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Career opportunities…una riflessione da “sfigati”

Eravamo abituati alle gaffe di Berlusconi, alle sue battute sessiste, alle “cadute di stile” probabilmente volte ad “umanizzare” il personaggio, a distogliere l’attenzione dalle sue politiche e dai problemi reali. Questa volta, invece, quelle di Monti & co, a noi sfigati, non-tutelati, a noi futuri non-lavoratori e non-pensionati, più che “scivoloni” sembrano dichiarazioni d’intenti, o quantomeno l’indice del fatto che stanno preparando ideologicamente il terreno di una vera e propria battaglia.  

Il prossimo passo del Governo, infatti, sarà riformare il fondamentale tassello del mercato del lavoro, caro a noi quanto a loro, perché è proprio su questo che hanno intenzione di spremerci a più non posso per ottenere questa “crescita” maledetta (leggi: più profitti per loro, più sacrifici e meno diritti per noi). E’ fondamentale anche perché dà maggiore consistenza ai provvedimenti varati in precedenza (in particolare la riforma delle pensioni) concludendo quel ciclo annunciato già ad ottobre con la lettera firmata BCE.

E se questo Governo, essendo tecnico, non corre il rischio di scontentare il proprio elettorato, necessita, però, di convincere tutti gli italiani per poter cambiare la loro vita, a tempo indeterminato. E per quanto maccheroniche, le dichiarazioni della Cancellieri, della Fornero, di Martone e di Monti, vanno sostanzialmente in questo senso: ci dicono che volenti o nolenti il contratto a tempo indeterminato non esisterà più (e che se esisterà per qualcuno, sarà comunque più facile licenziare), che saremo costretti ed emigrare o a spostarci continuamente da un posto all’altro, cambiando continuamente lavoro; che sopravvivrà chi in questa giungla riuscirà a barcamenarsi eccellendo, diventando il numero 1, quello che producendo maggiormente e scavalcando gli altri riuscirà a “meritarsi” un premio, un piccolo aumento. E’ necessario marginalizzare anche sul piano ideologico la grande schiera di lavoratori che non possono e non potranno permettersi una vita da “self-made man”.

E per abituarci a questo, per farci assimilare questa ideologia secondo cui maggiore competitività, arrivismo, individualismo siano l’unica strada da percorrere,  stanno usando ogni mezzo, dalle ormai famose dichiarazioni, a intere pagine di quotidiani in cui si sostiene che l’art 18 vale 200 punti di spread, passando per editoriali in cui si sostiene che è arrivato il momento della crescita e che il ruolo dei sindacati dovrebbe essere quello di favorire la flessibilità in entrata e in uscita, come se questi non stessero già facendo il loro sporco lavoro.

Ovviamente un altro punto su cui battono molto per convincerci e cooptarci, giocando sulla giustissima esasperazione, è quello del  “precariato”, cavalcando l’onda del momento che ha reso questo aggettivo sostantivato, per molti, una “categoria psicologica”. In realtà la concezione di precario della Fornero è ben lontana da quella di “giovane lavoratore della conoscenza” e molto più vicina alla realtà: tra i 3 e i 4 milioni di persone, sotto i 34 anni, che guadagnano tra i 700 e gli 800 euro al mese; veri e propri lavoratori di scuola, sanità, servizi pubblici, servizi sociali e pubblica amministrazione con uno dei tanti contratti grazie ai quali è possibile far lavorare per più tempo, pagando di meno. In merito a questo, il messaggio che ci stanno mandando è che si arriverà ad una precarizzazione assoluta, che prescinde dalla fascia d’età e dal tipo impiego.

“Bisogna spalmare le tutele su tutti”, dice la Fornero e noi non possiamo evitare di leggerci che in realtà sarà la precarietà ad essere “spalmata”, privando anche i cosiddetti tutelati dei diritti di cui disponevano grazie ad anni di conquiste. E se per convincerci di questo si giocheranno la carta del conflitto tra generazioni, trucchetto inflazionato, ma sempre di moda nella collezione autunno-inverno 2012, ancora una volta sapremo riconoscerlo e sostenere che i nostri nemici sono loro, non i nostri genitori, ai quali vogliono estendere i non-diritti che a noi già spettano attualmente. C’è da aggiungere, tra l’altro, che il cosiddetto capitalismo all’italiana, ritenuto arretrato rispetto alle altre potenze europee vede la maggior parte del tessuto industriale costituito da piccole imprese, con meno di 15 dipendenti, per i quali già non vale l’articolo 18 su cui tanto si specula. Nelle aziende che superano il 15, invece, non dimentichiamo che è comunque possibile effettuare licenziamenti collettivi per motivi economici: stato di crisi, cassa integrazione, mobilità.
Insomma, la “fabbrica del falso” aggiorna i propri macchinari, li adatta ai tempi che corrono, si perfeziona. Ed è una delle poche fabbriche che nonostante la crisi non fallirà.

Di seguito una piccolissima playlist, l”inno generazionale di noi sfigati”

99 Posse – Povera vita mia “Alle volte mi ritrovo con la testa fra le mani e penso, penso e rifletto: in Italia c’è un conflitto/ una guerra che fa più di mille morti all’anno tra lavoro e mala sanità, e dimmi tu se questa qua non è pulizia etnica cos’è? come si chiama? Quando uno che c’ha i soldi può avere tutto e uno che ne ha di meno non ha diritto nemmeno a un letto in un ospedale quando sta male e se vuol farsi curare deve pagare solo che coi soldi che gli danno quelli del lavoro interinale

c’è l’affitto da pagare, il bambino da mantenere e cosa cazzo vuoi pagare un dottore quando non sai nemmeno se tra due mesi c’ avrai ancora un fottuto lavoro, perché il lavoro interinale non è altro che una prestazione occasionale di lavoro manuale non qualificato, esattamente il caso in cui il rischio d’incidente sul lavoro è quintuplicato e tutto questo non è capitato, ma è stato pensato, progettato e realizzato dal padronato in combutta con l’apparato decisionale dello stato per il quale la vita di un proletario non vale non dico niente
ma sicuramente non vale il costo di un’assunzione regolare con tanto di corso di formazione professionale; è evidente il disegno criminale o no? o sono io che sono pazzo?”

Caso – Anche domani “E’ facile parlare per te che puoi decidere domani che sarà. Aprire gli occhi senza una sveglia che suona, spendere le tue giornate ad organizzarti le vacanze che tuo padre puntualmente ti regalerà. Mentre mi chiedo a cosa serva possedere una casa, una macchina, un lavoro sicuro che duri cent’anni se la mia vita può finire anche domani”

L’orso – Avere Ventanni “Lavoro otto ore, faccio fotocopie/ è arrivata l’estate e hanno chiuso le scuole/ dalla finestra vedo passare le coppie che si baciano, mentre io faccio altre fotocopie/ Le ferie non me le danno e a Berlino vai lo stesso che l’amico di un amico ha un amico con un posto letto e tu mi lasci qua, dentro questa città che si mangia gli pneumatici delle bici per l’afa che fa. La mia vita da stagista/ la mia relazione stragista che magari poi avrà pure le sue qualità/ma tra fare l’impiegato e la BR che differenza fa?/M’impegno, collaboro, dimostro entusiasmo ma in questo ufficio non gliene frega un cazzo/ mi lamenterò con te del mio essere sottopagato e della nostra relazione da cui non mi sento appagato/ Di cosa vuoi che ti parli che ho poco più di vent’anni? se alle crisi mondiali preferisco i tuoi sguardi/ se ho appena iniziato la mia carriera da precario e non avrò mai te o la mia amata pensione”
Ministri – Ballata del lavoro interinale “Rimango ancora un altro turno al massimo/ che cosa mi costa aspettare che spiova/ c’è sempre di peggio dietro l’angolo: la guardia giurata, il secondo pilota, il ladro di ortiche, il vicequestore/pagami, ci vuol poco a scordarsi da dove eri partito e per cosa ti eri tappato il naso/ ora pagami, non ha senso più chiamarti padrone se son qui è soltanto perchè non ho forze per andare altrove/ pagami, io cambio ma il ricatto è sempre il solito: abbiamo bisogno di chi ne ha bisogno/ c’è sempre di peggio dietro l’angolo: l’agente segreto e quello immobiliare, la guardia giurata di turno a natale/pagami, ci vuol poco a scordarsi da dove eri partito e per cosa ti eri tappato il naso/ ora pagami non ha senso più chiamarti padrone, se son qui è soltanto perchè non ho forze per andare altrove/ pagami, non importa quanto tempo rimane/ pagami tutto quanto o te la faccio pagare”

 

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