Carla Nespolo, presidente nazionale dell’ANPI in questi giorni ha richiamato il governo a fornire un segnale antifascista abolendo i “decreti sicurezza” approvati dal precedente esecutivo, del quale – va ricordato – faceva parte egualmente il M5S: un segnale di contraddizione non da poco per la forza politica nata dall’antipolitica.
Una contraddizione che sorge su di un tema delicato come quello dell’antifascismo che non può essere affrontato semplicisticamente con una vena agnostica.
In una sua intervista la stessa Nespolo riprende un vecchio motto di Pertini: “Il fascismo non è un’opinione ma un crimine”.
Siamo nei giorni del 97° anniversario della Marcia su Roma.
E’ bene ricordare quella data per almeno due motivi di grande importanza e attualità:
1) La “marcia su Roma” ha rappresentato un momento di snodo fondamentale nella storia d’Italia, una data nella quale si registrò il crollo definitivo della vecchia Italia liberale e l’avvento al potere del fascismo: un vero e proprio momento di “eversione delle classi dirigenti” come lo definì Antonio Gramsci. Su quel apparentemente lontano avvenimento è necessario alimentare una memoria storica su ciò che il fascismo è stato ed ha rappresentato nella storia d’Italia, al fine di evitare per quanto possibile quei fenomeni di pericoloso revisionismo che pure si stanno manifestando con intensità, in particolare negli ultimi tempi, prendendo soprattutto a bersaglio la Resistenza.
2) Il mantenere la memoria intorno ai fatti e all’esito politico del 28 ottobre 1922 significa anche interrogarsi sul perché la nostra Costituzione non può essere modificata in punti nei quali perderebbe il suo carattere antifascista: ad esempio nell’affermazione della centralità del Parlamento.
Uno de padri costituenti, Giuseppe Dossetti, metteva in luce la rilevanza dell’evento globale che l’aveva ispirata: “In realtà, la Costituzione Italiana è nata ed è stata ispirata da un grande fatto globale, cioè i sei anni della seconda guerra mondiale.”
L’aver condotto l’Italia nella spirale mortale della guerra rimane la responsabilità più grande del regime fascista ma si tratta di una responsabilità che discende direttamente dal modo con il quale il fascismo assunse il potere, e di conseguenza dalla marcia su Roma e non come molti altri pretendono dall’emanazione delle “leggi fascistissime” promulgate nel gennaio 1925 in conclusione della crisi innestata dal delitto Matteotti o addirittura dall’emanazione delle leggi razziali nel 1938: il fascismo fin dall’inizio è stato feroce interprete della repressione della democrazia.
Proprio la consapevolezza di questo fatto portò l’insieme dell’Assemblea Costituente a superare, almeno in misura considerevole, le concezioni di parte e le esplicitazioni delle ideologie contrapposte, ricercando tutti a cercare, di là da ogni interesse e strategia particolare un consenso comune.
Il mantenere la memoria della “marcia su Roma” serve soprattutto a ricordarci come il presupposto politico della Costituzione Italiana sia rappresentato ancora e sempre dall’antifascismo.
Su questo punto occorre essere chiari.
La Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista, non perché è stata scritta da antifascisti desiderosi di vendicarsi dei lutti subiti; al contrario per voltare definitivamente pagina rispetto alla triste esperienza del fascismo e della guerra.
I costituenti sentirono il bisogno e seppero farlo, di rovesciare completamente le categorie che avevano caratterizzato il fascismo.
Come il fascismo era alimentato da uno spirito di fazione e assumeva la discriminazione come propria categoria fondante (sino all’estrema abiezione delle leggi razziali), così i costituenti hanno assunto l’eguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come fondamento del loro ordinamento.
Come il fascismo aveva soppresso il pluralismo, perseguendo una concezione totalitaria (monistica) del potere, così i costituenti hanno concepito una struttura istituzionale fondata sulla massima distribuzione, articolazione e diffusione dei poteri.
Come il fascismo aveva aggredito le autonomie individuali e sociali, così i Costituenti le hanno ripristinate, stabilendo un perimetro invalicabile di libertà individuali e di organizzazione sociale.
Come il fascismo aveva celebrato la politica di potenza, abbinata al disprezzo del diritto internazionale e alla convivenza con la guerra, così i costituenti hanno negato in radice la politica di potenza, riconoscendo la supremazia del diritto internazionale e ripudiando le nozze antichissime con l’istituzione della guerra.
I principi fondamentali della Costituzione sono antitetici rispetto a quelli proclamati o praticati dal fascismo.
L’osservare fin qui spirito e lettera della Costituzione ha reso fin qui impossibile ogni forma di “dittatura della maggioranza”.
Proprio per questo motivo si reiterano i tentativi per modificarla che ancora risulteranno all’ordine del giorno: la Costituzione è vissuta come un impaccio, una serie di vincoli fastidiosi, di cui sbarazzarsi per restaurare l’onnipotenza dei decisori politici.
La Costituzione non prevede “pieni poteri” oppure l’apertura del Parlamento “come una scatola di tonno”: perciò deve essere tolta di mezzo.
Dobbiamo continuare a respingere questi attacchi e queste pericolose tentazioni e, proprio per queste ragioni, non smarrire mai il senso della memoria storica: anche ricordando un evento funesto e drammatico come quello della Marcia su Roma.
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