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Palestina. Quali scenari dopo l’Onu

Il presidente Mahmud Abbas ha presentato la richiesta di riconoscimento dello Stato Palestinese, come membro a pieno titolo all’Onu. Nonostante, le enormi minacce e pressioni, americane ed israeliane, per non parlare di consigli di amici vicini e lontane.

Lo storico intervento dinanzi all’assemblea generale dell’Onu, è stato una coraggiosa ed efficace arringa che ha alzato la soglia della posizione palestinese, rifiutando la ripresa dei negoziati con Israele, se questo ultimo, non si impegna a bloccare la colonizzazione e riconoscere il principio di creazione dello stato palestinese sui confini antecedente alla guerra del 1967.

Abu Mazen,nel suo intervento, ha riaffermato l’impegno dell’Olp, di rispettare tutti gli accordi firmati, mettendo, sulla bilancia il diritto al ritorno secondo le risoluzione dell’Onu e dell’iniziativa araba di trovare una soluzione concordata che garantisce il ritorno dei profughi palestinesi, ben sapendo che, Israele non accetterà mai una giusta soluzione, che risolve la questione dei profughi.

Dopo, quasi, venti anni di sterili negoziati, la richiesta palestinese per il riconoscimento, pone una revisione di una fase e l’inizio di una nuova fase di lotta per i palestinesi, di nuova strategia, che dovrebbe vedere nuovi protagonisti, capace di incidere sul negoziato, e auspicabile di non vedere più, solo gli Usa a decidere per tutti insieme al suo alleato israeliano. Abu Mazen ha messo in forse anche il ruolo del quartetto senza rinunciare al negoziato.

Sembra giunto il momento di internazionalizzare la questione palestinese, iniziando proprio dal riconoscimento.

  1. ha rimesso la questione palestinese, come primo punto sulla agenda internazionale, in quanto è una questione di liberazione nazionale, e non è solo una contesa territoriale, e tanto meno una divergenza sulla natura della pace, o fra estremisti e moderati. Ciò che non avveniva da anni.

    Questo rinnovato status, se non viene seguito con una nuova strategia rischia di perdere il suo potere propositivo.

  2. Il discorso di Abu Mazen, e la stessa presenza all’Onu, hanno affermato, senza possibilità di ritorno, il fallimento del negoziato bilaterali, e il processo di Oslo che è durato 20 anni, causando marginalità alla questione palestinese, ed ha aggravato l’occupazione e la colonizzazione, rendendo molto ardua la possibilità di una soluzione equilibrata, e più difficile se non impossibile la nascita dello stato palestinese.

  3. La leadership ha ottenuto, con questa iniziativa, una tangibile popolarità, appoggiata e sostenuta dalle forze politiche e larghe settori popolari palestinesi, dovuto anche in certa misura, dalla incertezza di Hamas, che si è divisa tra chi è d’accordo, e chi è no, o tra chi perplesso e silenzioso, o duramente contrario. Il che ha fatto si che Hamas sembra non avere una posizione unica, o qualche alternativa o condizione da proporre dinanzi alla crisi del morente negoziato.

  4. L’iniziativa ha rafforzato, in modo inequivocabile, l’idea di uno stato palestinese sul confini del 1967, senza alcun cenno nel discorso di Abu Mazen alla possibilità di un scambio territoriale; sostenuto e appoggiato da, palestinese, arabo e internazionale senza precedente. Questo permetterà al negoziatore palestinese di alzare il livello delle richieste, e rende più difficile certe scelte: come lo status quo, o un stato con confine provvisorio, o altri scelte che non prevedono lo stato palestinese.

Da questa premessa, possiamo dedurre che dopo l’Onu, si è iniziata una fase transitoria, che non ha niente a che vedere con quella prevista dagli accordi di Oslo. È una fase che può diventare un ponte verso una fase completamente diversa. Da leggere e interpretare insieme ai cambiamenti in atto nei paesi arabi, utilizzando anche le poche carte di pressione che i palestinesi hanno per incidere sui risultati di una futura trattativa.

La questione non è e non è mai stata se partecipare ai negoziati o no, non c’è un rifiuto assoluto di negoziare. Ma è inaccettabile partecipare a negoziati a condizioni e situazione inadeguati.

La nuova fase transitoria, registra, un radicale cambiamento da parte dei protagonisti, la leadership, le organizzazione e le personalità palestinesi, portatori e difensori convinti del processo negoziale di Oslo, ora sono più convinti che tale processo ha esaurito le sue forze: perché Usa e Israele sono due facce della stessa medaglia, e non hanno nessun interesse di risolvere questo conflitto, nemmeno di fronte all’accettazione dei palestinesi di uno stato sui confini prima della del 1967.

E’ difficile comprendere il rifiuto e la furia americana e israeliana contro una richiesta palestinese di accettare le risoluzione della stessa Onu, dalla spartizione del 47 fino alla guerra del 1967, che prevedono la soluzione in due stati. Risoluzione già approvati dagli Usa e dai maggior parte dei paesi riconosciuti dall’Onu. Altrimenti, si deve pensare all’intransigenza e l’xenofobia dei governi israeliani, sostenuti dalle amministrazione americane, sono il vero ostacolo per una soluzione giusta del conflitto arabo israeliano.

Intimidazione, pressione e minacce americane, nei confronti dei paesi che fanno parte del consiglio di sicurezza, per far mancare il numero legale per tale richiesta, non servono a risolvere il conflitto, bensì ad aggravarlo di più. Gli Usa che decantano la primavera araba, la libertà e la democrazia, potranno utilizzare il diritto di Veto, contro la giusta richiesta della Palestina, di essere ammessa all’Onu come stato a pieno titolo? Ben sapendo che l’Assemblea Generale, dove non regna il diritto di Veto, voterà a favore del riconoscimento della Palestina!

Lo stesso vale per i paesi dell’UE, che voteranno contro, gli arabi come reagiranno a questa presa di posizione, e quale relazione potranno avere con chi continua con la politica di, due pesi due misure, alla luce dei cambiamenti in atto.

L’ammissione della Palestina all’Unesco, è una prova, della rivolta dei paesi del mondo, per i diritti dei popoli. contro l’intimidazione israelo-americana. È solo, lo speriamo, il primo passo, per il riconoscimento dello stato di Palestina, e per una riforma più democratica di questo sistema mondiale.

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