Se ci sia qualcosa di penalmente rilevante non spetta a noi indicarlo, ma sul piano politico l’intercettazione della telefonata tra il governatore della Puglia Nichi Vendola e Girolamo Archinà, ex capo delle Relazioni esterne dell’Ilva oggi agli arresti domiciliari, è devastante. Un amministratore locale dovrebbe trarne le dovute conseguenze e dare le dimissioni. Un leader politico – tantopiù di sinistra – dovrebbe evitare di far vedere ancora in giro la sua faccia in qualsiasi ambito o manifestazione che voglia rappresentare un anelito di cambiamento politico e sociale in questo paese.
Abbiamo più volte espresso la nostra estraneità alla logica del giustizialismo e alla morbosità nell’uso delle intercettazioni telefoniche che ispirano spesso i “mattinali” de Il Fatto Quotidiano, un giornale che su altri versanti produce invece inchieste e informazioni importanti.
Ma la cifra della conversazione tra Nichi Vendola e la macchina da guerra della famiglia Riva proprietaria dell’Ilva, è qualcosa di più e di più grave. E’ la naturalezza della collusione tra istituzioni e i poteri forti. Il tentativo di abituarci e fossilizzarci sulle esclusive malefatte di Berlusconi, in alcun modo deve e può impedire di vedere le cose per quelle che sono e di tirarne le inevitabili conclusioni.
Ci sono due aspetti decisivi che azzerano qualsiasi indulgenza verso il governatore della Puglia e leader di Sinistra Ecologia e Libertà.
Come già detto, se tutto ciò sia penalmente perseguibile non spetta a noi definirlo, ma politicamente è una pagina vergognosa che va chiusa senza sconti. Prima è, meglio è.
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