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Caterina Marini, la voce dell’inconsistenza

Un paese che ha smesso di pensare e si avvia al disastro si vede da tante cose. Ne prendiamo una qualsiasi, apparsa sui giornali di recente. Caterina Marini, ex portavoce del segretario del Pd di Prato, Ilaria Bugetti – considerata attualmente una “renziana di ferro” – qualche giorno fa ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un post dove si lascia andare ad un durissimo sfogo dopo un furto subito da sua sorella. Questo il post: “La telefonata di mia sorella mi ha lasciato senza parole: mentre andava in camera si è trovata faccia a faccia in casa con un ladro…. Che città di merda è questa… Extracomunitari ladri stronzi dovete morire subito”.

Scandalo, strepiti, richieste di dimissioni, ecc. Tutto giusto, per carità; ci mancherebbe pure dover sopportare pubbliche lezioni di democrazia da un Borghezio al femminile, anche se giovane e “democratica”. Al massimo potremmo aggiungere che, nella vicenda, la giovane promessa piddina mostra – oltre la condivisione di un frasario da “destra populista” – una straordinaria incapacità di distinguere tra eventi privati sicuramente spiacevoli e “spiegazione” generale dei fenomeni. Un furto è un furto. Avvenivano quando tutti gli abitanti questo disgraziato paese erano solo “italiani” da infinite generazioni; avvengono ora che siamo un po’ più multinazionali e multicolorati. Anche nei numeri i furti sono tutto sommato stabii; le variazioni in alto e in basso riflettono la congiuntura economica (quando c’è crisi e disoccupazione aumentano, ma guarda un po’…), non la composizione etnica della popolazione. Ed è “naturale” che i furti siano compiuti soprattutto da chi staziona a lungo nelle fasce più basse di reddito; immigrati da poco tempo senza lavoro, pensionati “indigeni” al supermercato, ragazzi “neet”, ecc. Nelle fasce alte i furti si chiamano in altro modo: plusvalenze, profitti, benefit, storni, e aggiungete voi.
Possiamo fare un facile previsione: a forza di tagliare spesa pubblica, welfare, sanità, pensioni, ammortizzatori sociali, aumenteranno di sicuro. Vedremo più “indigeni” andare in carcere per furto, così come già ora aumentano tra gli occupanti di case.

Ma non divaghiamo nella sociologia.

Nessuno, ma proprio nessuno, tra gli opinionisti professionali o improvvisati, ha còlto il dato vero dell’”infortunio” pratese; quelle frasi su un banale post sbriciolano alcuni dei più inossidabili luoghi comuni del tempo presente. Li elenchiamo in bell’ordine:

– un giovane in politica è sicuramente migliore di un vecchio;
– una donna in politica farà sicuramente meglio di un uomo;
– un funzionario del Pd garantisce i valori costituzionali meglio di un berlusconiano o un leghista.

I luoghi comuni sono pregiudizi che è impossibile smontare con le parole. Solo gli esempi concreti possono distruggerli. Dev’essere per questo che “nessuno, tra gli opinionisti professionali o improvvisati” si è azzardato a farlo. In fondo, l’opinionista costruisce il suo mestiere sui luoghi comuni. Non è nel suo interesse farli cadere, se non dopo che sono già crollati e sostituiti da altri.

Davvero si può sensatamente sostenere che un giovane, solo in virtù dell’anagrafe e della reattività cerebro-motoria, può fare qualsiasi cosa meglio di un “anziano” (definizione statisticamente soggetta a variazioni anche molto ampie, ormai, viste le “riforme” che hanno innalzato di almeno un decennio l’età lavorativa media)?

Il saggio risponderebbe “dipende”. Se c’è da fare un lavoro principalmente fisico, ovvero spremere energia in una certa unità di tempo, è certamente vero. Sopra i 30 anni è difficile restare sportivi di livello agonistico; sopra i 40 è impossibile o quasi (equitazione e velocità pura sono sport molto diversi, no?). Anche il facchinaggio o il lavoro alla catena di montaggio richiedono di preferenza un fisico sano e “fresco”. Provare per credere.

Per tutte le altre attività, politica compresa, dipende dal grado di preparazione specifica posseduta. I giovani avvocati, medici, architetti, ecc, sono bravissimi nel telefilm; nella pratica quotidiana un po’ meno. Perché oltre alla preparazione teorica conta un elemento chiamato esperienza. Solo affrontando prove impegnative si può verificare se un qualsiasi individuo è davvero capace di fare al meglio una determinata attività. Sarà un caso, ma i padroni del mondo – gli amministratori delegati di banche sistemiche e gruppi multinazionali – raramente hanno meno di 50 anni; la maggioranza assoluta ha superato i 60 e quasi nessuno sta sotto i 40. Le eccezioni ci sono sempre, ma come si dice “confermano la regola”. E i padroni del mondo sono degli stronzi bastardi sfruttatori perché sono i padroni del mondo, non perché sono “anziani”. E stanno in quel posto perché sono “i più bravi” in quel mestiere da sterminatori; ci sono arrivati schiacciando altri come loro, non perché sono stati “raccomandati” da qualcuno, né per qualche “diritto obsoleto”. Nel suo piccolo, qualche giovane di belle speranze (come quello passato alla storia minore di questo paese per la frase “laurearsi a 28 anni è da sfigati”), ha dato ampia conferma di come l’abilità sia frutto di un lungo percorso; all’inizio si fanno tanti errori, chiamati gentilmente “gaffe”.

Idem per il genere femminile. Le donne in genere – ovvero nella media considerando il totale – sono decisamente migliori degli uomini in molti aspetti, a cominciare da quelli relazionali. Le pensatrici femministe hanno indagato a fondo e prodotto una quantità di materiale di grande interesse. Ma, appunto, non è affatto detto che una singola donna sia certamente migliore di un qualsiasi maschio. L’esercizio del potere – economico o politico – è poi un’attività pericolosa in sé, in grado di “storcere” il migliore dei tronchi.

Sul Pd, infine, non c’è bisogno di aggiungere nulla. Chi sta progettando insieme ai berlusconiani la revisione della Costituzione nata dalla Resistenza per scriverne una più consona ai “consigli” di JpMorgan e simili, non merita altro che disprezzo perenne.

A conti fatti, dovremmo quasi ringraziare Caterina Marini per aver mostrato con tanta chiarezza quanta materia maleodorante sia nascosta sotto il “buonsenso comune”.

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