Il Covid-19 è finalmente il mostro alle porte. I ricercatori lavorano giorno e notte per caratterizzare lo scoppio dell’epidemia, ma devono affrontare tre enormi sfide. In primo luogo la continua carenza o indisponibilità dei kit per i test ha sconfitto ogni speranza di contenimento dell’epidemia. Inoltre, essa impedisce di fare stime accurate dei parametri chiave come la velocità di riproduzione, la dimensione della popolazione infetta e il numero di infezioni benigne. Il risultato è un caos di numeri.
Come le influenze annuali, questo virus sta mutando, mentre si diffonde attraverso popolazioni con diverse composizioni di età e immunità acquisite. La varietà del virus che gli americani hanno più probabilità di avere, è già leggermente diversa da quella dell’epidemia originale a Wuhan. Un’ulteriore mutazione potrebbe essere banale o potrebbe alterare l’attuale distribuzione della virulenza che cresce con l’età: mentre i neonati e i bambini piccoli mostrano scarso rischio di infezione grave, gli ottuagenari affrontano un pericolo mortale dovuto alla polmonite virale.
Anche se il virus rimane stabile e muta poco, il suo impatto sui gruppi di età inferiore ai 65 anni può differire radicalmente nei paesi poveri e tra i gruppi sociali ad alta povertà. Consideriamo l’esperienza globale dell’influenza spagnola del 1918-19, che si stima abbia ucciso dall’1 al 2% dell’umanità.
Contrariamente al coronavirus, essa fu molto mortale per i giovani adulti, e questo fatto è stato spesso spiegato come effetto del loro sistema immunitario relativamente più forte, che ha reagito in modo eccessivo alle infezioni scatenando micidiali “tempeste di citochine” contro le cellule polmonari. L’originale H1N1 notoriamente trovò un luogo di diffusione preferito nei campi dell’esercito e nelle trincee dei campi di battaglia, dove decimò giovani soldati a decine di migliaia. Il crollo della grande offensiva di primavera tedesca del 1918, e quindi l’esito della guerra, è stato attribuito al fatto che gli Alleati, in contrasto con il loro nemico, potevano rimpiazzare i loro eserciti malati con truppe americane appena arrivate.
Raramente si tiene conto, tuttavia, del fatto che il 60% della mortalità globale si verificò nella parte occidentale dell’India, dove le esportazioni di grano in Gran Bretagna e le brutali pratiche di requisizione coincisero con una grave siccità. La conseguente carenza di cibo spinse milioni di poveri alle soglie della fame. Queste masse di poveri diventarono vittime di una sinistra sinergia tra la malnutrizione, che depresse la loro risposta immunitaria alle infezioni, e la polmonite batterica e virale dilagante. In un altro caso, l’Iran occupato dagli inglesi, diversi anni di siccità, colera e carenza di cibo, seguiti da un diffuso focolaio di malaria, hanno creato le precondizioni per la morte di circa il quinto della popolazione.
Questa storia – in particolare le conseguenze sconosciute delle interazioni con la malnutrizione e le infezioni esistenti – dovrebbe ammonirci sul fatto che Covid-19 potrebbe prendere una strada diversa e più mortale nei contesti più poveri dell’Africa e dell’Asia meridionale. Il pericolo per la massa dei poveri del mondo è stato quasi del tutto ignorato dai giornalisti e dai governi occidentali.
L’unico pezzo giornalistico che ho visto su questo, afferma che, poiché la popolazione urbana dell’Africa occidentale è la più giovane del mondo, la pandemia dovrebbe avere solo un lieve impatto su di essa. Alla luce dell’esperienza del 1918, questa è una folle estrapolazione. Nessuno sa cosa accadrà nelle prossime settimane a Lagos, Nairobi, Karachi o Calcutta. L’unica certezza è che i paesi ricchi e le classi ricche si concentreranno sul salvataggio di se stessi, escludendo la solidarietà internazionale e l’assistenza medica che sarebbe richiesta da un principio di solidarietà. Muri invece che vaccini: potrebbe esserci un modello più malvagio per il futuro?
II.
Tra un anno potremo guardare indietro con ammirazione il successo della Cina nel contenere la pandemia, ma con orrore il fallimento degli Stati Uniti. (Sto supponendo qui, con un’attitudine eroica, che la dichiarazione cinese di una trasmissione in rapido declino sia più o meno accurata.) L’incapacità delle nostre istituzioni di tenere chiuso il vaso di Pandora, ovviamente, non è certo una sorpresa. Dal 2000 abbiamo assistito ripetutamente a guasti nella sanità chiamata in prima linea.
La stagione influenzale 2018, ad esempio, ha travolto gli ospedali in tutto il paese, mettendo in luce la sconvolgente carenza di letti ospedalieri dopo vent’anni di riduzioni della capacità di cura dei pazienti causate dal profitto (è l’applicazione nell’industria sanitaria della gestione degli inventari secondo il principio del just-in-time). Le chiusure di ospedali privati e di beneficenza e le carenze di infermieri, analogamente rafforzate dalla logica di mercato, hanno devastato i servizi sanitari nelle comunità più povere e nelle aree rurali, trasferendo l’onere agli ospedali pubblici e alle strutture VA insufficienti. Le condizioni di ER in tali istituti, che già non sono in grado di far fronte alle infezioni stagionali, come faranno ad affrontare un sovraccarico imminente di casi critici?
Siamo nelle prime fasi di una Katrina medica. Nonostante anni di avvertimenti sull’influenza aviaria e altre pandemie, le disponibilità di attrezzature di emergenza di base come i respiratori non sono sufficienti per affrontare il diluvio previsto di casi critici. I sindacati militanti degli infermieri in California e in altri stati si stanno dando da fare per far sì che tutti comprendiamo i gravi pericoli creati da scorte inadeguate di provviste di protezioni essenziali come le mascherine per il viso N95.
Ancora più vulnerabili perché invisibili, sono le centinaia di migliaia di lavoratori a basso costo e sovraccarichi di lavoro che svolgono lavoro di cura nelle case e il personale delle case di cura.Le case di cura e l’industria dell’assistenza che si occupa di 2,5 milioni di anziani americani – la maggior parte dei quali su Medicare – sono state a lungo uno scandalo nazionale. Secondo il New York Times, un incredibile numero di pazienti che sono in case di cura, 380.000, muore ogni anno a causa della negligenza delle strutture nell’applicare le procedure di base per il controllo delle infezioni.
Molte case di cura, in particolare negli stati del sud, trovano più economico pagare multe per le violazioni sanitarie compiute piuttosto che assumere nuovo personale e fornirgli una formazione adeguata. Ora, come avverte l’esempio di Seattle, altre dozzine o forse centinaia di case di cura diventeranno hotspot del coronavirus e i loro dipendenti con salario minimo faranno la scelta razionale di proteggere le proprie famiglie restando a casa. In tal caso il sistema potrebbe crollare e non dovremmo aspettarci che la Guardia Nazionale svuoti le pentole.
L’epidemia ha immediatamente rivelato il netto divario di classe nell’assistenza sanitaria: quelli con buone assicurazioni sulla propria salute, e possono anche lavorare o insegnare da casa, sono comodamente isolati a condizione che seguano precauzioni prudenti. Gli impiegati pubblici e altri gruppi di lavoratori sindacalizzati con una copertura decente dovranno fare scelte difficili tra il loro salario/stipendio e la protezione dal virus.
Nel frattempo milioni di lavoratori a bassa retribuzione, lavoratori agricoli, lavoratori precari scoperti di ogni forma di protezione, disoccupati e senzatetto verranno gettati in pasto ai lupi. Anche se alla fine Washington risolverà il fiasco dei test e fornirà un numero adeguato di kit, i non assicurati dovranno comunque pagare i medici o gli ospedali per accedere ai test. Complessivamente, le spese mediche per le famiglie saliranno, nello stesso momento in cui milioni di lavoratori stanno perdendo il lavoro e l’assicurazione fornita dal “datore di lavoro”. Potrebbe esserci una situazione più forte e urgente a favore di un Madicare for All?
III
Ma la copertura universale è solo un primo passo. È deludente, se non peggio, che nei dibattiti delle primarie né Sanders né Warren abbiano messo in evidenza l’abbandono da parte di Big Pharma della ricerca e dello sviluppo di nuovi antibiotici e antivirali. Delle 18 maggiori aziende farmaceutiche, 15 hanno abbandonato completamente il campo. Le medicine per il cuore, gli ansiolitici che creano dipendenza e i ritrovati per l’impotenza maschile sono i prodotti-leader del profitto, e non certo i medicinali contro le infezioni ospedaliere, le malattie emergenti e i tradizionali virus assassini tropicali. Un vaccino universale per l’influenza – vale a dire, un vaccino che prende di mira le parti immutabili delle proteine di superficie del virus – è stato una possibilità per decenni, ma mai una priorità redditizia.
Man mano che la rivoluzione connessa agli antibiotici verrà annullata, riappariranno vecchie malattie insieme a nuove infezioni e gli ospedali diventeranno dei cimiteri.
Perfino Trump può opportunisticamente parlare dei costi di prescrizione assurdi, ma abbiamo bisogno di una visione più audace che cerchi di spezzare i monopoli delle imprese farmaceutiche e provvedere alla produzione pubblica di medicinali per la sicurezza. (Questo accadde durante la seconda guerra mondiale, quando l’esercito arruolò Jonas Salk e altri ricercatori per sviluppare il primo vaccino antinfluenzale.) Come ho scritto quindici anni fa nel mio libro Il mostro alla nostra porta – La minaccia globale dell’influenza aviaria: «l’accesso ai medicinali necessari per salvarsi dalle epidemie, inclusi vaccini, antibiotici e antivirali, dovrebbe essere un diritto umano, universalmente disponibile e ad accesso gratuito. Se i mercati non possono fornire incentivi per produrre a buon mercato tali farmaci, i governi e le organizzazioni no profit dovrebbero assumersi la responsabilità della loro produzione e distribuzione. La sopravvivenza dei poveri deve sempre essere considerata una priorità più alta rispetto ai profitti di Big Pharma.»
L’attuale pandemia ci obbliga ad allargare il tema: la globalizzazione capitalistica ora sembra essere biologicamente insostenibile in assenza di una vera e propria infrastruttura di sanità pubblica internazionale. Ma tale infrastruttura non esisterà mai fino a quando i movimenti sociali non spezzeranno il potere di Big Pharma e dell’assistenza sanitaria a scopo di lucro.
- autore, tra l’altro, di Il mostro alla nostra porta – La minaccia globale dell’influenza aviaria (traduzione a cura de Il Cuneo Rosso)
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