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E’ successo qualcosa

Con ancora nelle gambe e nella testa le due giornate di straordinaria mobilitazione, c’è abbastanza materia per alcune prime valutazioni di un momento “alto” di conflitto sociale che segnano una rottura con il passato.

In piazza si è visto, o meglio, si è materializzato un blocco sociale antagonista ampio anche se ancora incompleto. Chiunque abbia guardato con attenzione le due manifestazioni di venerdi e sabato, ha visto lavoratori e occupanti di case, immigrati e giovani proletari, lavoratori contrattualizzati e le mille forme di precarietà del lavoro, gente che si oppone alla devastazione ambientale e sociale dei territori. Ma ha visto anche una soggettività nuova e crescente capace di pensare il conflitto e di gestirlo con organizzazione, sia quando investe un lavoratore pubblico che una giovane coppia sotto sfratto, nuclei di immigrati che ormai occupano le case insieme ai senza casa “in casa propria” o che partecipano ai picchetti nelle aziende “grigie” dove rappresentano ormai la maggioranza dei dipendenti. Una alleanza sociale che può e deve diventare blocco sociale e blocco storico intorno a interessi di classe definiti e irrinunciabili. La parola d’ordine comune contro l’austerità sintetizza vertenze e indicazione generale del conflitto.

Grande merito va indubbiamente ai sindacati di base – soprattutto al coraggio politico e all’indubbio contributo organizzativo della Usb – che su questa alleanza sociale ha investito da tempo.

Il secondo dato è questa soggettività – e questa capacità di pensare e gestire un conflitto anche nei suoi momenti più difficili – ha colto tutti di sorpresa, anche e soprattutto il potere e l’asservito sistema dei mass media. Qualcuno più lungimirante lo ha capito sia nelle cronache sia cedendo al fatto che sulle vertenze in campo (dall’emergenza abitativa al lavoro, dalle grandi opere al carovita) “occorre confrontarsi con questi qua” e non più o non solo con i simulacri della vecchia rappresentanza politica, sindacale, sociale oggi completamente complici e subordinati al governo delle larghe intese e ai diktat dell’Unione Europea.

Quelle del 18 e del 19 ottobre erano due giornate di mobilitazione niente affatto facili. Nel mondo del lavoro la sconfitta e la rassegnazione sono pesanti, rese ancora più tali dalla complicità di Cgil Cisl Uil (Fiom landiniana inclusa). Chiamare uno sciopero generale in questa situazione è sembrato un “cuore lanciato oltre l’ostacolo”, ma i numeri e le adesioni dello sciopero del 18 ottobre (almeno in alcuni settori strategici dove il sindacalismo conflittuale è più radicato) sono stati più che incoraggianti.

La scelta di fare del pomeriggio e della sera in Piazza San Giovanni il ponte tra lo sciopero generale e la manifestazione sociale del 19 si è rivelata una scelta anomala ma lungimirante. Ha creato coesione, organizzazione, connessione politica e sociale.

Sarà un caso ma la televisione portoghese ha aperto i telegiornali con lo sciopero generale e la manifestazione dei sindacati di base, segno che la sensibilità “europea” su questo è assai più alta di quella della politica o delle redazioni in Italia.

La manifestazione del 19, convocata e gestita con grande determinazione dai movimenti per il diritto all’abitare, insieme ad altri, ha rivelato l’estensione dell’emergenza sociale intorno a quella abitativa. Nessuno adesso può mettere la testa sotto la sabbia. Questa emergenza c’è e investe non solo le grandi aree metropolitane ma anche le città più piccole della provincia, una volta prospere e oggi azzannate dalla crisi che ha fatto schizzare alle stelle sfratti, pignoramenti e morosità involontarie. Questa contraddizione si è saldata quasi naturalmente con le vertenze territoriali – prime fra tutte quella sulla Tav o il Muos – trascinando così tutta la vertenzialità diffusa nel paese.

La convergenza di queste domande sociali ha dato una autorevolezza alla manifestazione del 19 ottobre che si è riverberata anche sulla autorevolezza della gestione della manifestazione in tutti i suoi aspetti. Non è stata una manifestazione pacifica ma combattiva che ha gestito tutti i suoi passaggi – dalla provocazione dei fascisti di Casa Pound fino all’assedio finale del Ministero delle Infrastrutture.

E’ presto per dire che c’è già un progetto comune, che si è usciti dal tunnel della disgregazione e della sconfitta. Questi riti appartengono ad altre manifestazioni, che ripetono se stesse da troppi anni.

Ma qualcosa è successo ed è straordinariamente importante sul piano delle prospettive del conflitto sociale nel nostro e negli altri paesi europei sottoposti alla dittatura della Trojka.

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