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“Siamo figli e nipoti delle Nonne e delle Madri della Piazza di Maggio”

La politica estera statunitense, anche per questioni di vicinanza geografica, da sempre è stata piuttosto interessata alle ricchezze di suoli e sottosuoli dell’America Latina, e l’ha considerata come una sua “pertinenza” . Ogni volta che ha visto mettere in pericolo la sua supremazia su quei territori è ricorsa qualsiasi mezzo pur di non perdere terreno utile per i suoi interessi economici.

È quindi naturale che negli anni ‘70 abbia elaborato e messo in atto una politica per affossare i governi, specie quelli eletti democraticamente, e quindi con l’appoggio popolare, che si opponevano ai suoi interessi diretti con nazionalizzazioni e lavoro recupero di risorse e industrie strategiche a tutto vantaggio dei ceti che li avevano eletti.

Il caso più emblematico è stato quello del Cile, dove, avendo tentato più volte inutilmente di far cadere il Governo e di organizzare golpe abortiti (“Tanquetazo” del giugno 1973), era ormai vitale per gli USA stroncare quell’esempio troppo pericoloso di socialismo. Ed ecco quindi il sanguinoso golpe dell’11 settembre del 1973, naturalmente finanziato e supportato dalla CIA, sempre in prima linea nella difesa dei grandi capitali statunitensi nel mondo.

 

Impossessarsi un potere ampiamente condiviso dalla popolazione come quello esercitato da Salvador Allende in Cile comportava necessariamente l’utilizzo di tattiche e tecniche militari che stroncassero l’appoggio territoriale, sociale, logistico e persino affettivo di cui godevano coloro che collaboravano con il Presidente. I generali, addestrati alla Scuola delle Americhe (1), avevano già sufficienti conoscenze nel campo, ma a loro supporto venivano anche le esperienze di antiguerriglia e controinsurrezione usate nella famosa battaglia di Algeri del 1957 in cui circa 30.000 algerini sparirono e la città fu terrorizzata.

 

E, a questo proposito, ricordiamo che la giornalista francese Maria-Monique Robin, nel 2004, scoprì negli archivi del ministero degli esteri francese le carte che documentano un preciso accordo tra Parigi e Buenos Aires su una “missione francese permanente” che sistematizzasse in Argentina la repressione militare in ambito urbano. E infatti molti ufficiali sudamericani vennero addestrati all’Ecole Militaire di Parigi, fino al 1981, anno in cui fu eletto presidente Mitterrand.

 

Tutti gli anni ’70 e ’80 sono stati infatti marcati, in America Latina, da una grandiosa operazione di repressione denominata Operazione Condor che va a totale supporto delle politiche economiche imperialista nell’area e che smantellò lo stato sociale, abolì sindacati e pensioni, facendo diventare merce a poco prezzo i lavoratori del continente. (2)

 

Le medesime tecniche, che prevedevano l’uso sistematico della tortura e dell’omicidio politico, erano messe in atto anche al di là dei confini nazionali e con la collaborazione fattiva di personaggi di spicco protetti da vari servizi segreti, come è il caso del fascista Stefano delle Chiaie, che fu tra gli organizzatori dell’attentato a Bernardo Leighton (3) a Roma nel 1976.

 

Il lavoro interno al continente sudamericano era però quello prioritario dell’Operazione e tendeva a raggiungere i risultati di totale asservimento delle classi lavoratrici agli interessi del capitale e del potere mediante strumenti che creassero un terrore generalizzato che paralizzasse i processi di resistenza. Perciò non si limitavano a prendere ed uccidere nelle maniere più barbare, previa tortura, solo i militanti politici (MIR e PC in Cile e Montoneros in Argentina), ma si accanivano ed estendevano il trattamento del sequestro, della carcerazione e della tortura a sindacalisti, professori (4), studenti, medici, indios mapuche (5)

 

Questo lavoro infame e certosino ha ottenuto risultati veramente deleteri e profondi nel tessuto sociale cileno che, fino a pochi anni fa, era ancora prostrato e atterrito delle forme bestiali di repressione che aveva subito. Si è dovuta attendere la prima generazione che non aveva visto nulla di quell’orrore per poter avere segnali di reazione concreti e incisivi. (6)

 

In Argentina, invece, vista la forte reazione negativa che si era innescata a livello di organizzazioni internazionali di diritti umani dopo il sanguinario golpe cileno, sono state poste in atto modalità differenti per raggiungere i medesimi risultati. Doveva essere mantenuta una certa invisibilità delle operazioni, pur ottenendo lo stesso grado di “immobilizzazione” della resistenza collettiva. Misero perciò a regime il sistema delle sparizioni delle persone, che anche in Cile era stato utilizzato, ma non in quantità industriale come fecero in Argentina fin dal primo momento. Il sistema funzionò perché il mondo ci mise alcuni anni prima di accorgersi di quello che era successo in Argentina il 24 marzo del 1976.

 

Già altre volte la vita democratica dell’Argentina era stata interrotta e fin dal novembre del 1974 il governo era stato costretto a decretare lo stato d’assedio. A febbraio del 1975 si fecero ulteriori passi in questo senso, intervenendo contro un’area tenuta dalla guerriglia a Tucuman. A fine luglio dello stesso anno i militari tolsero di mezzo, cari­candolo su un aereo per il Brasile, l’uomo forte del governo di Isabel Perón: Lopez Rega. A metà agosto una sommossa obbligò la Perón a mandare in pensione il comandante del­l’Esercito, considerato troppo moderato e al suo posto venne nominato il generale Videla. Il 6 settembre i militari ottenne­ro la formazione di un Consiglio interno di sicurezza per tut­to ciò che riguardava la lotta antisovversiva. Il 18 novembre, infine, si assicurarono ufficialmente il comando delle azioni contro i “delinquenti sovversivi”.

 

Il passaggio del 24 marzo del 1976 non richiese quindi carri armati o scene di sangue nelle strade. Le Ford Falcon di colore scuro che già da prima del 24 marzo destavano terrore alla sola vista nella popolazione (che sapeva che erano usate per sequestrare gente che poi nessuno più rivedeva) avevano solo cambiato dei dettagli: dai gruppi paramilitari della “Tripla A” erano passati ad essere gruppi clandestini della dittatura. Molti dei sequestrati finivano nell’ESMA, la Scuola di Meccanica dell’Esercito, dove venivano torturati a morte. Altri venivano gettati nel Rio de La Plata o nell’Oceano von i “voli della morte” affinché i loro corpi non fossero più ritrovati.(7) Tristemente famoso con il nome “Notte delle matite spezzate” è stato il sequestro di sei studenti a Buenos Aires appartenenti all’Unione Studentesca Secondaria il 16 settembre del 1976 e mai più rivisti.

 

Ci fu anche un piano sistematico di appropriazione dei bambini delle donne sequestrate per darli in adozione segretamente a famiglie di militari. Era un’ulteriore modo per negare l’identità dei “ribelli”

 

Comincia il cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale (meglio noto come “Guerra Sporca”) che tra il 1976 e il 1983 le giunte militari di Videla, Viola e Galtieri hanno portato avanti in Argentina con conseguenze umane inestimabili (oltre 30.000 persone assassinate e almeno altrettante scomparse), ma anche economiche: altissimo debito estero, distruzione dell’industria nazionale, dell’istruzione pubblica e degli ospedali. ( 8)

 

In questo contesto nasce, già nel 1997, l’associazione delle Madri della Piazza di Maggio, donne coraggiose che, a rischio della vita, tutte le settimane (con una puntualità determinata e inamovibile negli anni) chiedevano ai militari che destino avessero avuto i propri figli scomparsi e che, anche dopo la fine della dittatura, con ostinata perseveranza hanno sempre chiesto luce e giustizia circa la sorte dei loro cari. Peraltro tre delle fondatrici dell’associazione sono stata esse stesse arrestate e sono poi scomparse nello stesso 1977.

 

Anche l’associazione delle Nonne della Piazza di Maggio è nata nel 1977, ma con lo scopo di identificare e restituire alle famiglie i neonati sottratti o partoriti in carcere dalle donne imprigionate.

 

A queste donne Madri e Nonne si deve in gran parte se l’Argentina ha potuto far conoscere la sua tragedia ed ha trovato il coraggio di affrontare la ricerca dei responsabili delle migliaia di casi di desaparecidos nella Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (CONADEP) detta anche Commissione Sabato dal nome del suo presidente, voluta dal presidente Raul Alfonsine che però poi, nel 1986, promulga la Legge del Punto Finale, con la quale si stabilisce che non era più possibile fare nuove denunce e, successivamente, ne promulga un’altra (Legge di Obbedienza Dovuta) con cui assolve addirittura da crimini già documentati. Dal 1989 il presidente Menem continua l’opera di assoluzione collettiva dei militari.

 

E proprio nel 1986, a seguito della Legge del Punto Finale, l’associazione delle Madri della Piazza di maggio si scisse in “Linea Fundadora” e quella di “Hebe Bonafini”. Mentre La Linea Fundadora si limitava a tenere rapporti di dialogo con l’autorità, quella presieduta dalla Bonafini partecipa più attivamente alla vita politica e mostra simpatie per il movimento zapatista del Chapas e per il Che Gevara, ma entrambe hanno continuato infaticabilmente a perseguire l’obiettivo della ricerca e giustizia per i propri figli scomparsi.

 

Le “Locas” (pazze) della Piazza di Maggio di tutte e due le associazioni hanno sempre e comunque, con tutti i governi, testardamente continuato a chiedere conto e ragione di quanto era successo ai loro figli. Non potevano assecondare la volontà di cancellare identità e storia, come le giunte militari avevano imposto al paese e come alcuni dei governi successivi stavano provando a insinuare per legge.

 

Bisogna arrivare al 2003, all’elezione di Nestor Kirchner a Presidente perché i governanti comincino a riconoscere in modo concreto l’orrore del passato. In lui le Madri e Le Nonne della Piazza di Maggio trovano finalmente un interlocutore attento. Per questo l’associazione di Hebe Bonafini, fino allora critica anche nei confronti di Kirchner, ne prende decisamente le parti (in occasione dei 150 giorni di governo) apprezzandone la posizione in difesa dei diritti umani e la deroga da lui applicata alle leggi assolutorie nei confronti dei militari, fatte dai governi Alfonsine e Menem.

 

La medesima politica sui diritti umani è stata portata avanti da Cristina Fernandez, moglie di Nestor Kirchner, che è stata riconfermata per la seconda volta Presidente dell’Argentina con uno spettacolare 54% dei voti a novembre del 2011.

 

Anche nei suoi confronti le Madres di Hebe Bonafini si sono pronunciate con grande entusiasmo e condivisione anche in occasione della nazionalizzazione della YPF Repsol dello scorso aprile. E la Fernandez ricambia, con il suo fare sempre molto caloroso e familiare, la stima e l’affetto che le Madri le danno con grande convinzione.

 

Infatti, durante il suo discorso in occasione dei 25 anni del periodico Pagina12 al quale era invitata (9), Cristina fa un lungo e bell’excursus della sua storia politica citando parecchie volte le Madri. Nel suo discorso la Kirchner ricorda di quando ancora senatrice, anche con l’appoggio dei giornalisti di Pagina12, votò l’annullamento e l’incostituzionalità delle leggi che regalavano l’impunità ai criminali delle giunte militari.

 

E prosegue rivendicando il recupero del concetto di “patria”, “nazione” proprio come riscatto popolare della democrazia in contrasto con il vissuto dittatoriale precedente. Inscrive questo recupero nell’ambito di un progetto di riparazione di diritti e valori che le “è costato molto caro, in termini personali”, le è costato, dice, l’odio da parte di molti. E a questo punto la Kirchner esprime ammirazione per l’incredibile capacità delle Madri della Piazza di Maggio a perseverare nella loro richiesta di verità e giustizia senza mai ricorrere a forme gridate e, meno ancora, alla richiesta della pena di morte, come ci sarebbe stato da aspettarsi, per i criminali che avevano torturato e fatto sparire i loro figli. Ricorda quindi la celebre frase del marito, Nestor, nella quale lei si riconosce a pieno: “Siamo figli e nipoti delle Nonne e delle Madri della Piazza di Maggio” con evidente riferimento alla rinascita del paese alla democrazia.

 

Sempre durante il suo lungo discorso, la Presidente, si dice emozionata al ricordare come nell’anniversario della patria (il 24 a Bariloche) vedendo il palazzo della YPF finalmente rivestito dei colori bianco celesti della bandiera nazionale, ha sentito di aver fatto qualcosa di veramente grande.

 

Ed effettivamente questo orgoglio è del tutto giustificabile e condivisibile perché si inserisce in un quadro generale in cui l’America Latina sta faticosamente costruendo i suoi spazi di autonomia di Patria Grande a dispetto delle brame, sempre più fameliche e disperate, dell’Impero che, ovviamente, continua ad attaccarsi con le unghie e coi denti ad ogni possibilità di mantenere il controllo delle economie e delle risorse del continente.

 

Pur nelle consistenti differenze che esistono tra le ideologie che informano i governanti dei diversi paesi dell’America Latina, si evidenziano dei tratti comuni che li rendono alleati di un blocco unico contro il potere storicamente consolidato del capitale straniero. È di venerdì scorso (8 giugno) la notizia che quattro paesi dell’ALBA (Bolivia, Ecuador, Nicaragua e Venezuela) sono ufficialmente usciti dal Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR), firmato nel 1947 dopo la seconda guerra mondiale. L’Argentina, pur non facendo parte dell’ALBA, partecipa di fatto alle politiche economiche e comunicazionali che cercano di rendere indipendente il Sud America, e sembra esserci, in particolare con il Venezuela, un feeling che potrebbe portare a risvolti molto interessanti.

 

Infatti, sempre nel succitato discorso per il 25° di Pagina12, Cristina Kirchner ammette che “Il mondo oggi è in ebollizione.” E, con il suo modo di esprimersi a volte molto volutamente casareccio, continua dicendo: “Non so che tipo di mangiare verrà fuori, se la minestra sarà buona o cattiva, ma è in ebollizione a si sta cucinando qualcosa. Non ci sono dubbi che siamo di fronte a un cambiamento di epoca senza precedenti o con i precedenti che abbiamo conosciuto nella storia. Sapere interpretare, decodificare e, fondamentalmente, continuare a rappresentare i grandi interessi, che molte volte sono gli interessi dell’assoluta maggioranza e molte volte anche, come ho detto in altre occasioni, persino gli interessi di chi non è d’accordo per pregiudizi culturali.”

 

Si potrebbe leggere qui proprio un’allusione alle forme concrete di collaborazione che da alcuni mesi sta portando avanti con Hugo Chavez sull’anello di fibra ottica che renderebbe indipendente le comunicazioni internet dell’America Latina dagli Stati Uniti (da dove, incredibilmente, attualmente devono passare). O forse le comunicazioni per mezzo della TV digitale, messe in cantiere lo scorso marzo, sempre in collaborazione con il Venezuela di Chavez.

 

Chissà a quante cose avranno voluto fare riferimento queste parole… e altre che non ha potuto pronunciare in quel contesto perché riferite a decisioni che solo alcuni giorni dopo sarebbero diventate ufficiali, come, ad esempio, la cancellazione di accordi fatti dal governatore del Chaco con il Comando Sur dell’Esercito degli Stati Uniti per l’istallazione di una base la copertura (ormai inflazionata) di centro di aiuti umanitari per far fronte a catastrofi naturali o epidemie. (10) (11)

La base doveva essere inaugurata a fine maggio, ma Cristina, su incentivo della popolazione del Chaco, che si è ribellata, ha rovinato la festa al governatore della regione Jorge Capitanich, e gli ha tirato le orecchie perché quell’accordo andava assolutamente contro la posizione assunta dall’Argentina nel Mercato Comune del Sud (Mercosur), nell’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) e nella Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), blocchi regionali che escludono gli Stati Uniti.

 

È vero che tante cose stanno accadendo ed altre devono accadere e quindi è tutto “in ebollizione”. E’ però cosa certa che Cristina Fernandez de Kirchner, in questa fase della sua presidenza, ha la chiara percezione di vivere, insieme agli altri dell’area, un momento molto particolare e impegnativo e sta dando il giusto valore alle alleanze economiche e di collaborazione con gli altri paesi della stessa area, anche, come dice lei, ”accettando la differenza”, che non è la tolleranza, perché, continua “A me la parola ‘tolleranza’ non piace, mi suona tipo ‘ti sopporto perché non posso fare diversamente’. Capito? Accettare che ci sono differenze, che pensano in modo diverso e che questo non li cambia in nemici, ma in qualcosa di buono che arricchisce pure noi” .

Note e fonti:

(1) La Escuela de las Americas, nata nel 1946 durante il clima della guerra fredda, nel 1950 è stata rinominata Scuola Caraibica dell’Esercito degli Stati Uniti (United States Army Caribbean School) e, nel 2001, è stata ribattezzata “Istituto dell’Emisfero Occidentale per la Cooperazione alla Sicurezza”. Le sue funzioni di addestramento alla repressione sociale e politica, che includono pratiche più o meno raffinate di tortura, sono però rimasta intatte nel tempo, a dispetto del cambiamento di denominazione e delle dichiarazioni d’intenti.

(2) Mentre scriviamo ci rendiamo conto che le stesse parole potremmo usare oggi per il processo in atto nell’Unione Europea. Sembra di parlare della colonizzazione tedesca della Grecia e dell’Europa dell’Est invece che di Stati Uniti, Argentina, Cile ecc. Naturalmente le modalità di esecuzione sono diverse, è fuor di dubbio, ma l’intento è fin troppo evidentemente sovrapponibile.

(3) Bernardo Leighton: ex vicepresidente del Cile durante il Governo di Salvador Allende.

(4) si sa che la cultura è pericolosa perché apre gli occhi e loro gli occhi della gente li volevano ben chiusi

(5) Allende stava operando una riforma agraria con la quale restituiva ai Mapuche le terre loro sottratte dai ricchi latifondisti che ora si vendicano operando speciali persecuzioni nei confronti dei contadini indigeni dopo il golpe.

(6) Nel 2006 cominciano di nuovo le manifestazioni e le espressioni di protesta. Si tratta della “Revolucion Pinguina” cioè dei liceali, che sono gli stessi che dal 2011 stanno portando avanti una opposizione molto determinata al sistema neoliberista, oltre che al governo, oggi più che mai insieme a tante altre realtà sociali del paese.

(7) Questi voli facevano parte dell’Operazione Condor sia dell’Argentina che del Cile perché c’era un vero e proprio coordinamento delle operazioni a livello continentale.

(8) per avere un quadro abbastanza chiaro della situazione è consigliabile leggere un articolo comparso su Contropiano online alla fine del 2011: https://www.contropiano.org/it/esteri/item/5595-argentina-il-collasso-e-la-rinascita

(9) Pagina12 è un periodico argentino molto attento alle questioni legate ai diritti umani.

(10) E’ utile sapere che il Chaco è una delle zone più fertili dell’America Latina, molto ambita perciò in questa fase in cui le potenze mondiali cercano spazi e risorse anche alimentari. Ci riesce difficile invece immaginarla come zona soggetta a tali catastrofi naturali da necessitare un apposito comando in loco…

(11) Questa politica di “intrufolamento” degli USA che cercano di passare attraverso le autonomie delle regioni dei singoli stati nazionali, è in piena applicazione proprio in questo momento in Bolivia nella Regione del TIPNIS dove, con la scusa del rispetto delle popolazioni locali, stanno cercando di far passare la possibilità che il governo regionale sfrutti e negozi le proprie risorse anche con stati stranieri senza rendere conto al governo centrale, che deve invece gestire le risorse a beneficio di tutti, anche delle zone meno ricche del paese.

 

http://www.pagina12.com.ar/diario/especiales/18-195322-2012-05-31.html

http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/notte_argentina.htm

http://www.aporrea.org/actualidad/n12761.htm

http://www.proceso.com.mx/?p=309423

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