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Contro il riarmo europeo è bene manifestare, ma occorre anche chiarezza

Come abbiamo scritto spesso, la guerra è un discrimine che taglia in due ogni ragionamento e presa di posizione. Mentre tutti i governi europei sembrano ormai posseduti dal furore guerrafondaio e varano un gigantesco piano di riarmo, la politica è costretta a schierarsi pro o contro, quasi sempre suo malgrado.

Nella maggioranza di governo si dividono strumentalmente, cercando disperatamente di non apparire spaccati in due, tra i sostenitori della “pace di Trump” e i facilitatori del riarmo e delle ambizioni europee.

All’opposizione c’è chi vorrebbe tenere il piede in due scarpe (vedi il Pd) e chi come il M5S sembra aver imbracciato con maggiore determinazione lo stop al riarmo europeo.

I sondaggi finora disponibili, dimostrano che nell’opinione pubblica prevale ancora un sentimento contrario al coinvolgimento nella guerra in Ucraina e al riarmo. E’ un dato importante, ma che rischia di diventare aleatorio se non trova una espressione politica capace di pesare nei rapporti di forza. E questi, nell’attuale Parlamento, sono ancora sfavorevoli ad una scelta non guerrafondaia.

Pesa infatti l’ambiguità sull’idea che l’Unione Europea (arbitrariamente e strumentalmente confusa con “l’Europa”), per pesare nella competizione globale con le altre grandi potenze, debba dotarsi di un forte apparato militare e di politiche conseguenti.

La guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti in qualche modo rafforza questa opzione e la alimenta nella campagna massmediatica tra le opinioni pubbliche del Vecchio Continente.

Ma i fatti, oltre che la storia europea, ci insegnano che una intensa campagna di riarmo parallela ad una guerra commerciale di stampo protezionista formano un combinato disposto micidiale che ha sempre innescato le guerre, e che per qualche motivo queste hanno sempre trovato in Europa la loro incubazione principale.

In uno scenario così inquietante, raddrizzare il piano inclinato appare una priorità sulla quale far convergere tutte le forze che ne hanno consapevolezza, in contrasto con quelle che spingono per inclinarlo ancora di più verso il baratro.

In tale contesto, la manifestazione contro il riarmo europeo del 5 aprile convocata dal M5S coglie l’occasione e sembra riuscire a catalizzare una gran parte delle forze schierate per la pace.

Si può asserire che era nata in un modo – condizionare il dibattito nel “campo largo” – ed è diventata via via un’altra cosa. Ma non appare affatto scontato se questo segno della manifestazione del 5 aprile reggerà nel tempo oppure no.

L’esperienza fattuale ci ha insegnato che le posizioni delle forze politiche italiane cambiano significativamente tra quando si trovano al governo o all’opposizione. In materia di riarmo il M5S di governo ha dato una pessima prova di sé, sia sulla spesa militare che sulla prima fase della guerra in Ucraina. Una volta all’opposizione ha modificato – in meglio – le proprie posizioni. Ne prendiamo atto, ma…

Su questa contraddizione, negli anni passati, non abbiamo mai fatto sconti alle forze del centro-sinistra e della sinistra parlamentare sulle posizioni adottate quando erano al governo o all’opposizione. E’ sufficiente ricordare lo scontro con il governo D’Alema sull’aggressione Nato alla Jugoslavia (con Mattarella vice e ministro della Difesa) o, in tempi più recenti, quello con il secondo governo Prodi sulla partecipazione dei militari italiani alle guerre degli Usa in Iraq e Afghanistan.

Quando le forze politiche che avevano fatto quelle scelte, una volta tornate all’opposizione, hanno provato a rifarsi una verginità politica nelle piazze, non abbiano mai fatto sconti. Non si capisce perché con il M5S si dovrebbe usare uno standard diverso.

Dunque è un bene che ci sia una manifestazione contro il riarmo europeo, ma meno bene che le forze della sinistra di classe accettino l’egemonia del M5S su questa mobilitazione, che non abbiano previsto né prevedano altre ipotesi, né che esitino a definire più nitidamente le coordinate politiche sulle quali “convergere” con le altre forze che si battono per la pace.

Può sembrare un dettaglio ma non lo è. E’ stato proprio l’aver perso questa funzione chiarificatrice che ha disgregato e indebolito la sinistra di classe e alternativa in questo paese. Ne riparliamo a partire dal 6 aprile.

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6 Commenti


  • Fabio Bordigato

    Quindi? Si va in piazza il 5 aprile o no? PCI, PaP faranno compagnia a PRC e Ottolina TV oppure no? Fraterni Saluti Comunisti Fabio Bordigato.


  • Andrea Vannini

    i 5 s., oggi come ieri, non sono interlocutori credibili, la coerenza non li ha mai sfiorati e negli armadi hanno non pochi scheletri ( covid, guerra, ecc.). oggi sfruttano l’ occasione per caratterizzarsi come “l’ oppositore”, il solo, l’ unico…ciò non toglie che la manifestazione di sabato sia una occasione da non perdere per gli antifascisti, gli antimperialisti, i comunisti per “conquistare” quella piazza con la propria visibilità e con il proprio antagonismo. é bene essere presenti con le proprie bandiere, i propri striscioni. é bene non lasciare agli opportunisti una “egemonia” che non si meritano nélla lotta contro la guerra imperialista.


  • CLAUDIO CARATELLI

    Bravo Sergio,
    condivido in pieno tutto quanto e la tua analisi mi favorisce nello spiegare perché io il 5 aprile non sarò in piazza. Questo è il mio pensiero e quello di altri compagni del Nodo Territoriale di Potere al Popolo Latina e Provincia!


  • Eliana

    Credo che Pap farebbe bene a partecipare.


  • Antonino Salerno

    Non si tratta di accettare o meno l’egemonia dei 5 stelle. La manifestazione è una loro iniziativa, cui si può decidere se aderire o meno. In questo momento credo sia importante aderire, dare voce al dissenso popolare, mettere un’intralcio alla follia delle classi dirigenti europee che come i ciechi di Bruegel ci stanno conducendo verso il baratro.


  • SALVATORE ESPOSITO

    Ero in piazza il 5 Aprile; ed ero in Piazza anche il 15 marzo nella manifestazione contro il riarmo . In entrambe le occasioni ho ascoltato le voci dei manifestanti. Il popolo della sinistra ha una consapevolezza e maturità senz’altro superiori a quelle di qualsiasi referente istituzionale progressista. Da vecchio marxista non sono lontano da molti dei principi del primo M5s; ma non mi fido di Conte (che è colui che ha spianato la strada al governo Draghi) né della attuale leadership PD, Rifondazione ecc.
    Manca una forza politica antisistemica: una forza che abbia la prospettiva di una società diversa, dove le classi medie riconquistino un ruolo centrale nell’economia del paese attraverso la stabilità dei diritti e del lavoro. Faccio una domanda: e se i dazi di Trump ci convincessero che è il momento di stimolare il mercato interno?

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