Dopo lo 0,37‰ preso alle elezioni regionali in Emilia Romagna qualcuno ci deride e qualcuno tra i nostri si deprime.
Io sono per natura un emotivo e pertanto comprendo certe reazioni, ma se mi fermo e ragiono non posso condividere questi atteggiamenti.
Sarà che la mia non è la storia di un vincente, sarà che sono nato privo di talento ma proprio non li capisco.
Io tutti i risultati, sia politici che personali, l’ho ottenuti sempre dopo diversi fallimenti e sempre grazie a sudore e sacrifici.
Da piccolo ero piuttosto pigro e mi arrabbiavo quando qualcosa non riusciva al primo colpo.
Mio padre mi riprendeva costantemente e diceva che è sempre questione di impegno e perseveranza.
Me l’ha ripetuto per 38 anni perché voleva essere sicuro che questo insegnamento mi rimanesse fisso nella mente.
Con la militanza politica poi ho avuto conferma che è proprio così in tutti i campi.
Sabato è stato il mio compleanno e mentre festeggiavamo la buona vecchia Viola ne ha approfittato per ricordare pubblicamente tutte le volte che ho toppato da quando ci conosciamo, da quando eravamo ai primi anni delle superiori.
Un elenco lunghissimo.
Eravamo dei cani sciolti senza tessera di partito, non appartenevamo a una qualche area di movimento e non avevamo “vecchi” che ci potessero guidare.
Insieme alle compagne e ai compagni di allora abbiamo fatto diverse cose buone ma più di una volta ci siamo ritrovati con il culo per terra e siamo stati costretti a ripartire da zero.
Oggi quando le persone entrano all’Ex-Opg rimangono impressionante da quello che è riuscita a fare questa straordinaria comunità.
Ciò che abbiamo fatto nell’ex manicomio criminale viene studiato, portato ad esempio e raccontato come una storia di successo.
Quelli che però molte e molti non sanno è che il percorso per arrivarci è stato costellato di fallimenti.
10 anni fa eravamo in 14 che si vedevano in una casa e oggi facciamo parte di una rete che comprende tante case del popolo e qualche migliaio di militanti. Ancora molto poco rispetto a quello di cui ci sarebbe bisogno ma tantissimo rispetto al punto di partenza.
Gente come noi non si può deprimere e neanche prendersela a male per gli sfottò perché vorrebbe dire rinnegare la nostra storia.
Non avevamo certo bisogno di queste elezioni per sapere che ci troviamo in un momento storico difficilissimo.
Non è un problema semplicemente di capacità soggettive (i limiti sono tantissimi) ma di condizioni oggettive.
Bisogna resistere, riflettere con lucidità senza farsi prendere dall’emotività del momento e andare avanti con serenità, pacatezza ed estrema determinazione.
Dobbiamo essere pazienti come i contadini che quando seminano sanno che ci vorrà tanto tempo e molto impegno per vedere i frutti del proprio lavoro.
Chi coltiva sa già che ci saranno annate buone e altre meno e che anche interi raccolti potranno andare persi.
I contadini lo sanno ma vanno avanti lo stesso perché sono consapevoli che non c’è altra strada e così dobbiamo fare noi.
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marco.perasole
una considerazione amichevole : purtroppo, anche se volete essere tutt’altro, venite percepiti come l’estrema filiazione del bertinottismo- vendolismo con la loro accentuazione stile no global. Non è chiaro se avete un rapporto col mondo del lavoro novecentesco, che comunque è ancora maggioranza, apparite piu come quelli che vogliono sposare “buone cause” che non come difensori dei propri interessi di classe ( difesa con prospettiva politica, ovviamente)
secondo me vi associano a quelli che si oppongono alla guerra, ai difensori dei diritti civili, tutte cose imprescindibili ed impportantissime, ma antropologicamente sembrate una assemblea studentesca di una università di lettere occupata. Credo che i possibili elettori di sinistra vorrebbero essere rappresentati anche da operai ingiustamente licenziati, da pensionati al minimo, da gente che operando in questo o quel settore produttivo o dei servizi ( pubblici e privati) ne conosca e ne critichi da sinistra la struttura conforme agli interessi dal capitale
Presentarsi come nati nell OPG era una ventata di freschezza, giovani che prendevano in mano il proprio destino perchè
sempre sacrificati, quindi non corporativi e non legati legati alle solite prassi consociative, ma poi per strada avete perso il riferimento prima antropologico e poi visibilmente concreto al mondo del lavoro tradizionale, con le figure professionali del partito operaio novecentesco
non voglio dire colpa vostra o colpa loro, è un fatto (spiacevole) che siano rimasti i giovani dei centri sociali di quà, e le categorie tradizionali del lavoro ( magari un pò perbeniste e chiuse) dall’ altro lato
so che apparite come vi ho descritto più di quanto non lo siate davvero, ma la gente ha la sensazione che chi si dedica per anni ed anni ai centri sociali non possa avere come problema principale quello di sbarcare il lunario. Non prendetela come una critica qualunquista, io vi ho votato , ma penso che molti non lo abbiano fatto chiedendosi cosa possiate mai fare quando smetterete quell’ aspetto da giovani dei centri sociali, in questo delicato passaggio Vendola si rivelò opportunista e subalterno al capitalismo
Redazione Contropiano
Bertinottismo-vendolismo? Temo abbia scritto al giornale sbagliato. Se poi parliamo di percezione vuol dire che il criterio del nemico ha vinto fin dentro le anime. Preferiamo parlare di realtà