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Se il computer ti capisce meglio della mamma

Analizzando 10 “mi piace” cliccati da una persona su Facebook, un algoritmo è in grado di tracciare un profilo della sua personalità più corretto di quello fatto un collega di lavoro, e con 150 “mi piace” persino di genitori e fratelli. I suoi creatori indicano svariate possibili applicazioni di algoritmi di questo tipo, ma non si nascondono che sollevano inquietanti problemi di tutela della privacy.

Un algoritmo che analizza semplici dati presenti sul Web – come i “mi piace” su Facebook – è in grado di costruire un profilo della personalità di un individuo più accurato di quello tracciato da gran parte degli amici e familiari. Ad affermarlo è uno studio di tre ricercatori dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, e della Stanford University e pubblicato sui “Proceedings of the National Acaemy of Sciences”. Solo i coniugi, in media, riescono a tracciare un profilo leggermente più azzeccato dell’algoritmo.

Lo studio è stato condotto su un campione di 86.220 utenti di Facebook che hanno risposto a un questionario standard usato dagli psicologi per definire la personalità valutando i cinque tratti di personalità più significativi (si cosiddetti Big Five: estroversione, socievolezza, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale).

Il grafico presenta il confronto l’accuratezza della valutazione della personalità eseguita dall’algoritmo e da diversi soggetti umani.  (Cortesia Wu Youyou/Michal Kosinski)

Wu Youyou e colleghi hanno dimostrato che, analizzando appena 10 “mi piace” cliccati da una persona su Facebook, il loro algoritmo riesce a elaborare un profilo di personalità migliore di quello tracciato da un collega di lavoro, mentre con 70 “mi piace” fornisce una descrizione più corretta di quella di un amico o un coinquilino, e neppure genitori e fratelli riescono a superare la macchina se questa è a conoscenza di almeno 150 “mi piace”. Gli unici a resistere sono mariti e mogli: per batterli l’algoritmo ha bisogno di almeno 300 “mi piace”, ma dato che attualmente un utente di Facebook ne ha cliccati in media solo 227, almeno per ora il coniuge batte il computer.

La forza dell’algoritmo, spiegano gli autori, sta nel suo approccio all’analisi dei dati puri, mentre gli esseri umani tendono a dare troppo peso a uno o due esempi di comportamento o seguono ragionamenti irrazionali.  Grazie a questo tipo di algoritmi, sostiene Youyou, “in futuro, i computer potrebbero essere in grado di dedurre i nostri tratti psicologici e reagire di conseguenza, aprendo le porte alla nascita di macchine emotivamente intelligenti e socialmente abili”.

L’interesse di questi algoritmi – aggiunge David Stillwell, un altro degli autori – sta anche nel fatto che “la capacità di giudicare la personalità è una componente essenziale della vita sociale, e influisce sulle nostre decisioni, da quelle prese giorno per giorno fino ai progetti a lungo termine, come chi sposare, a chi dare fiducia, chi assumere o chi votare”.

Il loro uso potrebbe quindi tornarci molto utile. In particolare, “sulla base della loro personalità, si potrebbero accoppiare meglio i candidati a un lavoro con le mansioni affidategli, o proporre prodotti più adatti ai singoli utenti di un servizio”, come d’altra parte già fanno – sia pure in modo alquanto approssimativo, sottolineano gli autori – i sistemi automatizzati di marketing in rete.

I ricercatori, tuttavia, non si nascondono che questo tipo di data miningsolleva forti preoccupazioni per la tutela della privacy. “Ci auguriamo – afferma Michal Kosinski, il terzo autore – che i consumatori, gli sviluppatori delle tecnologie e i politici affrontino in modo adeguato queste sfide, sostenendo leggi e tecnologie a tutela della privacy che diano agli utenti il pieno controllo delle loro tracce digitali”.

da Le Scienze

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