Per la mattina di sabato 8 novembre, il leghista Salvini ha annunciato la sua presenza, scortato da Casa Pound, nell’area abitata dalla comunità sinti in via Erbosa, nella prima periferia nord di Bologna. Tale attacco è stato preceduto da dichiarazioni pregne di xenofobia e razzismo, oltre che dall’ignobile ed offensivo gesto di invasione dell’area da parte della consigliera Borgonzoni. L’accordo di queste due forze politiche razziste e reazionarie si rinsalda quindi ulteriormente dopo la manifestazione del 18 ottobre a Milano, la quale ha dimostrato una rinnovata capacità di mobilitazione di piazza da parte di questi soggetti.
La campagna Noi Restiamo porterà il suo sostegno umano e politico in via Erbosa, assieme ai tanti compagni e alle tante compagne che hanno intenzione di costruire un’opposizione chiara alla provocazione di fascisti e xenofobi. I quali, nei quartieri popolari come la Bolognina, cercano di allargare il proprio bacino elettorale e di militanza, ottenendo un preoccupante e pericoloso aumento del consenso, anche grazie alla sponda mediatica del principale quotidiano locale. Questi dati di partecipazione sono infatti da tempo un campanello d’allarme, che travalica i risultati delle ultime elezioni, quando in molti dichiaravano ormai conclusa l’ascesa della Lega Nord. Questa è ormai decisa a candidarsi come partito nazionalista sull’esempio del Front National della Le Pen in Francia.
La dinamica messa in piedi negli ultimi tempi dalla Lega, si alimenta di una ritrovata linfa grazie al discorso politico conservatore e antipopolare legittimato definitivamente dal governo Renzi e dall’attacco frontale che dal suo Pd viene condotto ormai spudoratamente contro i soggetti deboli di questa società e contro ogni forza organizzata che a suo modo tenti di frenarne l’onda d’urto. Enormi spazi si stanno aprendo a destra in conseguenza dell’operato della classe dirigente, e della sua rappresentazione politica, che attualmente controlla il paese. Da un lato, le forme e i modi agiti da questa forza politica che si candida ad essere Partito della Nazione, custode del “patto tra produttori”, sdoganano un vocabolario denso di contenuti reazionari, come preoccupantemente riconfermato dall’orazione che il primo ministro e il presidente della Confindustria hanno tessuto di un’inquietante retorica in una recente occasione pubblica a Brescia. Dall’altro lato, questo stesso vocabolario viene allora fieramente rivendicato da soggetti dichiaratamente fascisti, i quali ne fanno strumento per raccogliere consenso proprio tra coloro che vengono esclusi dai nuovi processi di accumulazione di ricchezza dentro la crisi che si fa sistema nel contesto della competizione globale. A questo punto diventa facile per l’estrema destra rilanciare l’accusa di “tradimento della patria e del suo popolo” proprio contro quello stesso governo che ha rilanciato queste categorie per dichiararsene difensore. I processi produttivi sono molto più concentrati, aggressivi e meno includenti di quanto le società europee non si siano abituate a vedere durante l’epoca d’oro del fordismo keynesiano e dei suoi lunghi strascichi. Pertanto, vecchi e nuovi fascisti, i quali oggi sono consapevoli delle difficoltà e delle lentezze che incontra il tentativo (assunto in Italia dal Pd) di rinsaldare gli interessi di una classe imprenditoriale di livello continentale, trovano terreno fertile per sferrare il loro attacco.
Salvini, di fronte a una destra istituzionale impantanata nel tentativo di reinventarsi un ruolo oltre le larghe intese, nelle quali il Pd copre uno spazio sempre maggiore anche da solo, da tempo ormai sta spogliando il suo partito della facciata di presentabilità che si era dovuto dare quando concorreva alle formazioni di governo. Sfodera così un nuovo slancio nella gestione del malumore diffuso in ampi strati di società, catalizzando intorno a sé le forze dichiaratamente fasciste, le proteste forcaiole e l’attenzione della destra populista attualmente indebolita, proponendo un’alleanza sociale e politica che risulterebbe fatale qualora dovesse dispiegare le sue reali possibilità nell’attuale contesto della crisi.
Al momento Bologna è già stato laboratorio quantomeno elettorale di questo tentativo. Esso deve essere prontamente rigettato da quella stessa composizione ampia di forze antifasciste, di lotte dei lavoratori, dei precari e dei migranti che hanno dato vita in queste settimane a momenti importanti in città così come in occasione della mobilitazione antifascista del 25 ottobre a Verona, il cui sindaco leghista e in odor di fascismo presenzierà giovedì 13 proprio in Palazzo d’Accursio ad un’assemblea convocata sui temi cari a questi soggetti.
Non aver paura di sporcarsi le mani affrontando i nodi politici della contemporaneità, riconoscere il ruolo dell’Unione Europea e dei suoi governi come soggetti politicamente caratterizzati per attaccare le fasce più deboli della società, costruire un’ipotesi credibile per uscire a sinistra da questa crisi che non vede la fine. E’ questo l’unico modo per contrastare realmente l’irresistibile ascesa che la propaganda reazionaria di vecchi e nuovi fascismi sta avendo anche tra settori di classe sempre più impauriti e lasciati a se stessi.
Noi Restiamo – Bologna
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