Nell’assemblea regionale della Lista Tsipras di ieri sera, ancora una volta, non emerge con chiarezza l’intenzione di fare di questa lista una reale alternativa al PD.
SEL aderisce all’appello ma pone la sua discriminante: una sinistra di governo che mantenga aperto il confronto col PD. Sul tema del confronto e dellalternativa si è così aperta una pletora di ragionamenti sofistici, tipo: proprio perché alternativi non dobbiamo temere il confronto. E infatti alla fine, come tradizione vuole, in stile “concluderà il compagno…”, hanno acclamato con un applauso l’appello e non hanno votato ciò che da più parti molti aderenti chiedevano: l’essere lista di sinistra alternativa al PD.
Qualche “sinistro” trovava inconcepibile persin votare una cosa come questa, che doveva essere chiara, sin dalle europee. Si è deciso di non decidere per lasciare agibilità politica a SEL. E su questa ambiguità si va a chiedere la sottoscrizione. Anche le regole, poi non sono state votate.
Si parla tanto del populismo del M5S, ma poi gli elementi di democrazia di base al momento delle scelte diventano scarsi, anzi nulli.
Da registrare anche il grande rientro del PCdI, dopo le dichiarazioni dei giorni precedenti nel voler allearsi col PD in queste regionali.
Quello che manca a questa sinistra, che non ha neppure il coraggio di inserire la parola “sinistra” nei suoi documenti, è proprio la coerenza.
Nel paese, in regione, manca un punto di riferimento di classe, che stia dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori, ne sia rappresentanza politica. Ma oltre a questo, manca una forza politica che individui l’avversario contro cui competere. Nell’era Renzi, ancor più di prima, il PD è il partito di regime che domina la scena politica, il partito del massacro sociale, delle privatizzazioni, è il partito della Troika, della guerra della NATO come vediamo in questi giorni. È il partito dello stravolgimento costituzionale della democrazia italiana, di governi del presidente, non eletti da alcun cittadino, che stravolgono la Costituzione, che fanno “i compiti a casa” per la Morgan Stanley: i poteri finanziari internazionali e le tecnocrazie dell’Unione Europea.
Non si può parlare di precarietà, diritto alla salute, di scuola pubblica, di pace, senza individuare nel PD la forza avversa, perché quella che ha altissime probabilità di vincere le elezioni regionali.
Ci si ripara dietro masturbazioni come il “confronto”. O ci si confronta o ci si scontra. Presentare il proprio programma a un altro soggetto politico per discuterlo è confronto e quest’ultimo è un interlocutore. E fare questo, significa tenere aperta la porta al PD come desidera SEL, che è la gamba sinistra di questo partito. E su questo guazzabuglio del tutto e del contrario di tutto, manca la dialettica politica. Su questo hanno giocato i promotori.
Con questa lista, vediamo dunque una sinistra neoistituzionale divisa, spaccata, Rifondazione Comunista in primo luogo, che non riesce ad avere alcun ruolo propulsivo, tra grassiani in fuga verso SEL, un centro ferreriano “morbido” e una sinistra ingessata in un abito stretto, con scarse possibilità di manovra nel suo contesto, per rompere con questa politica ambigua.
Per questo è una lista che non andrà lontano. Si porterà appresso tutte le contraddizioni che avevamo già potuto vedere alla europee. Ma non solo per questo.
I soli riferimenti di questi promotori di lista sono i generici cittadini, i comitati civici e non meglio definbili “movimenti”.
Mancano i soggetti reali del conflitto sociale, non un accenno alle lotte della logistica, alle occupazioni che stanno scuotendo la regione, alle vertenze del sindacalismo di lotta. Il blocco sociale antagonista non esiste. E non esiste la volontà di individuare un percorso di lotta che accomuni le più diverse soggettività dell’antagonismo sociale.
E questo aspetto è il peggiore. Perché la costruzione del soggetto antagonista passa dalle lotte di massa, da questi movimenti che esprinìmone reale alterità al governo, al sistema PD e delle coop, alle aggressioni dell’imperialismo USA e NATO ai popoli e ai paesi che non sono allineati al suo sistema di dominio internazionale.
Le elezioni potrebbero essere un’opportunità, non l’epicentro dell’agire politico di una forza che punta a costruire un’alternativa nel paese, diciamola col suo nome: una rivoluzione sociale.
Ma su queste basi non sono neppure questo.
* Ross@ Bologna
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