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Il rebus “indignados”

I diversi contributi che abbiamo pubblicato oscillano tra due estreme: adesione acritica e critica liquidatoria. E segnalano quanto sia andata smarrita la capacità – tutta leniniana – di saper distinguere tra movimento e “partito”, tra “masse” e “avanguardia”, tra “spontaneità” e “progetto”.

Proviamo qui a porre alcuni punti che ci sembrano sufficientemente fermi.

  1. Ogni movimento di protesta che assume dimensioni di massa è sintomo di un malessere sociale rilevante, una richiesta di cambiamento che si esprime come sa e come può, in forme – dicevamo un tempo – “storicamente determinate” che dipendono da momento, cultura, tradizioni di un paese. Ogni movimento, dunque, appare al “quadro militante” come ingenuo, limitato, parziale, a rischio di manipolazione. Se abbiamo ben compreso la dialettica, sono sempre vere entrambe le cose. Dunque, assumere le posizioni del movimento esistente così com’è significa rinunciare a qualsiasi progetto di trasformazione sociale consapevole; condannare il movimento per la sua arretratezza significa, all’opposto, tagliarsi socialmente i “cabbasisi” e quindi rinunciare per altra via a qualsiasi trasformazione sociale.

  2. La piattaforma politica degli indignados (che pubblichiamo qui in fondo) è democratica e socialmente progressista. Prende di punta l’irresponsabilità della classe politica che si alterna al potere (il bipolarismo escludente), immaginando meccanismi legali per renderla concretamente sanzionabile. Disegna misure per combattere la disoccupazione partendo dalla riduzione dell’orario di lavoro e dal rifiuto dell’aumento dell’età pensionabile. Chiede la difesa dei posti di lavoro e il ripristino degli assegni di disoccupazione. Prevede l’espropriazione delle case inutilizzate, trasformandole in alloggi popolari; servizi pubblici, a partire dai trasporti, di qualità e a basso costo; una scuola e un’università pubbliche, dai costi accessibili e una ricerca altrettanto indipendente perché pubblica. Rifiuta il salvataggio delle banche con fondi statali, fino ad osare chiederne la nazionalizzazione; vuol rivedere la fiscalità generale colpendo patrimoni, plusvalenze finanziarie, società d’investimento. Vuol ridurre le spese militari, pretende l’introduzione dell’indipendenza della magistratura (che lì, evidentemente, è più limitata che in Italia). E, infine, una riforma elettorale che permetta un pluralismo effettivo, non ingabbiato a forza nel bipolarismo centrista.

    Tutti punti che, anche in Italia, potremmo sottoscrivere in pieno senza doverli per forza assumere come un “programma comunista”. Diciamo che rappresentano una messa in discussione empirica, ma reale, della gestione liberista della crisi.

  3. E’ un movimento, dunque, che esprime con durezza la propria diffidenza verso la politica esistente. E la esprime magari con formule (“né di destra, né di sinistra”) pericolosamente in bilico tra qualunquismo, populismo, vaghezza. Questo è il punto più controverso, ma da cui bisogna necessariamente partire perché rappresenta il livello di “coscienza” attuale delle giovani generazioni e non solo; che hanno ovviamente molte buone ragioni per pensare che “destra e sinistra”, per come loro le vedono, sono di fatto la stessa cosa; che tra Aznar e Zapatero le distanze siano in fondo minime e “sovrastrutturali” (diritti civili e poco altro). Noi non diciamo qualcosa di molto diverso quando analizziamo le politiche economiche del centrodestra e del centrosinistra italiani. Un “negriano”, per dirla come diversi nostri lettori, assumerebbe subito in toto il linguaggio del movimento degli indignados, un settario li maledirebbe da lontano, come la volpe con l’uva. Un comunista, invece, ci starebbe dentro, anche a costo di rinunciare momentaneamente all’esibizione pubblica della propria simbologia (ricordiamo che lo stesso Fidel “ammise” di guidare un partito guerrigliero comunista solo dopo aver conquistato e consolidato il potere), lavorando per far crescere la coscienza di classe del movimento attraverso i momenti di conflitto che questo sarà costretto – ora o tra qualche tempo – a ingaggiare con il potere. Perché, ricordiamo, il comunismo non è un’ideologia, né un ordine ideale cui la realtà dovrebbe conformarsi; ma “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente; le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente”.

 

 

Il manifesto politico di “Democracia Real YA!”

Eliminazione dei privilegi della classe politica:

Stretto controllo sull’assenteismo. Istituzioni di sanzioni specifiche per chi non onori le proprie funzioni pubbliche.

Eliminazione dei privilegi nel pagamento delle tasse, nel conteggio dei contributi lavorativi e nel calcolo degli anni per ottenere la pensione. Equiparazione dello stipendio degli eletti al salario medio spagnolo con la sola aggiunta dei rimborsi indispensabili all’esercizio delle funzioni pubbliche.

Eliminazione dell’immunità associata all’incarico.

I delitti di corruzione non prescrivono.

Pubblicazione obbligatoria del patrimonio di chiunque ricopra incarichi pubblici.

Riduzione degli incarichi “a chiamata diretta”.

 

Contro la disoccupazione:

Ridistribuzione del lavoro stimolando la riduzione della giornata lavorativa e la contrattazione fino ad abbattere la disoccupazione strutturale (sarebbe a dire raggiungere un tasso di disoccupazione inferiore al 5%) In pensione ai 65 anni e nessun aumento dell’età pensionabile fino all’eliminazione della disoccupazione giovanile.

Vantaggi per le imprese con meno del 10% di contratti a tempo.

Sicurezza nel lavoro: divieto del licenziamento collettivi o per cause oggettive nelle grandi imprese che non siano in deficit, controlli fiscali alle grandi imprese per evitare il lavoro a tempo determinato quando invece potrebbero assumere a tempo indeterminato.

Reintroduzione dell’aiuto di 426 euro a persona/mese per i disoccupati storici.

 

Diritto alla casa:

Esproprio statale delle case costruite in forma massiva e che non siano state vendute: diventeranno case popolari.

Aiuti per l’affitto ai giovani e a chiunque si incontri in condizioni di bassa disponibilità economica.

Si permetta, in caso di impossibilità nel pagare l’ipoteca, la sola riconsegna della casa.

 

Servizi pubblici di qualità:

Eliminazione delle spese inutili delle amministrazioni pubbliche e creazione di un organo indipendente di controllo dei bilanci e delle spese.

Assunzione di tutto il personale sanitario in attesa di assunzione.

Assunzione del personale in attesa nel settore dell’educazione per garantire una giusta proporzione alunni/insegnanti, un adeguato numero di professori di supplenza e i professori di appoggio (ndr ai diversamente abili).

Riduzione delle tasse universitarie ed equiparazione dei prezzi dei master a quelli della normale carriera universitaria.

Finanziamento pubblico alla ricerca per garantirne l’indipendenza

Trasporto pubblico poco costoso, di qualità ed eco-sostenibile: reintroduzione dei treni che ora vengono eliminati per far spazio all’alta velocità ed quindi dei relativi prezzi originari. Riduzione dei prezzi degli abbonamenti al trasporto pubblico, riduzione del traffico su gomma all’interno dei centri urbani, costruzione di piste ciclabili.

Servizi sociali locali: applicazione definitiva della Ley de Dependencia (assistenza alle persone dipendenti, per malattia o vecchiaia), istituzioni delle reti di assistenza locali e municipali e dei servizi locali di mediazione e tutela.

 

Controllo delle banche:

Divieto di qualsiasi tipo di salvataggio o iniezione di capitale pubblico. Le banche in difficoltà dovranno fallire o essere nazionalizzate per tramutarsi in banche pubbliche sotto controllo sociale.

Aumento della tassazione alle banche in forma proporzionale alla spesa sociale provocata a conseguenza della cattiva gestione finanziaria.

Restituzione alle finanze pubbliche dei prestiti statali concessi nel tempo.

Le banche spagnole non possono investire nei paradisi fiscali.

Sanzioni nei casi di cattiva prassi bancaria e di speculazione.

 

Fisco:

Aumento delle detrazioni d’imposta sui grandi capitali e le entità bancarie.

Eliminazione del Sicav (società d’investimento a capitale variabile)

Reintroduzione della tassa sul patrimonio.

Controllo reale ed effettivo sulle frodi fiscali e sulla fuga di patrimoni verso i paradisi fiscali.

Proporre la “Tobin Tax” a livello internazionale.

 

Libertà civili e democrazia partecipativa:

No al controllo di Internet. Abolizione della legge Sinde (che disciplina diversi aspetti del diritto d’autore in Rete e del peer to peer)

Protezione della libertà d’informazione e del giornalismo d’investigazione.

Istituzione di referendum obbligatori e vincolanti per questioni di grande importanza e che modificano le condizioni generali di vita dei cittadini.

Istituzione di referendum obbligatori prima dell’introduzione e l’applicazione delle norme europee.

Modifica della legge elettorale per garantire un sistema veramente rappresentativo e proporzionale e che non discrimini nessun partito politico nè volontà popolare, una nuova legge elettorale che veda rappresentati anche i voti in bianco o quelli nulli.

Indipendenza del Potere Giudiziario: riforma del Ministero della Giustizia per garantirne l’indipendenza, il Potere Esecutivo non potrà nominare membri del Tribunale Costituzionale o del Consiglio Generale del Potere Giuridico (il CSM italiano).

Presenza di meccanismi effettivi che garantiscano democrazia interna ai partiti politici.

Riduzione delle spese militari.

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