ora, hanno scoperto un nuovo ruolo che ripristina il loro potere e la loro autorità. Invece di regalare sogni, i politici ora promettono di proteggere tutti noi da incubi.
Loro dicono che ci salveranno da pericoli terribili, che comunque noi non possiamo vedere e non possiamo capire. E il pericolo più grande di tutti è il terrorismo internazionale. Una rete potente e sinistra, con cellule “dormienti” nei paesi di tutto il mondo. Una minaccia che deve essere combattuta da una guerra contro il terrore. Ma molte di queste minacce sono pure fantasie, esagerate e distorte dai politici. Si tratta di una illusione oscura che si è diffusa indiscussa attraverso i governi di tutto il mondo, i servizi di sicurezza, e i media internazionali.”
Sostituire la costruzione della pace con l’incubo della guerra, questo è ciò che il presidente Obama ha offerto nel suo discorso a Oslo in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Pace, per nulla diverso da ciò che Adam Curtis ha ribadito a tutto il mondo.
La “ricostruzione” degli Stati Uniti d’America avrebbe comportato una leadership visionaria, un pensiero nuovo per cambiare il corso e la direzione della politica estera statunitense guerrafondaia, e di un nuovo inizio per fermare le guerre di aggressione in Iraq, Afghanistan e Pakistan, ma queste speranze sono state pure e semplici parole, non fanno parte della politica attuale degli Stati Uniti o di un pensiero razionale.
Se il presidente Obama fosse seriamente intenzionato a ricostruire gli Stati Uniti d’America, dovrebbe cambiare la direzione della navigazione e cominciare a pensare ad una nuova diversa prospettiva per comprendere le realtà del mondo prevalenti, porre fine allo spargimento di sangue portato avanti con le forze partecipi e attive statunitensi, e negare l’appoggio a molti dittatori illegittimi e a sedicenti politici in quei paesi che mettono in pratica l’agenda di guerra degli Stati Uniti.
Renee Parsons – ex lobbista per gli Amici della Terra di Washington (“US Plans for Perpetual War – Piani statunitensi per una guerra perpetua” ICH, Information Clearing House, 27 gennaio 2012) ha fornito la didascalia all’…impulso genuino di Obama:
“Con la più grande forza militare del mondo, tra cui un incomparabile arsenale nucleare e un budget adeguato, esattamente da chi stiamo proteggendo la Patria – e quali saranno le condizioni quando costoro arriveranno? Se lo scopo di al Qaeda era di distruggere la qualità di vita del paese, la sua prosperità economica o la sua alta considerazione per il Primo Emendamento e per le libertà civili, creando una repubblica delle banane di second’ordine, hanno fatto un lavoro eccezionalmente spaventoso.”
[N.d.tr.: Il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce la terzietà della legge rispetto al culto e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e stampa; il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti.
Esso inoltre proibisce al Congresso di “fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione” — rendendo questo emendamento un campo di battaglia delle guerre culturali della fine del XX secolo.
Sebbene il Primo Emendamento proibisca solo che vengano abrogati da leggi fatte dal Congresso i diritti sopra menzionati, le Corti lo hanno interpretato come applicabile più propriamente stabilendo che i termini del Primo Emendamento si estendono a tutti i campi dell’ambito giudiziale e quindi le limitazioni del Primo Emendamento sono estese anche agli Stati.]
Paul Craig Roberts, (“Drowning in Hypocrisy – Affogando nell’ipocrisia”, Paulcraigroberts.org: 24 gennaio 2012) condivide le osservazioni critiche mosse con cognizione di causa e i ragionamenti sul contesto del “passaggio del Rubicone” del presidente Obama:
“Ma è nell’arena dei crimini di guerra dove Washington mostra la sua più grande ipocrisia.
Gli ipocriti bigotti di Washington sono per sempre pronti a fare retate di capi di Stato deboli, i cui paesi sono stati afflitti da guerre civili, e spedirli a farsi processare come criminali di guerra.
Nel frattempo Washington fa strage indiscriminata di civili in sei o più paesi, respingendo le accuse sui suoi crimini di guerra, definendoli solo “danni collaterali”.
Washington viola la propria legge e il diritto internazionale quando tortura le persone…
Non c’è dubbio che Bush / Cheney / Obama hanno cestinato la Costituzione degli Stati Uniti, il diritto statutario degli Stati Uniti, e il diritto internazionale.
Ma Washington, dopo aver demolito la giustizia, ha stabilito che la forza e il potere sono la giustizia. Nessun governo straniero sta per inviare le sue forze negli Stati Uniti per trascinare fuori i criminali di guerra e metterli sotto processo ….Guerra all’estero e austerità in casa, questa è la politica che viene imposta alle “democrazie occidentali”.”
Mahboob A. Khawaja è un assiduo collaboratore di Global Research.
Global Research, Articoli di Mahboob A. Khawaja
Il dr. A. Mahboob Khawaja è specialista nell’analisi dei problemi sulla sicurezza, la pace e la risoluzione dei conflitti mondiali, con appassionato interesse per il confronto fra le civiltà e le culture islamica e occidentale.
È autore di numerose pubblicazioni tra cui: “I Musulmani e l’Occidente: ricerca per un cambiamento e la risoluzione dei conflitti”, University Press d’America; “Come l’America ha perso la guerra in Iraq e in Afghanistan e la vittoria dei Mujahideen”; “Una riflessione su America e Canada”, VDM Publishers, 2009; “Il presidente Obama – la guerra è guerra, non pace”, 2009, e “Il Presidente Obama sta rifacendo l’America?”, “La capsula del tempo degli Arabi – Una volta gli Islamici erano le guide della civiltà.”
I commenti sono benvenuti a: kmahboob@yahoo.com“>kmahboob@yahoo.com
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
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