Il MUOS (Mobile User Objective System) è il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari che permetterà il collegamento della rete militare USA (centri di comando, controllo e logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, tutti gli utenti mobili come droni, cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, ecc.), accrescendo esponenzialmente la velocità e il numero delle informazioni e dei dati trasmessi nell’unità di tempo e rendendo sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Consentirà inoltre di propagare universalmente gli ordini di guerra convenzionale e/o chimica, batteriologica e nucleare e finanche quelli per manipolare il clima e l’ambiente.
La tecnologia di trasmissione del sistema MUOS sarà quella adattata dalla telefonia cellulare di terza generazione (3G) Wideband Code Division Multiple Access (WCDMA) con una capacità di trasmissione dieci volte superiore a quella degli odierni sistemi satellitari, mentre per i collegamenti dati sarà usato il protocollo internet di ultima generazione IP/4. Il MUOS si affiancherà al sistema UFO (Ultra High Frequency Follow-On), in funzione dal 1993 con undici satelliti (di cui solo otto sarebbero ancora funzionanti), sino a sostituirlo definitivamente entro la fine del decennio. Rispetto all’UFO, il MUOS assicurerà maggiore mobilità, facilità di accesso e migliore qualità dei servizi agli utenti. Il nuovo sistema satellitare può rispondere infatti ad una domanda di traffico di circa 83 chiamate e messaggi al secondo quando invece l’UFO raggiunge il massimo di prestazione approssimativamente in 4 chiamate e messaggi al secondo. «Un servizio dati più rapido riduce i ritardi nel ritrasmettere le informazioni durante le operazioni più critiche», spiegano gli strateghi del Pentagono.
Onde ad altissima frequenza per annientare il nemico
La rilevanza strategica del sistema satellitare è ribadita nei documenti presentati dal Comando di US Navy al Congresso per ottenere i fondi necessari al suo sviluppo. «Il MUOS giocherà un ruolo centrale nella nuova visione NCO (Network-Centric Operations) del Dipartimento della difesa perché è un sistema disegnato per consentire le comunicazioni interoperabili, robuste e network-centriche di cui hanno bisogno i sistemi di guerra per le future operazioni», scrivono i responsabili militari. «Il concetto NCO descrive la combinazione di strategie, tattiche emergenti, tecniche, procedure e organizzazioni che può utilizzare un reparto militare inserito del tutto o parzialmente in rete in modo da ottenere un decisivo vantaggio nelle azioni di guerra». Il nuovo sistema satellitare dovrà inoltre assicurare alle forze armate statunitensi la superiorità assoluta nelle sei aree strategiche definite dal Centro di guerra di US Navy: l’intelligence, la sorveglianza e il riconoscimento; le telecomunicazioni; il Position/Navigation/Timing (PNT); il controllo dello spazio; l’allarme-difesa e la risposta ai missili balistici; la meteorologia e l’oceanografia (METOC).
Le telecomunicazioni in UHF (dai 30 MHz ai 3 GHz) vengono utilizzate da tutte le agenzie delle forze armate e del governo USA per le operazioni tattiche che coinvolgono gli aspetti relativi alle attività C4ISR (Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer, Intelligence, Sorveglianza e Riconoscimento). Le trasmissioni satellitari in altissima frequenza supportano i dislocamenti rapidi per via terrestre, aerea e navale delle unità da guerra a livello planetario e hanno un ruolo determinante ed insostituibile, ad esempio, per inviare ordini e informazioni a tutte le unità mobili statunitensi che operano nello scenario di guerra afghano. Durante le fasi iniziali di un’operazione bellica, la prima ondata d’attacco degli strumenti di guerra mobili (cacciabombardieri, droni, missili, ecc.) utilizza principalmente l’UHF per i suoi indiscutibili vantaggi e anche perché non ci sarebbe il tempo di rendere operativi i grandi sistemi di comunicazione in SHF ed EHF (Super High Frequency ed Extremely High Frequency, cioè frequenze super alte ed estremamente alte, con un range compreso tra i 3 e i 300 GHz), che richiedono infrastrutture particolari come grandi antenne e linee di trasmissione o reti a fibre ottiche. Le trasmissioni in banda UHF, oltre ad essere compatibili con il maggior numero di utenti militari, penetrano attraverso il fogliame delle giungle e gli ambienti urbani più facilmente rispetto alle altre frequenze. Grazie ai terminali in UHF, un militare può combattere e comunicare indipendentemente dalle condizioni climatiche ed atmosferiche; di contro, questi sistemi sono più sensibili alle sempre maggiori interferenze artificiali.
Cinque satelliti nello spazio e quattro terminali in terra
L’architettura del MUOS si basa sulla realizzazione di un ponte terra-spazio-terra che comprende quattro satelliti geostazionari (più un quinto satellite in orbita di riserva) e quattro terminali terrestri. I satelliti sono progettati per mantenere in cielo la loro posizione costante in qualsiasi momento nell’arco delle 24 ore a più di 36.000 Km dalla terra. Ogni satellite è mostrato sulla propria rispettiva area di copertura e classificato rispettivamente come Pacific (PAC), Continental U.S. (CONUS), Atlantic (LANT), and Indian Ocean (I.O.). Stando a quanto riferito dal Comando di US Navy, i satelliti saranno posizionati alle seguenti longitudini: il primo a 177° Ovest, incrociando il meridiano che passe per le isole Fiji; il secondo a 100° Ovest (su un meridiano che passa circa a metà degli Stati Uniti d’America); il terzo a 15,5° Ovest (su un meridiano che passa per le isole Canarie), mentre il quarto a 72° Est (su un meridiano che passa per le Maldive e l’India). Tutti i satelliti saranno collegati tra loro mediante link intersatellitari (ISL) da 60 GHz, mentre ognuno di essi si interfaccerà con la stazione terrestre di riferimento geografico o ai ricevitori mobili come un comune telefono cellulare impiegando la banda UHF compresa tra i 300 MHz e i 3 Ghz.
La gestione e il controllo a distanza dei satelliti (incluso il loro lancio nello spazio) saranno realizzati dal Naval Network and Space Operations Command e dal Naval Satellite Operations Center di Point Mugu, California. Le attività prettamente operative dei satelliti saranno invece sotto la responsabilità del MUOS Global Satellite Support Center insediatosi presso il Comando strategico delle forze armate USA (nella base aerea di Offutt, Nebraska), con la collaborazione di diversi centri regionali di comando, supporto e combattimento di US Navy. Il Comando di Offut sovrintende alle funzioni d’intelligence, ricognizione, sorveglianza e “difesa missilistica” e controlla l’intero arsenale nucleare delle forze armate statunitensi.
Verso un superspionaggio stellare
La lunga e controversa storia del MUOS prese avvio nel 1996 quando il Sottosegretariato alla difesa spaziale fu contattato dal Joint Space Management Board (JSMB) per definire la nuova architettura delle comunicazioni satellitari militari statunitensi. L’organo governativo raccomandò di dar vita ad un processo di transizione verso sistemi più avanzati dal punto di vista tecnologico soprattutto per il Dipartimento di US Navy. Dopo alcuni anni di ricerche e progetti nei laboratori delle forze armate e in alcuni importanti centri spaziali universitari fu elaborato il modello guida del Mobile User Objective System.
La realizzazione del programma fu affidata allo Space and Naval Warfare System Command (SPAWAR) di San Diego, California, il maggiore comando di ricerca ed ingegneria di US Navy nel settore dei sistemi di guerra e C4ISR e dello sviluppo dei sistemi spaziali e di sorveglianza sottomarina. SPAWAR è pure uno degli enti militari maggiormente coinvolti nelle operazioni di spionaggio ed intelligence contro obiettivi nazionali ed esteri. Costituito nel maggio 1985 come “Echelon II Command” sotto il controllo della CIA e della National Security Agency – NSA (la più potente centrale di spionaggio planetario USA), il Comando per i sistemi di guerra spaziale e navale di San Diego ha gestito il famigerato sistema “Echelon” che gli Stati Uniti hanno implementato congiuntamente ai servizi segreti militari di Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda per intercettare e decodificare conversazioni telefoniche e radio, fax, e-mail, Internet, ecc.. “Echelon” ha potuto contare su una serie di stazioni operative sparse in tutto il mondo, una delle quali è stata proprio la Defence Satellite Communications Ground Station di Kojarena, Australia, che ospiterà uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (in Italia ha fatto parte del network di “Echelon” la base d’ascolto di San Vito dei Normanni, in Puglia).
Il programma MUOS si è sviluppato in più fasi. La prima si è conclusa nel giugno 2001 quando otto dei maggiori gruppi industriali-militari statunitensi (Boeing, Globalstar, ICO/Teledesic, INMARSAT, Orbital Sciences, Lockheed Martin, Raytheon e Spectrum Astro) elaborarono per conto del Dipartimento della difesa la struttura concettuale del sistema satellitare. Nel giugno 2004 lo Space and Naval Warfare Systems Command costituì a Chantilly (Virginia) il PEO-Space Systems Satellite Communications Office (PMW-146) e gli affidò la gestione dei sistemi spaziali già in uso alla US Navy (come ad esempio l’UFO) e l’acquisizione dei satelliti e la predisposizione dei terminali terrestri del MUOS. Il 24 settembre 2004 il PMW-146 sottoscrisse con la Lockheed Martin Space Systems di Sunnyvale (California) un contratto da 2,1 miliardi di dollari per realizzare i primi due satelliti, la piattaforma per il loro trasporto nello spazio e gli elementi predisposti al controllo terrestre. Il committente si riservava l’opzione di assegnare la costruzione di altri tre satelliti per un valore finale complessivo di 3,26 miliardi di dollari.
Sistema-business per i mercanti di morte
La Lockheed Martin Space Systems è una società interamente controllata dalla Lockheed Martin, la principale holding USA del comparto “difesa” con sede centrale a Bethesda (Maryland), 120.000 dipendenti e un fatturato che nel 2012 ha superato i 47,2 miliardi di dollari. Oltre al MUOS, Lockheed Martin è anche la produttrice dei cacciabombardieri F-35 a doppia capacità convenzionale-nucleare che il governo italiano – con un accordo firmato da Silvio Berlusconi nel 2002 e reso operativo da Romano Prodi nel 2007 – si è impegnato ad acquistare con una spesa che alla fine potrebbe sfiorare i 20 miliardi di euro. Grazie ad un multimilionario contratto sottoscritto con il Dipartimento della difesa, Lockheed Martin assicura dal 2010 la gestione delle operazioni aeroportuali delle basi di US Navy di Sigonella e Napoli-Capodichino.
Sono rimaste fuori dalle plurimilionarie commesse del MUOS le aziende che erano state “sponsorizzate” direttamente dall’allora governatore della Florida, Jeb Bush (figlio dell’ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush e fratello dell’altro ex presidente George Bush junior): Raytheon Corporation e Honeywell Space Systems, in gara insieme contro il team guidato da Lockheed Martin Space Systems. Tra gli atti del Congresso compare una missiva a firma della Segretaria di Stato della Florida, Glenda Hood, in data 24 giugno 2004, indirizzata al portavoce della Camera dei Rappresentanti Dennis Hastert, in cui si riportano le richieste del governatore Bush e del Senato della Florida affinché sia attribuito il nuovo programma militare alle due aziende con la creazione di «non meno di un migliaio di posti di lavoro ad alta tecnologia nei distretti di Clearwater, Tampa, Orlando e nel Kennedy Space Center della NASA in Florida».
Nonostante i massicci investimenti del Pentagono e le risorse tecnologiche messe in campo dai contractor, del rivoluzionario sistema di telecomunicazioni satellitari in UHF sino ad oggi si è visto ben poco. A causa di un impressionante numero di errori progettuali, “imprevisti” tecnici e test operativi falliti e l’aggiunta in corso d’opera di soluzioni alternative per le apparecchiature terrestri e spaziali (è stato modificato ad esempio il link con la National Security Agency – NSA), il cronogramma del progetto ha accumulato un ritardo di non meno di quattro anni. In origine, il Comando di US Navy aveva programmato di lanciare i satelliti a partire dalla fine del 2009 per ottenere la loro piena capacità operativa entro il 2013. Prima della fine del 2012 dovevano invece entrare in funzione i quattro terminali terrestri del MUOS. Il lancio in orbita del primo satellite è avvenuto in realtà solo il 24 febbraio 2002 da Cape Canaveral (Florida), ventisei mesi dopo di quanto previsto dal progetto, mentre il secondo satellite è stato lanciato solo il 19 luglio 2013. Secondo le nuove previsioni di SPAWAR gli altri tre satelliti verranno lanciati tra il 2014 e l’ottobre del 2015, mentre tutte e quattro le stazioni di terra saranno completate solo a fine 2013. Stando così le cose la costellazione del MUOS sarà pienamente operativa non prima del 2016. C’è però da credere che i tempi si dilateranno ulteriormente: secondo l’analista Marco Caceres del Teal Group (centro studi sui temi della difesa spaziale con sede a Fairfax, Virginia) il nuovo sistema di telecomunicazioni non potrà entrare in funzione prima del 2018. L’impossibilità di rispettare i tempi fissati dai progettisti era nota già nel marzo 2004 tra gli ufficiali responsabili dello Space and Naval Warfare Systems Command, come è possibile apprendere da un’intervista resa da uno di essi alla rivista specialistica Sea Power. (Hunter C. Keeter, “Despite Delay, Navy Is Committed To Satellite Communication Program”, Sea Power, March 2004, http://www.navyleague.org/sea_power/mar_04_26.php). Ciononostante sei mesi più tardi il PEO-Space Systems Satellite Communications Office di US Navy affidava le commesse del MUOS tranquillizzando il Congresso che il “vitale” programma strategico avrebbe rispettato in pieno il cronogramma. A seguito infine dei notevoli ritardi nell’entrata in funzione del nuovo sistema satellitare, onde non registrare un deficit delle trasmissioni in UHF sempre più rilevanti soprattutto per coordinare le accresciute operazioni belliche dei droni, dal 2009 la Marina USA ha sottoscritto accordi internazionali per accedere al sistema satellitare Leasat della società privata Intelsat General di Bethesda (Maryland), al sistema britannico SkyNet e ai satelliti SICRAL in dotazione alle forze armate italiane.
Parallelamente alla dilatazione dei tempi sono cresciute le spese di progettazione e realizzazione del sistema satellitare, la cui utilità – come per i caccia F-35 di produzione Lockheed Martin – è sempre più messa in dubbio dagli stessi analisti militari. Il costo complessivo finale del MUOS è ignoto anche perché nei bilanci del Dipartimento della difesa le voci ad esso destinate si moltiplicano con gli anni e fare ordine tra i numeri è fatica di Sisifo. Nel febbraio 2010, la prime contractor ha ottenuto una rinegoziazione del contratto originale, che solo per i cambi ingegneristici ha previsto un aumento del 61% di quanto previsto nel settembre 2004. Il Government Accountaibility Office (GAO), l’istituzione statunitense con funzioni omologhe alla nostra Corte dei Conti, in un rapporto del marzo 2011 sui sistemi d’arma in via di acquisizione dal Pentagono ha stimato che alla fine il MUOS comporterà costi non inferiori ai 6 miliardi e 830 milioni di dollari. Cifra che alcuni esperti ritengono ancora del tutto sottostimata. Alla fine infatti la spesa per satelliti e terminali terrestri potrebbe sfiorare i 10 miliardi di dollari.
Scheda preparata dal peace researcher Antonio Mazzeo per conto del Coordinamento dei Comitati No MUOS in occasione dell’incontro nazionale “Muos: Sicilia tra ponte di pace e e avamposto militare, co-promosso con i Parlamentari per la Pace presso la Camera dei deputati, Roma 23 ottobre 2013.
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