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D’Alema (Pd): “continueremo come Monti”

La frase chiave dell’intervista al Corriere della sera è: «L’agenda Monti è un punto di partenza irrinunciabile. Non arretreremo sul rigore, non intendiamo smontare le riforme. Detto questo noi abbiamo una nostra agenda che va dal lavoro alla giustizia sociale e alla riduzione delle disuguaglianze».
E per chiarire ancora meglio chi siano i punti di riferimento cui il Pd guarda:
Monti ci ha dato la possibilità di tornare ad avere una voce in Europa. Ma ricordo che noi in passato abbiamo governato con Ciampi, Prodi e Padoa-Schioppa. In Europa lo sanno».
La domanda semplice semplice diventa: chi può mai dire che alleandosi col Pd per il governo si pone l’obiettivo di migliorare la condizione del mondo del lavoro e della gente?

D’ Alema : «Agenda Monti ora irrinunciabile
Renzi? Sostenuto da chi non ci vuole al governo»

«Basta campagne contro i dirigenti Pd. Solo alleanze per governare: uniti a Sel e l’esecutivo nascerà con i moderati»ROMA – Massimo D’Alema non è tranquillo. Anzi, è decisamente inquieto. Per la crisi, che deve essere «la prima preoccupazione di tutti», governo e partiti. Ma anche per il «degrado» del dibattito politico che ruota «attorno alle persone e non alle idee» e che è il terreno fertile per lo sviluppo di fenomeni di antipolitica come il grillismo. «È un dovere fare presto la legge elettorale e poi andare alle urne, in tempi ragionevoli, in modo che si evitino pericolosi vuoti istituzionali». E quindi, al massimo a metà marzo, in modo che «non ci si trovi nella situazione in cui manchi un governo ed un presidente della Repubblica nella pienezza dei suoi poteri». Cioè, con Napolitano a nominare il nuovo esecutivo. Nel suo ufficio di presidente del Copasir, ai piani alti di Palazzo San Macuto, D’Alema sta preparando un incontro con l’ambasciatore armeno per parlare del Nagorno-Karabakh. Ma lo assillano i titoli dei giornali che sono sul suo tavolo, con le prime pagine che insistono su un’altra guerra, piuttosto nostrana, quella delle primarie. Parlano quasi tutte di Matteo Renzi. E lui non riesce a digerirlo. Non la candidatura in sé, ma la campagna già lanciata dal sindaco di Firenze, che «appare essere rivolta non alla costruzione di una prospettiva di governo, ma esclusivamente contro il gruppo dirigente del Pd e tutti i potenziali alleati di governo del centrosinistra».

Intanto però non si fa che parlare di Matteo Renzi, fuori e dentro il Pd.
«Registro con amarezza che sembra essere sostenuto soprattutto da quelli che il Pd al governo non lo vogliono, a partire dalle personalità politiche e dai giornali che fanno riferimento al centrodestra. Tutto questo dovrebbe preoccupare Renzi, anche perché non credo che fosse il suo progetto».

C’è chi, come Rosy Bindi, mette in dubbio lo svolgimento delle primarie.
«Non mi sembra ci siano preoccupazioni di questo tipo. Mentre invece mi chiedo che fine abbiano fatto le primarie del Pdl. L’errore è che la sfida è partita senza parlare dei problemi del Paese. La situazione sociale ed economica è drammatica. Tante persone si interrogano sul futuro loro e dei propri figli e invece si assiste ad uno scontro tutto interno al ceto politico. C’è una curiosa distorsione del dibattito sul rinnovamento. Mentre Berlusconi si ricandida, sembra che questo passi per la cacciata dal Parlamento dell’intero gruppo dirigente del centrosinistra».

Ma non esiste comunque un problema generazionale?
«Certo che esiste, tanto è vero che la segreteria di questo partito è affidata ad una nuova generazione e intendiamo proseguire su questa strada».

Il potere reale, dicono, resta nelle mani dei vecchi dirigenti.
«Non è vero nel modo più assoluto. Ci sono, come è naturale, esponenti che per la loro storia hanno un peso nella vita politica e nel rapporto con l’opinione publica. Ma questo dovrebbe essere considerato una risorsa. E comunque non è un problema che si possa affrontare con misure di carattere amministrativo o disciplinare. Anche noi quando eravamo giovani, ci siamo misurati con una classe dirigente autorevole. Abbiamo discusso, non abbiamo pensato di stabilire per regolamento che doveva essere cacciata».

È più vicino Renzi o Bersani all’agenda Monti?
«Monti è diventato presidente del Consiglio grazie ad una scelta generosa e responsabile di Bersani che ha rinunciato alle elezioni e ha privilegiato gli interessi del Paese. Monti può governare grazie al sostegno di Bersani e del nostro partito. Cosa proponga Renzi nei contenuti ancora non l’ho capito».

Lei lo ha giudicato non in grado di fare il presidente del Consiglio. In questo modo non lo delegittima anche come sindaco?
«Ho detto che per governare il Paese in un momento così difficile e unire il Pd e il centrosinistra la persona più adatta è Pier Luigi Bersani. Non mi pare che ci sia nulla di offensivo nei confronti di Renzi. E non capisco cosa c’entri il Comune di Firenze. Ci sono tanti bravi sindaci che in questo momento non sarebbero adatti a fare il presidente del Consiglio».

Ma con che regole vanno fatte le primarie?
«Spetterà ad altri definirle. L’importante è avere regole che impediscano manipolazioni e inquinamenti, come negli Stati Uniti dove esiste l’albo degli elettori. Albo a cui tutti possono iscriversi e quindi sono primarie aperte a tutti».

Si riuscirà a fare la riforma elettorale?
«Si tratta di un dovere. Il miglior sistema è il collegio uninominale. Il sistema tedesco lo comprende. Va senz’altro accompagnato da circoscrizioni piccole e una correzione maggioritaria che sia l’effetto combinato di uno sbarramento e di un significativo premio di maggioranza».

Al partito o alla coalizione?
«Noi proponiamo alla coalizione. Poi si vedrà, stanno trattando».

Ma le alleanze vanno fatte prima o dopo il voto?
«In tutto il mondo si fanno dopo. Prendiamo l’esempio della Gran Bretagna: Cameron ha chiesto il voto per il suo partito, poi non avendo l’autosufficienza ha fatto un’alleanza con i liberali di Clegg. In ogni caso il Pd ha già detto con chiarezza con chi si vuole alleare. Il vero problema non è quando si dichiarano le alleanze, ma se esse funzionano ai fini del governo. Abbiamo sperimentato per venti anni alleanze che poi non sono state in grado di governare. Dovremmo aver capito la lezione».

Dichiarerete la vostra alleanza con l’Udc prima del voto?
«Lo abbiamo già detto. Bersani ha spiegato che vogliamo l’unità dei progressisti con Sel ma riteniamo che il governo debba nascere dall’alleanza con i moderati».

La campagna per i diritti civili portata avanti da Vendola, come il matrimonio gay, non rischia di diventare tema di campagna elettorale?
«Certamente sarà un tema della campagna elettorale e credo che il Paese debba fare un passo avanti sul tema dei diritti civili. Tuttavia penso che la crisi economica e sociale imporrà altre priorità. Il problema è non fare di questi argomenti una discriminante ai fini della costituzione di una maggioranza di governo. Sono temi che dividono trasversalmente le forze politiche e sui quali deve svilupparsi un confronto libero. Non dimentichiamo che la legge sul divorzio e la 194 sull’aborto furono ottenute con il voto contrario del maggior partito di governo, la Dc».

Lei è favorevole?
«Io personalmente non ho nulla in contrario, ma penso che se si vuole trovare una soluzione condivisa non si può non tener conto, nel nostro Paese, anche della sensibilità del mondo cattolico».

All’estero si guarda con preoccupazione al dopo Monti. Ci vorrebbe un Monti bis?
«L’agenda Monti è un punto di partenza irrinunciabile. Non arretreremo sul rigore, non intendiamo smontare le riforme. Detto questo noi abbiamo una nostra agenda che va dal lavoro alla giustizia sociale e alla riduzione delle disuguaglianze. Monti ci ha dato la possibilità di tornare ad avere una voce in Europa. Ma ricordo che noi in passato abbiamo governato con Ciampi, Prodi e Padoa-Schioppa. In Europa lo sanno».

Esistono patti segreti nel centrosinistra per spartirsi le cariche dopo il voto?
«È una sciocchezza. I ministri li nomina il Capo dello Stato».

Monti o Prodi al Quirinale?
«La scelta non è nelle disponibilità di un partito. E poi non conosco nessuno che sia stato proposto da un solo partito e poi eletto».

Riferimento autobiografico?

«Come è noto anch’io sono stato candidato, ma non venni eletto perché il centrodestra giudicò la mia scelta troppo politica. Io ne presi atto e presentammo la candidatura di Napolitano con senso di responsabilità, facendo, come si è visto, cosa utile e positiva per il nostro Paese».

È favorevole ad una legge che regoli la pubblicazione delle intercettazioni?
«A suo tempo il governo Prodi presentò un ddl sulla materia. Se lo avessimo approvato saremmo al riparo da certi abusi. Oggi la priorità è la legge contro la corruzione. E non è che abbiamo infiniti mesi di fronte a noi, dato che c’è la riforma elettorale e ci sono i provvedimenti sulla crescita. Bisogna andare alle elezioni in tempi ragionevoli: se dovessimo eleggere il Presidente prima del nuovo governo si creerebbe un vuoto di potere troppo lungo».

È stata ironica la recensione al libro di Veltroni, come sostengono alcuni?
«La verità è che ho letto il libro e mi è piaciuto. Con Veltroni ho avuto, ho e avrò tanti motivi di dissenso politico, ma non ho mai avuto ragioni di rissa personale. Un giorno ti può piacere un romanzo, un altro si può discutere sulle primarie…È la normalità della vita. E della vita politica».

Roberto Zuccolini

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