«Perché qui a Napoli non funziona un cazzo! Non è che dice: “Sai, a Napoli funziona tutto e poi c’è anche il calcio”. No, a Napoli c’è solo il calcio! E allora ringraziate!». (Aurelio De Laurentiis, 26 gennaio 2012).
Aurelio De Laurentiis si è sfogato a Madrid dopo la partita di Champions League. Il presidente del Napoli ha detto che è mancata la “cazzimma”, che non capiva alcune scelte di formazione e che Sarri avrebbe dovuto trovare alternative tra i tanti giocatori acquistati in estate ma poco utilizzati. In realtà al Napoli non solo è mancata la personalità, ma in primo luogo sono mancati i valori. Per vincere bisogna essere più bravi dell’altro e Diawara non vale (ancora) Casemiro, Hamsik non vale Modric, Mertens non vale quantoCristiano Ronaldo. E queste non sono colpe di Sarri, semplicemente non sono colpe.
Il Napoli ha la storia che ha, il pubblico, gli incassi e il brand che ha, il Real Madrid è di un’altra galassia. De Laurentiis ha voluto urlare con la cupidigia di un bambino geloso del suo giocattolo, un giocattolo con cui Sarri ha dimostrato di saper essere più bravo, prendendosi gli applausi. E il presidente ha fatto la figura di chi non aspettava altro che una sconfitta (la reazione di Reina conferma) pur di appuntarsi qualche medaglia: “Io al suo posto….”. I giornalisti più miti (o più schierati?) parlano di una tattica presidenziale. “In questo modo – sostengono – De Laurentiis ha voluto attirare su di sé le attenzioni per non destabilizzare lo spogliatoio”. Spogliatoio che, però, non era per nulla allo sbando, e non certo per merito di De Laurentiis, che intanto è volato a Los Angeles per i suoi affari cinematografici.
Divorzio fra Daniele Ciprì e Franco Maresco e il produttore Aurelio De Laurentiis: con una lettera aperta assai polemica, senza tanti eufemismi, gli autori di Cinico Tv accusano il produttore del loro primo lungometraggio di pensare “esclusivamente al profitto”, di avere “la sensibilità di un macellaio”, di impedire “lo sviluppo di idee non conformate alla logica del puro profitto”, offrendo un “contributo sostanzioso” alla mediocrità imperante. […] Ciprì e Maresco chiedono a De Laurentiis perché abbia voluto firmare un contratto con loro. La prima ipotesi, scrivono, “è che tu lo abbia fatto senza conoscere davvero i nostri lavori”, affascinato solo dai “peti, rutti, parolacce, che hai preteso di apprezzare scorporandoli dal contesto generale”. L’ altra ipotesi, è quella di voler comprare due autori “per produrre opere addomesticate”. (la repubblica, 1 dicembre 1996).
La gestione societaria va avanti, per inerzia, tra i proclami. Si è passati dai “piani quinquennali” della serie C agli annunci di nuovi stadi a Bagnoli, Gianturco, Cercola. Si è passati dalla “superlega” europea a “non avete mai vinto nulla in questa città”. Dalla fuga in motorino uscendo dagli uffici della Lega alle parole grosse contro i giornalisti, dalla smentita ufficiale all’ufficiale conferma della cessione di Higuain in soli due giorni, dalla maschera messa a Inler su una nave da crociera, a Walter Veltroni sull’aereo per Madrid. In mezzo si segnala qualche risultato di prestigio, eppure non si ricorda una stagione vissuta da protagonisti fino alla fine. Mai c’è stata la concreta possibilità di vincere lo scudetto in un lustro in cui una squadra sola gioca per il titolo.
L’incontinenza verbale ha prodotto parodie e antipatie: l’immagine della società è grottesca, solamente le partite e il lavoro sul campo cancellano di volta in volta l’approssimazione e la puerilità dei dirigenti. De Laurentiis ha portato attori, registi, politici nell’aereo della squadra. Ha voluto Maradona a Madrid, fin nello spogliatoio, per farne carne da macello mediatico. Ha delegittimato il proprio allenatore prima della partita dichiarando di pensare a Ibrahimovic (?) sulla panchina del Napoli. Il primo e l’unico a mostrarsi inadeguato ai palcoscenici internazionali è stato lui, che elettrizzato dal clima non ha capito più nulla. E il figlio Edoardo, vicepresidente, è della stessa pasta. Prima della partita ha dichiarato: «Spacchiamo la faccia a tutti. Li sbraniamo».
Gli si dà atto di aver pescato Quagliarella, Lavezzi, Cavani, Higuain dopo Cavani, Milik dopo Higuain. Ma pochi si chiedono perché sistematicamente questi campioni, dopo tre anni, decidano di lasciare, eccezion fatta per Hamsik. L’uomo solo al comando evidentemente non ispira fiducia. Higuain è scappato da Napoli perché sicuro di vincere a Torino, e i fatti al momento gli danno ragione. E questa è una precisa scelta della società, che non è parte passiva nella transazione, anzi: a inventarsi la clausola rescissoria è stato proprio De Laurentiis. In questo modo gli è parso di blindare un calciatore a cui aveva appena dato un prezzo, neanche troppo eccessivo per i parametri odierni. E se il Napoli fa fulmini e saette ma a una distanza dalla Juventus che pare incolmabile già da un paio di mesi, è perché Sarri ha dovuto sopperire all’infortunio di Milik con Gabbiadini, salvo poi ripiegare su Mertens, scelta che da dicembre in poi ha portato ottimi risultati.
I tanti punti perduti tra ottobre e novembre sono i frutti mancati di una campagna acquisti scintillante ma ancora una volta monca. Emblematico lo scontro diretto in trasferta del 29 ottobre: la Juventus ha schierato Higuain e Mandzukic, il Napoli non aveva Milik né Gabbiadini. L’acquisto di Pavoletti a gennaio è la pezza peggiore del buco, quando ormai Mertens è capace di tutto e Milik prossimo al rientro. L’ex Genoa potrà essere anche funzionale in futuro, ma sarebbe stato molto più utile un centravanti svincolato da schierare a ottobre. Le logiche di bilancio hanno però suggerito di attendere la cessione di Gabbiadini per mettere mano al portafogli, ormai fuori tempo massimo.
Nei rapporti con la stampa De Laurentiis offre tutto se stesso. Dalla confidenza con le telecamere deriva l’epiteto più comune tra i tifosi, quello di “buffone”. Il presidente, dicono i giornalisti, “dà i titoli”, non c’è bisogno di stimolarlo. La squadra invece resta un mondo impenetrabile: per i cronisti non ci sono allenamenti da visionare né indicazioni da trarre. Le conferenze sono indette e annullate, gli accrediti discrezionali, i silenzi stampa la consuetudine. Si apre e si chiude bottega se lo decide il presidente. Durante i ritiri estivi solo una pay-tv ha l’esclusiva, le altre testate aspettano i pochi appuntamenti ufficiali, che spesso vengono disattesi. Intanto l’ufficio stampa è costretto a seguire gli svarioni del patron, così come risulta evidente dalla goffaggine con cui il capo della comunicazione Lombardo ha dovuto parare i colpi dei giornalisti nella conferenza dopo la partita di Madrid. Lombardo ha provato in tutti i modi a stravolgere il senso delle dichiarazioni del presidente, riportate dai cronisti, pur di far arrivare a Sarri domande edulcorate. La sceneggiata, già triste di per sé, ha comunque consegnato ai giornali la reazione dell’allenatore del Napoli, che evidentemente quelle parole le aveva lette o sentite. Il silenzio stampa indetto da De Laurentiis dopo questa magra figura è il degno epilogo di questa vicenda. L’uomo di potere non sa più gestirsi e arriva a combattere se stesso, come in una novella di Buzzati.
Se il liturgico “Ferlaino vattene” arrivò dopo decenni di presidenza, in una fase di declino societario e sportivo, De Laurentiis ha saputo inimicarsi larghe fette di tifoseria nonostante i traguardi raggiunti, già nei primi anni di gestione. Striscioni di contestazione risaltano ogni domenica al San Paolo, in città e a Castelvolturno. Il divario con Sarri, assurto a idolo incontrastato anche delle curve, solitamente restie ad attribuire meriti individuali, è netto. “È il Napoli di Sarri”, si dice, e non quello di De Laurentiis, e questa è una cosa che al presidente del Napoli non va giù.
A questa squadra serve fiducia, quella che tutti i tifosi e la maggior parte degli opinionisti stanno dando. L’unico a procedere in direzione contraria sembra proprio il presidente. Sarebbe il caso di farsi affiancare da uomini di campo nella gestione societaria, di togliersi questa maschera e cominciare a vivere e amare questa squadra, ammorbidirsi e lasciarsi affascinare, capire che Sarri è il miglior allenatore che il Napoli possa avere. Si potrebbe ascoltare qualche consiglio, si potrebbe liberare l’ufficio comunicazione da questa morsa dittatoriale, aprire le porte di Castelvolturno ai tifosi, capire che la società è di uno ma le emozioni sono di tutti. Ma queste sono scelte che solo De Laurentiis può prendere, e fin quando il Napoli sarà il suo giocattolo non ci sarà palcoscenico che tenga: il pallone lo porta lui e, se si arrabbia, lo può anche bucare.
dal sito: Napoli Monitor
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