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La dissoluzione della zona euro e il futuro delle valute di riserva

Una dissoluzione potenziale della zona euro, soluzione a cui ormai danno credito un numero crescente di economisti, pone il problema delle valute di riserva che sarebbero utilizzate sia dalle banche centrali che dai privati. Il sistema monetario internazionale è passato da una situazione di oligopolio dominato dal dollaro a un quasi duopolio, dove al dollaro si è affiancato l’euro. E’ questa situazione che sta crollando.
 
L’introduzione dell’euro nel 1999 è stata accompagnata inizialmente da un forte aumento del dollaro nelle riserve delle banche centrali e dal crollo delle “altre valute”. Questo crollo è dovuto principalmente alla caduta dello yen giapponese e delle altre divise europee utilizzate come valute di riserva (franco svizzero, sterlina inglese). Sono queste valute ad aver sofferto di più dall’introduzione dell’euro.
 
Tabella 1. Quota delle diverse divise nelle riserve valutarie delle banche centrali (%)
Dollaro americano Euro Marco tedesco Franco francese Altre (incluse sterlina e yen)
1995 59,0 15,8 2,4 22,5
1996 62,1 14,7 1,8 21,1
1997 65,2 14,5 1,4 18,6
1998 69,3 13,8 1,6 15,0
1999 71,0 17,9 10,9
2000 70,5 18,8 10,5
2001 70,7 19,8 9,1
2002 66,5 24,2 8,8
2003 65,8 25,3 8,6
2004 66,0 24,9 9,0
2005 66,4 24,3 9,2
2006 65,7 25,2 8,9
2007 64,1 25,8 9,8
2008 64,1 26,4 9,9
2009 62,1 27,6 10,4
2010 61,8 26,0 12,1
2011 62,1 25,0 12,8
Fonte: FMI: composizione per divisa delle riserve valutarie ufficiali, Washington DC, 2012
 
La situazione venutasi a creare con l’istituzione dell’euro si caratterizza dunque sia per l’aumento della divisa dell’Unione, sia per il rafforzamento del dollaro. Sono le “altre valute” ad aver sofferto dalla creazione dell’euro. Nel 2007, alla vigilia della crisi, la quota in dollari nelle riserve delle banche centrali era pari al 65,7%, mentre nel 1995 si attestava appena al 59%. La creazione dell’euro ha portato alla creazione di un duopolio asimmetrico euro-dollaro.
 
Dal 2007, in seguito alla crisi dei “subprime”, la quota del dollaro ha cominciato a diminuire costantemente. Tuttavia, di questo calo l’euro ha beneficiato poco e fino al 2010. Dopo la “rivelazione” della crisi nella zona euro a seguito del concatenamento delle crisi greca, irlandese, portoghese e infine spagnola, l’euro che aveva una quota del 27,6%, diminuiva al 25%.
 
L’aspetto più interessante della tendenza attuale è che la caduta dell’euro dal 2010 non ha avvantaggiato tanto il dollaro, come ci si poteva aspettare e forse temere, quanto le “altre valute”. La composizione del quadro valutario si è modificata profondamente.
 
Tabella 2. Composizione del gruppo “altre valute” (%)
  Sterlina Yen Franco svizzero  Altre
1999 2,9 6,4 0,2  1,6
2000 2,8 6,3 0,3  1,4
2001 2,7 5,2 0,3  1,2
2002 2,9 4,5 0,4  1,4
2003 2,6 4,1 0,2  1,9
2004 3,2 3,8 0,2  1,9
2005 3,6 3,7 0,1  1,9
2006 4,2 3,2 0,2  1,5
2007 4,7 2,9 0,2  1,8
2008 4,0 3,1 0,1  2,2
2009 4,3 2,9 0,1  3,1
2010 3,9 3,7 0,1  4,4
2011 3,9 3,7 0,1  5,1
Fonte: FMI: composizione per divisa delle riserve valutarie ufficiali, Washington DC, 2012
 
La quota della sterlina è cresciuta dal 1999 al 2007, ma tale tendenza successivamente si è arrestata ed la sterlina ha iniziato a retrocedere. La quota del franco svizzero è rimasta marginale; è lo yen, che si è indebolito di più dalla creazione dell’euro. Per contro, le “altre valute”, un gruppo che comprende principalmente le monete della regione dell’Asia-Pacifico, sono cresciute significativamente dopo la crisi del 2007/2008.
 
Il fenomeno politico noto come gruppo emergente del “BRIC”, o anche “BRICS” [con Sudafrica] avrebbe dovuto avere una traduzione in seno alle valute di riserva.
 
La Cina dal canto suo si rifiuta di rendere la sua divisa pienamente convertibile e impedisce che la sua diventi moneta di riserva e il rublo russo, a dispetto delle importanti riserve della Russia, è considerato potenzialmente pericoloso. Inoltre, gli sforzi del governo per promuovere il rublo russo come valuta di riserva sono frustrati dalla debolezza del debito pubblico russo, che limita gli strumenti di tesaurizzazione in rubli. Il cambiamento è quindi a essenziale beneficio delle “altre valute” e delle “nuove divise” (dollaro australiano, dollaro canadese, dollaro di Singapore).
 
E’ quindi evidente che, in caso di dissoluzione della zona euro, si tornerebbe rapidamente a una situazione di oligopolio. La paura nell’area euro, ormai evidente tra gli operatori pubblici, va in parallelo con la paura in quella del dollaro.
 
È quindi necessario fare giustizia di alcune credenze che hanno circondano la creazione dell’euro.
 
A. L’introduzione dell’euro ha indebolito la posizione del dollaro? Questo è chiaramente falso, dal momento che, come abbiamo visto in precedenza, la quota del dollaro è nettamente aumentata con l’avvento dell’euro. Quando è scesa, è rimasta comunque a un livello più alto, fino al 2007, del valore del 1995.
 
B. L’indebolimento dell’euro avvantaggia il dollaro e la sterlina inglese? Anche questo è falso. L’Euro si indebolisce a partire dal 2010, ma è accompagnato da una stagnazione delle quote del dollaro e della sterlina.
 
C. I cambiamenti nell’economia mondiale si ripercuotono sulle monete? Questo è vero, ma ancora molto lentamente. Vediamo dal 2010 un movimento di contestazione del duopolio asimmetrico costituito dalla coppia dollaro-euro, a vantaggio delle “nuove monete”, ma anche, e questo è importante per gli agenti privati, una risalita dei metalli preziosi come vettori di tesaurizzazione.
 
D. Il ruolo dell’Euro nelle transazioni commerciali resta importante? Questo per ora è vero, ma tenuto conto dei movimenti che si osservano nelle monete di riserve, si può pensare che questo rifletta una forma della “Legge di Gresham” [la moneta cattiva scaccia quella buona], vale a dire che la moneta nella quale si ha la più fiducia è utilizzata come riserva di riserva mentre la moneta nella quale si ha la meno fiducia è utilizzata per le transazioni.
 
Nel caso di uno scioglimento della zona euro, ed estrapolando a partire da questi risultati, ci si deve dunque aspettare un ritorno ad una situazione oligopolistica nel campo delle monete di riserva.
 
Se la quota del dollaro statunitense aumenterà indubbiamente a breve termine (6-12 mesi), dovrebbe stabilizzarsi entro 24 mesi – al massimo – al livello attuale e tornare molto probabilmente al suo livello del 1995, o anche al di sotto, dati i problemi strutturali dell’economia degli Stati Uniti. Per quanto riguarda il marco tedesco, dovrebbe tornare alla sua posizione del 1995 e addirittura migliorarla, rappresentando tra il 16% e il 18% delle riserve. Le “altre valute” potrebbe raggiungere circa il 18-20% delle riserve in valuta estera, con un forte aumento delle “nuove monete”, che potrebbero rappresentare fino al 11-13% del totale.

* da fr.rian.ru/tribune/20120825/195752559.html apparso anche su www.resistir.info/europa/dissolucao_eurozona_p.html
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


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