“Se vuoi un’immagine del futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano — per sempre.” 1984
Ma quanto è bello, gradevole e desiderabile il Mondo che ci stanno configurando attorno, tutto decoro™ e sicurezza™? Droni-agenti che sorvolano le città manco fossimo in Afghanistan, celere in biblioteca, celere sui dehors e il manganello che ruota sempre più vorticosamente su chiunque. Eppure. Eppure basta una finale di Champions League o un uomo denominato Igor che qualcosa non torna proprio nel conto. La fregatura c’è e si nota. Un’eterogenesi dei fini che prevede il saldo, nemmeno troppo scontato, di avere la polizia dappertutto e la sicurezza da nessuna parte. In attesa del coprifuoco rimangono l’ansia, la paura, un terrore che penetra lentamente nel profondo, che sembra non attecchire ma che dagli schermi luminosi cala anche impercettibilmente nel buio delle viscere, dati di Coltan che si tramutano in sentimenti umani, umanissimi, con tutti i loro difetti e le loro controindicazioni.
Viviamo in una città che si appresta a celebrare un megaevento fantasmagorico, il concerto del secolo, che per qualche giorno raddoppierà la popolazione di una città di media grandezza, di provincia. 220.000 spettatori che si cagheranno addosso per tutto il tempo costretti a passare in un’area di safety e security tra militari coi fucili d’assalto e vigili urbani coi giubbotti antiproiettile. Quanto di più lontano possa esserci da una festa e dallo spirito insito in ciò che dovrebbe essere un concerto Rock. È la cifra dei tempi e occorrerà farsene una ragione. Peccato che dietro tutta questa megalomania baldanzosa si scorga una paura recondita e che questa disveli a sua volta una verità impronunciabile: tutta la sicumera dello “stiamo lavorando per voi” non è altro che un gemito, un tremolio, il tic nervoso che dichiara come nulla sia più controllabile, gestibile, applicabile “democraticamente”, che cura e malattia siano oggi diventate indistinguibili e serve di uno stesso signore.
“La società viene salvata tanto più spesso, quanto più si restringe la cerchia dei suoi dominatori, quanto più un interesse più ristretto prevale sugli interessi più larghi.”
Karl Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte
Per questo apprezziamo chi ci prova, non gli vogliamo di certo bene, anzi, ma apprezziamo il tentativo, lo sforzo esagerato che un ruolo così infame è costretto a generare. Ci riferiamo a lui ovviamente, al Ministro degli Interni Marco (Domenico in realtà) Minniti. Il Ministro dell’armonia come ebbe a definirlo un giornale del calibro del Resto del Carlino richiamando neanche troppo lontanamente Orwell.
Evocazione perfettamente azzeccata a giudicare dal clima che si respira nel Paese dalla sua nomina. Una sicurezza indossata più come sensazione che come realtà, una sicurezza non statistica ma percettiva e, soprattutto, una sicurezza che riguarda molto esclusivamente qualcuno piuttosto che la totalità o la stragrande maggioranza della popolazione, infine, una sicurezza che non sembra poi funzionare così a gran ritmo se si tengono presente le vicende paradossali di Igor o di Torino. Ciò che marcia a pieno regime, al contrario, è la cappa di repressione preventiva appiccicata verso il marginale, verso il povero, verso l’ultimo nonché verso tutti quei movimenti che contestano l’esistente. Una cappa molto anni ’30 e che sembra presagire, quasi quotidianamente, l’incombenza generalizzata di una nuova Genova 2001 come orizzonte del possibile.
La totale manomissione delle Stato di diritto cominciata con l’approvazione del pacchetto che porta il suo nome oltre a quello di Orlando è una questione che andrà indagata a fondo data, tanto la portata della normativa quanto l’impossibilità di abrogarla in tempi brevi nonostante un’incostituzionalità piuttosto evidente. A Modena, questo sabato, è stato organizzato un dibattito proprio sul pacchetto Minniti per cominciare a discutere anche in città (città che, tra l’altro, è stata scelta per ospitare il lager regionale, il nuovo Cpr) di questo tema.
Un paio d’appunti a riguardo vorremmo snocciolarli pure qua, ma, prima ancora, rimembrare e rimarcare i nomi dei parlamentari e senatori modenesi che hanno votato a favore di un decreto come questo, perché è giusto così, che non si perdano troppo facilmente le tracce di simili porcate: Baruffi Davide, Garavini Laura, Ghizzoni Manuela, Pini Giuditta per la Camera (votazioni qua) Maria Cecilia Guerra e Stefano Vaccari per il Senato (votazioni qua).
Per cominciare, sarebbe utile allargare lo sguardo, addirittura alzarlo oltre l’Italia, per mettere meglio a fuoco i dettagli quando si rimpicciolirà l’inquadratura, per renderli più nitidi. Se non si vuole considerare l’Italia come uno stivale solitario nel Mediterraneo occorrerà cominciare a guardarsi intorno dunque a gettare un’occhiata a ciò che ci circonda. Rapidamente: la Turchia attuale è una lontanissima parente della Turchia pre-Gezipark, la stretta imposta da Erdogan su tutte le opposizioni, siano esse curde o guleniste nonché la guerra a bassa intensità condotta nell’est del Paese sono segnali evidenti di una deriva autoritaria sconfinante nella dittatura. L’Egitto del generale Al-Sisi è un paese che ha soffocato le speranze popolari di piazza Tahrir nel 2011 in un terrore di arresti, desaparecidos e omicidi di stato (fra cui quello del ricercatore italiano Giulio Regeni) e impiccagioni. Il Marocco che in questi giorni ha visto i propri cittadini protestare lungo le strade si appresta a reprimere in maniera altrettanto decisa. Anche in Europa il contesto vede le libertà politiche arretrare sensibilmente in nome di una fantomatica lotta al terrorismo. In Spagna la ley mordaza ha ristretto di molto il campo del consentito per quanto riguarda le manifestazioni e da più parti si sono levate denunce precise e riferimenti ad uno Stato di polizia. In Francia l’état d’urgence, promulgato, per la prima volta senza troppi entusiasmi da parte dell’Assemblée nationale e con una maggioranza risicata è oggi al suo quinto rinnovo e sembra che Macron sia ben intenzionato a prolungarlo ancora per molto. (Un piccolo rapporto di Amnesty international che ricorda cosa tutto ciò abbia significato.) Uno Stato d’emergenza permanente, una contraddizione in termini.
Rimpiccioliamo ora l’inquadratura.
“Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre strumenti volti a rafforzare la sicurezza delle città e la vivibilità dei territori e di promuovere interventi volti al mantenimento del decoro urbano”.
“Il decreto legge sulla sicurezza urbana del ministro dell’Interno Minniti comincia così. Ogni parola ricalca la logica con cui da quarant’anni in Italia vengono affrontate le questioni sociali e i movimenti di lotta anti istituzionali. Tutto è racchiuso nei tre termini chiave dell’incipit, sapientemente incardinati gli uni negli altri per rendere indispensabili, indifferibili, immodificabili le nuove norme.
“Straordinaria necessità ed urgenza”.“ (Da qua)
Una logica comune propria dello Stato di emergenza che ci accomuna, a quanto pare, anche ad altri Stati dell’Unione Europea in una prospettiva fascistizzante che osserva gli organi repressivi dello Stato inserirsi sempre più direttamente nella gestione politica della società.
Università della Calabria, 19 giugno 2017.
Un pacchetto che agisce su più linee: crea un doppio standard giuridico, uno per gli italiani e un’altro per gli immigrati (con la cancellazione del secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo) una discriminante che può essere tranquillamente definita razziale; agisce sulla marginalità sociale e sulla povertà proponendo un’idea di una sicurezza che considera la marginalità sociale presente nello spazio pubblico come elemento deturpatore del decoro, della quiete pubblica e finanche della moralità (parole del senatore Manconi – Pd) ed infine sulla repressione più strettamente politica con misure di “prevenzione” che possono colpire individui considerati “socialmente pericolosi” ma anche genericamente “antisociali” indipendentemente dalla commissione di un reato.
La prima prima linea è presto tradotta, lo affermano pure loro dopotutto. Occorre velocizzare le procedure per la richiesta d’asilo, risparmiare un po’ sulla macchina giudiziaria e evitare troppi contenziosi sui dinieghi che oggi si attestano intorno all’80% delle domande di protezione internazionale. Sulla pelle del migrante si può fare qualsiasi cosa, è il capro espiatorio perfetto e la produzione burocratica di clandestinità un fatto che fa piacere a più parti contemporaneamente. Che tuttavia si possa togliere un grado di giudizio su un diritto fondamentale come quello dell’asilo è un campanello d’allarme che dovrebbe far drizzare le orecchie a tutti quanti. Chi ci assicura che domani o dopodomani, per tagli alla spesa o per qualcos’altro, il secondo grado di giudizio non lo si possa togliere anche a qualcun’altro o per determinati tipi di reato? Magari lasciarlo per corruzione e non per interruzione di pubblico servizio, magari lasciarlo per abuso di potere e non per resistenza a pubblico ufficiale tanto per fare degli esempi.
La criminalizzazione della marginalità riprende da vicino il il pacchetto sicurezza Maroni del 2008 già cassato in più punti dalla corte Costituzionale nel 2011. Si scrive che c’è urgenza a intervenire in materia di sicurezza urbana, si offrono ai sindaci gli stessi poteri che gli aveva offerto inutilmente nel 2008 il ministro Roberto Maroni, si prevedono e auspicano sanzioni contro accattoni, prostitute (solo se ostentano le loro scelte), tossicodipendenti, si eleva il decoro a norma, si interviene sulle misure di prevenzione e si riduce la libertà di movimento delle persone, nonostante tutte le agenzie ufficiali (governo compreso) dicano che i reati «di strada» siano in calo netto negli ultimi anni. Nonostante la Corte Costituzionale abbia già dichiarato illegittimi i poteri dei sindaci nell’ambito della sicurezza urbana, nonostante due settimane fa siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti umani proprio per la nostra legislazione sulle misure di prevenzione (caso De Tomaso). (da qua) Le questioni sociali di fatto si trasformano in un problema di ordine pubblico con le lancette dell’orologio che ripartono dai primi dell’800, dalle Poor Laws dell’Inghilterra vittoriana. “Il disegno sotteso soprattutto alle norme sulla sicurezza urbana, ha un chiaro valore strategico. Isolare, allontanare, ghettizzare i poveri implica la presa d’atto che un numero crescente di esseri umani sono vuoti a perdere, non riciclabili, né riassorbibili. […] Il governo che taglia i fondi per la sanità, la scuola il trasporto pubblico, offre ai sindaci e ai prefetti strumenti che non miglioreranno le liste di attesa negli ospedali, né aumenteranno le corse di tram e bus, ma potrebbero servire a far crescere la sicurezza percepita dai ceti medi impoveriti, che si sono accorti che la rete sospesa sotto il trapezio delle loro vite è stata tagliata. Non potendo fugare lo spettro della povertà viene loro offerta la possibilità di allontanare i più poveri da stazioni, aeroporti, case occupate, giardini pubblici. Difficile sopravvivere per chi fa accattonaggio o piccoli commerci, se c’è il divieto di usare gli spazi urbani e di muoversi liberamente. I poveri vanno puniti perché sono poveri. I giovani dei quartieri popolari, i disoccupati, i mendicanti, i senzatetto, i migranti vanno allontanati, nascosti, privati delle loro scarne libertà e diritti. Nonostante il codice penale sia infarcito di norme contro i poveri e gli oppositori sociali applicate con crescente meticolosità negli ultimi anni, quest’apparato repressivo non è considerato sufficiente per affrontare “la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre strumenti volti a rafforzare la sicurezza delle città e la vivibilità dei territori e di promuovere interventi volti al mantenimento del decoro urbano”. (Da qua) Ovviamente nella nostra provincia è scattata la prima applicazione in Emilia del nuovo dispositivo di “Daspo urbano” previsto dal pacchetto.
Roma, 20 giugno 2017. Giornata mondiale rifugiato, attivista interviene contro decreti Orlando Minniti e viene identificato.
L’ultima linea è quella più controversa e quella più preoccupante. A nostro avviso, ciò che abbiamo di fronte è il Diritto penale del nemicoteorizzato dal filosofo del diritto tedesco Günther Jakobs. Un tipo particolare di diritto, differenziale, un binario parallelo che non distingue tanto tra i delitti (magari anche non commessi o semplici comportamenti) quanto piuttosto tra gli autori. Un diritto che separa il cittadino dal nemico (all’interno della stessa società e della stessa cittadinanza) e che vi riserva trattamenti molto diversi, che compie sostanzialmente una distinzione fondamentale tra il delinquente che conserva i suoi diritti e il «nemico» (feind) che li perde. Chi commette un reato verrebbe dunque trattato come persona titolare di diritti soltanto nella misura in cui esso rimanga in qualche modo «fedele all’ordinamento» al contrario, «chi non offre simile garanzia in modo credibile» perderebbe, di fatto, la sua qualifica di cittadino (bürger) e non potrebbe più pretendere di essere trattato come tale. Quest’ultimo sarebbe «il deviante in via di principio», cioè «colui che nega in via di principio la legittimità dell’ordinamento giuridico», intaccandone le fondamenta e, proprio per questo, non può più essere trattato come un cittadino, «ma deve essere combattuto come un nemico».
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In questi mesi abbiamo già osservato come ad ogni summit internazionale Roma, il 25 marzo, (dove addirittura 170 persone sono state sequestrate e trattenute in un Cie di Tor Cervara), Bari, Taormina e Bologna siano arrivati “fogli di via” preventivi. Succedeva al tempo del fascismo, torna ad essere prassi oggigiorno. Sanzioni queste che si applicano per attivisti politici indipendentemente dalla commissione di un reato ma non solo, c’è di peggio, queste sanzioni sono misure che possono essere disposte direttamente dalla forza pubblica senza cioè che un giudice deliberi in materia. “Rimpatrio con foglio di via” ed “avviso orale” sono, infatti, tipiche misure di polizia di competenza del Questore, esterne a ogni processo ma in grado di incidere in maniera significativa su vita, abitudini e scelte personali dei destinatari. Il foglio di via, imponendo il ritorno nel comune di residenza e impedendo il rientro nel luogo di allontanamento, condiziona l’esercizio di numerosi diritti costituzionalmente tutelati quali – fra i tanti – lavoro, istruzione, libertà di circolazione e relazioni affettive. L’avviso orale, che consiste in un generico invito a mantenere un “comportamento conforme alla legge”, sembra non incidere significativamente sulle abitudini di vita; non è così. Ad alcune condizioni, l’avviso può contenere una serie di limitazioni (divieto di utilizzare qualsiasi apparecchio di comunicazione, di possedere giocattoli riproducenti armi o qualunque mezzo idoneo allo sprigionarsi di fiamme e altre ancora). Tuttavia, anche quando ne è privo, l’avviso è in grado di alterare concretamente le abitudini di vita. Nascondendosi dietro la protezione di generiche e indeterminate categorie come sanità, sicurezza o tranquillità pubblica la persona è indotta ad allontanarsi da realtà che, in tempi di “emergenza sicurezza” e smantellamento del sistema di welfare, si trasformano facilmente da “fenomeni” a “pericoli” sociali. Basti pensare ad occupazioni abitative, centri sociali, campi rom, presidi, scioperi e così via.” (Da qua) Facile capire come in questo modo possano essere colpite direttamente anche classiche forme di lotta come blocchi ferroviari e picchetti. Oltre alle consuete denunce per interruzione di pubblico servizio si rischia il daspo di sei mesi dal luogo della lotta e una multa. Daspo e multa hanno effetto immediato. Sindaci e prefetti hanno il potere di dare il Daspo a chiunque, a loro insindacabile giudizio, stia turbando il “libero utilizzo degli spazi pubblici”. Sotto questo cappello può stare tutto, dal rave al volantinaggio. Un potere enorme di limitare la libertà di ciascuno di noi come se fosse una multa per divieto di sosta.” (Da qua) Dove non può arrivare il manganello si piazzano dispositivi in grado di agire come muri invisibili che sotto la rassicurante etichetta del decoro™ differenziano il corpo sociale tra integrati e non integrati, tra cittadini e non-cittadini o meglio, tra cittadini e nemici.
da http://www.osservatoriorepressione.info/ e Militantduquotidien
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