Hanno strillato, gonfiato il petto, vagheggiato rivolte anti UE, minacciato sfracelli e poi si sono fatti scrivere la manovra da Bruxelles. Né più né meno dei governi precedenti, stessa modalità di relazione… col cappello in mano. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, e non sono certo quelli annunciati. Solo che nel frattempo è giustamente cresciuta la consapevolezza popolare della funzione di gendarme dell’Unione Europea, di un gendarme feroce e determinato che, dopo i successi greci, voleva bissare con l’Italia perché altrimenti veniva giù tutta l’impalcatura dell’Unione.
Un gendarme che si piega, però, se dall’altra parte trova il duro invece che il morbido come accade in queste ore per la manovra economica francese molto più lontana dai parametri europei di quella, in verità timida fin dall’esordio, presentata da Salvini e Di Maio e recapitata da Conte al soglio europeo.
La differenza non l’ha fatta lo stato dei conti della Francia, che si vuole migliore di quello dell’Italia, ma i Gilets Jaunes che hanno messo a soqquadro Parigi e le maggiori città d’Oltralpe rivendicando salario e meno tasse. Ma si sa, la Francia, che determina il piano militare dell’UE, è il partner principale della Germania che ne determina il piano economico. Quindi tutti zitti, c’è da impedire la messa in discussione degli equilibri raggiunti a pochi mesi dalle elezioni europee.
Ma invece che imparare la lezione la cosiddetta sinistra nostrana, i sindacati concertativi, quelli che governavano fino a ieri, irridono l’attuale governo perché ha osato sfidare l’Unione Europea ed è finito per farsi scrivere la manovra proprio da Bruxelles.
Se c’era bisogno di una conferma della siderale distanza di questi soggetti dal blocco sociale che, sempre più in teoria, dovrebbe essere quello di riferimento, eccola servita. Nessun ripensamento sulla relazione con l’Unione Europea, nessun insegnamento tratto dalla vicenda francese.
Così non si sottraggono forze a chi spande a piene mani odio e razzismo per nascondere la propria subordinazione economica e politica al partito del PIL, così non si torna ad avere qualche voce tra chi, specialmente nel Meridione, aspetta il reddito e il lavoro. C’è bisogno d’altro, c’è bisogno di occupare lo spazio, lasciato vuoto, della rottura della gabbia dell’Unione Europea e di riempire le piazze, come in Francia, delle lotte e delle rivendicazioni degli sfruttati. A questo lavoriamo, questo dobbiamo costruire, a partire dalle firme per le leggi di iniziativa popolare che mirano a eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione e a introdurre il referendum popolare sui trattati internazionali.
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