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I taxisti, la scissione, il reale

La categoria dei taxisti sta notoriamente sulle scatole a tutti – a Roma poi non parliamone, qui abbiamo l'obbligo a bordo di ascoltare assurde radio tifose, percorsi che si allungano verso l'infinito se il tuo accento non è locale, proclami politici che vanno da "quando c'era lui" a "io i negri li rimanderei tutti a casa". E se vedi alcuni dei loro leader, ti viene da scappare per la tua sicurezza personale.

Eppure con un po' di lucidità e lungimiranza oggi potremmo mettere da parte l'antipatia per capire come la campana ora suona per loro ma domani o dopo suonerà per tutti noi – anzi per molti ha già suonato.

Intendo dire: i conducenti di auto bianche sono obsoleti, è evidente. Oggi c'è Uber, c'è Enjoy, c'è Car2go, ci sono pure ZigZag e Scooterino, e tutte o quasi funzionano meglio, a minor prezzo. Tra un po' ci sarà pure l'auto che si guida da sola e buonanotte, il taxista finirà come il casellante, il linotipista, lo spazzacamini. Finito, over, altro che bloccare le piazze.

E noi festeggeremo, perché come consumatori-utenti saremo meglio serviti.

Poi però accadrà che altre tecnologie – altre app, altri sensori, altri robot, altri outsourcing, altre intelligenze artificiali – renderanno altrettanto obsoleto quello che facciamo noi, cioè il nostro modo per portare a casa un reddito. Ci saranno soluzioni più soddisfacenti per i consumatori di quanto siamo noi, a un costo minore. Nessuno, fuori, ci rimpiangerà.

Ecco: allora, a quel punto: ci sarà qualcuno che ci accompagnerà nel mondo nuovo?

Ci sarà una politica che non potendo né volendo proteggerci come categoria (giustamente, siamo obsoleti) ci proteggerà come persone?

Ci sarà un modo per garantire un minimo di continuità di reddito in questo passaggio strutturale (ed epocale) verso il mondo in cui il lavoro umano sarà rarefatto?

Ci sarà qualcuno che si occuperà di redistribuire alle persone rese obsolete dalla tecnologia i profitti miliardari dei proprietari delle app, dei robot, delle piattaforme e del resto?

A me la questione dei tassisti – dei "detestabili" tassisti – oggi fa venire in mente questo, soprattutto.

E il resto, che ne consegue, cioè appunto la politica.

* * *

L'altro giorno il mio amico Fabio Chiusi si chiedeva su Facebook se qualcuno avesse capito su quali idee si stesse rompendo il Partito democratico: «Io non ne vedo nessuna», aggiungeva.

Anch'io, da tossico attaccato allo streaming per tutta la domenica o quasi, avevo notato quanto poco al Grand Hotel Parco dei Principi si fosse parlato di politica: di cose da fare o da non fare in Italia e in Europa.

La narrazione mediatica, però, dava genericamente per scontato che ci fosse in quel partito una "sinistra" contrapposta a Renzi e ai suoi.

Pur rischiando di guastare la festa a tanti che oggi per avversione a Renzi provano simpatia verso i fuoriuscenti, fatico a ricordare o a individuare negli esponenti di questa minoranza (che del Pd è stata in passato maggioranza) idee e prassi politiche così diverse da quelle implementate da Matteo Renzi. Il Pacchetto Treu era la mamma del Jobs Act, per esempio. La Bicamerale era la nonna del Patto del Nazareno. Il vecchio Pd inseguiva Casini e Monti, quello attuale governa con Alfano e Lorenzin. Il vecchio Pd riformava la Costituzione con il pareggio di bilancio, quello attuale ci ha provato con la riforma Boschi.

E adesso?

Lo vedremo, dalle cose vere.

* * *

Sono partito dai tassisti, ma quasi come metafora. Perché, per quanto ci possano stare sulle scatole, oggi sono tra quelli più vicini al Grande Nulla che si sta divorando tutto. Sono cioè una categoria obsoleta. E siamo tutti in coda, dietro di loro, in attesa del nostro turno.

Occuparsi di politica oggi è pensare a come proteggere le persone che sono già state divorate, quelle che sono in procinto di esserlo, quelle che lo saranno domani o dopo. Occuparsi di politica è accompagnare le persone nel passaggio strutturale ed epocale che stiamo vivendo. Tutte.

Se non si saprà proteggerle – garantendone gli strumenti per un'esistenza decente e dignitosa dalla culla alla tomba, proprio come nelle vecchie socialdemocrazie scandinave – queste persone cercheranno inevitabilmente altro. Come un capo autoritario, ad esempio. Come la guerra agli altri popoli. Come la guerra interna a ogni popolo.

È paradossale, ma forse anche un po' criminale, che mentre dalla società si alza questo urlo di solitudine e disperazione – se volete, pure di follia, ma di causata follia – tutta la politica o quasi parli di se stessa e si occupi di se stessa: gruppi, cordate, correnti, voltafaccia, ambizioni, personalismi, litigi, ammiccamenti, posizionamenti e così via all'infinito. E non solo attorno al Pd, s'intende: dappertutto o quasi. Con poche, pochissime eccezioni.

Questa sì è una vera, drammatica scissione: quella tra il dibattito politicienne e l'urgenza di protezione delle persone sballottate dal reale, dai suoi mutamenti strutturali, dalla sua forza veloce e bulimica che non guarda in faccia a nessuno.

E allora forse questo è quello che ciascuno di noi dovrebbe chiedere al politico e al partito a cui si sente oggi più vicino: basta occuparvi di voi, occupatevi di noi. Senza alcun "populismo", senza alcun qualunquismo: ma occupatevi del reale, per favore, delle cose vere. E fatelo prima che sia tardi.

da http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

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6 Commenti


  • Mic

    No: secondo me, occuparsi di politica oggi (in una prospettiva di sinistra, intendo) non è affatto «accompagnare» dignitosamente al macello le vittime dei padroni o «proteggerle» mentre il macellaio affila l'accetta. Occuparsi di politica è impegnarsi a rovesciare questi «mutamenti strutturali», che non sono scritti in cielo; è lottare per mettere fine a questa triste coda di «futuri obsoleti», e per rendere obsoleti i padroni che dalla loro obsolescenza sperano di trarre ulteriori profitti; è combattere per sottrarre i lavoratori dalle fauci del «Grande Nulla», e per dargli in pasto i padroni.
    Poi, OK, sono d'accordo sul fatto che né i pidioti rimanenti né i pidioti in partenza abbiano la minima capacità o intenzione di fare nulla del genere…


  • Francisco

    Francamente appoggiare la "scomparsa" di un servizio pubblico di mobilità cittadina non ha niente a che fare con la modernizzazione, e per certi versi neanche con la scomparsa del PD, del quale pochi rimpiangeranno la fine, ma metterlo in mezzo a ogni stronzata di passaggio diventa immancabilmente un'arma di distrazione di massa.

    Il trasporto pubblico, dal collettivo al Taxi, deve essere supportato garantendo la viabilità metropolitana, soprattutto liberando le corsie preferenziali da mezzi privati… è senza dubbio questo l'ostacolo più impervio, proprio perché il meno desiderato, senza contare che "caricare" a bordo a pagamento richiede necessariamente requisiti che vanno ben oltre la fedina penale pulita o i 21 anni o la macchina nuova… è come se bastasse un camice bianco per operare d'appendicite.

    Poi se piace passare da utenti a pseudo-utenti liberi di farlo, ma a questo punto le responsabilità andrebbero condivise tra gli interessati: autisti e passeggeri, officine di revisione e compagnie assicurative, vigili urbani e parcheggi a pagamento.

     


    • Redazione Contropiano

      Non ci sembra che l’intervento di Gilioli “appoggi” Uber… De te fabula narratur…


  • Eros Barone

    Per quanto concerne il PD, non vi è dubbio che la scissione di questo partito si inserisce nel contesto di una crisi organica della borghesia italiana, che scuote, dal punto di vista del consenso, l’egemonia delle sue frazioni maggioritarie. Così come non vi è dubbio che il detonatore di tale crisi è il venir meno del consenso della piccola e media borghesia al disegno di integrazione europea che il grande capitale e i partiti maggiori che ne rappresentano gli interessi avevano individuato come orizzonte strategico per l’Italia. Si tratta di una crisi dei partiti tradizionali che è in atto a livello continentale, ma che assume forme e caratteri specifici nel nostro Paese. La frana che si è determinata nella sovrastruttura politica dello Stato è, peraltro, la conseguenza di tre scosse telluriche, dotate di un elevato potere disgregante, che si sono verificate in rapida successione: la Brexit, l’elezione di Donald Trump negli USA e il risultato del referendum sulla riforma costituzionale con la vittoria del NO in Italia. Il principale effetto della crisi organica è, nel campo della rappresentanza politica, la rottura della prospettiva bipolare, che sembrava essersi imposta nella cosiddetta “seconda repubblica” e che oggi risulta impraticabile non solo alla luce della sentenza della Consulta che ha reintrodotto un sistema elettorale di tipo proporzionale, ma anche in séguito alla frantumazione dei poli preesistenti e all’emergere di una forza politica autonoma, il Movimento 5 Stelle, il quale ha catalizzato, con la sua azione bifronte, il voto di protesta di ampi settori delle masse popolari e della piccola e media borghesia.

    Giova poi sottolineare che il Partito Democratico è stato finora il partito più conseguentemente legato al grande capitale monopolistico, espressione politica della necessità di riforme strutturali per il rilancio della capacità di rispondere alla crisi da parte dei principali settori capitalistici nazionali. Dunque, in quanto espressione della frazione più europeista delle classi dominanti, un partito capace di esercitare, attraverso il suo legame ideale con la sinistra, la maggiore influenza sulle masse progressiste e nei sindacati confederali, in modo da realizzare le politiche antipopolari riducendo al minimo i conflitti sociali. Nell’àmbito della politica estera, la fedeltà dell’Italia alla UE e alla NATO è stata inoltre garantita da tale partito in una fase di crescenti scontri interimperialistici: fedeltà riconosciuta anche con l’investitura di un’esponente di questo partito al ruolo di rappresentante della politica estera dell’Unione Europea. Fedeltà al profitto e fedeltà alle alleanze internazionali sono state, del pari, apprezzate dalla Confindustria, la quale si è espressa in senso favorevole alla politica del governo e gli ha fornito un sostegno esplicito sulle principali riforme e sull’indirizzo strategico. Tutto ciò ha permesso al Partito Democratico di scalzare il centrodestra nella guida del Paese, disarticolandone la composizione e legando a sé i settori centristi ed europeisti.

    D’altra parte, se il PD è riuscito a mantenere le proprie posizioni fino ad ora, evitando, a livello nazionale, sconfitte di portata pari a quelle registrate dagli altri partiti socialdemocratici, questo è dipeso principalmente da due ragioni. La prima è quella di aver fondato il consenso alla propria azione sulla prospettiva della riformabilità dei vincoli di bilancio della UE e su una politica di maggiore flessibilità a livello europeo. Si tratta di una strategia che, rispondendo agli interessi strutturali del grande capitale italiano, assicura, sì, la partecipazione alla UE, ma in forma critica rispetto agli indirizzi economici prevalenti nel contesto comunitario. Tale strategia è stata confortata, per tutta una fase, dal vasto consenso di quei settori popolari e della piccola borghesia che temono l’instabilità derivante da possibili rotture e ripongono la propria fiducia in una linea di subordinazione, ponendosi così alla coda degli interessi strategici del grande capitale. La seconda ragione è legata alla figura di Renzi, il quale, accreditandosi come figura nuova capace di portare l’Italia fuori dalla crisi, ha saputo incarnare un’immagine di pragmatismo e ricambio generazionale, con la correlativa “rottamazione” del precedente ceto politico di provenienza PCI-PDS-DS-PD, contiguo agli apparati della CGIL. Dal canto suo, questo ceto politico profondamente screditato, che costituisce la minoranza interna di D’Alema e di Bersani, ha reagito alla sconfitta del SÌ nel referendum cogliendo il momento favorevole per arrivare alla resa dei conti con Renzi. Così, quando la crisi della prospettiva di una maggiore flessibilità nelle politiche di bilancio, nonostante tutti i tentativi esperiti, è apparsa evidente, si è spezzato il legame tra grande capitale e piccola e media borghesia e si è prodotta la scissione del PD. Poiché la crisi organica della borghesia italiana è destinata ad approfondirsi e le classi dominanti hanno perso il loro piccolo Bonaparte, il meno che si possa dire è che i tempi che verranno saranno molto interessanti.

     

     

     


  • Francisco

    Non credo di aver voluto intendere che l'intervento di Gilioli vertesse lì, penso invece che le parole sono importanti

    Gilioli:  "Intendo dire: i conducenti di auto bianche sono obsoleti, è evidente. Oggi c'è Uber, c'è Enjoy, c'è Car2go, ci sono pure ZigZag e Scooterino, e tutte o quasi funzionano meglio, a minor prezzo"

    Diciamo che il mio "appoggiare" virgolettato andava letto come AMEN, un arrrendiamoci.

    Vi leggo quindi una visione piuttosto lontana dal come andrebbe inteso un servizio pubblico, tra l'altro non si legge nessun riferimento sul tema, e non vorrei che di questo passo si finisca per dare una mano proprio al sistema Uber (nella fattispecie emblematicco) che ovviamente possiamo esportare a dolorose esperienze già passate. Se si continua a dire che il pubblico è destinato a morire si contribuisce a combatterlo fin d'ora, con le conseguenze che hanno riguardato tutti i precedenti.


  • Giuseppe

    LEGGETELI GLI ARTICOLI, CRISTO IN CROCE!!!

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