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25 aprile: oggi sudditi di una nuova dittatura

Milioni di persone e di famiglie che ormai vivono sotto la soglia della povertà, i giovani che non trovano lavoro o addirittura che non hanno neanche più la forza di cercarlo, i precari che perdono il lavoro e che non avranno alcun reddito, i loro padri che vengono estromessi da uffici e fabbriche senza più ammortizzatori sociali e con il miraggio del raggiungimento della pensione che si affievolisce sempre più, i migranti che continuano a morire sui barconi e che vivono ormai nella miseria, i pensionati che già non arrivavano alla fine del mese che sono oggi considerati un peso per la società piuttosto che una risorsa, il lavoro che è ormai considerato un’appendice degli interessi delle aziende, da trattare non come un diritto ma come una elargizione.

E in tutto ciò spicca l’ipocrisia del governo di banchieri e “tecnici”.
Improbabili e paradossali spiegazioni su come la libertà di licenziare e l’aumento dell’età pensionabile faccia miracolosamente aumentare l’occupazione. Su come parlare di crescita quando si procede con una politica fortemente recessiva criticata ormai da esperti di tutte le parti, ma difesa da quasi tutti i partiti presenti in parlamento.
Ma di che tecnici parliamo? Tecnici di che cosa se non dell’applicazione delle più bieche teorie sullo sfruttamento dei ceti popolari per far continuare a far profitti ad aziende, banche e alta finanza?
E quindi è un 25 aprile triste che però come sindacato che non si piega al luogo comune della “necessità dei sacrifici per pagare i debiti delle banche”, allo stesso tempo ci stimola e ci spinge a ribellarci a questo stato di cose, a costruire dissenso ed opposizione, ad organizzare i lavoratori in modo sempre più concreto e radicale nelle forme e nei contenuti.
Un 25 aprile che vorremmo veramente “liberato” dalla retorica e dai luoghi comuni di partiti ed istituzioni di questi ultimi anni, per riscoprire il vero significato della lotta al fascismo di ieri e di oggi.

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