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Buon 25 aprile, tutti i giorni

Morazàn 1991

Lui è Santiago, Carlos Henriquez Consalvi, giornalista-internazionalista venezuelano, fondatore, nel 1980, di Radio Venceremos, voz oficìal del Frente Farabundo Martì para la Liberaciòn Nacional… la seconda ragione per cui mi incorporai (vi ricordate la prima?).

L’FMLN aveva, da quasi un decennio, intuito con forza, e prima di tante altre organizzazioni rivoluzionarie, che sul fronte della comunicazione andava combattuta una lunga e aspra battaglia e si era dotato di strumenti come la radio o il “Sistema” Radio Venceremos, un sistema che oggi definiremmo “multimediale”, capendo che una parte importante della lotta si confrontava con le immagini e il linguaggio audiovisivo.

Quando nel 1988 andai per la seconda volta in Nicaragua per girare un documentario che doveva servire ad avviare il gemellaggio tra la città di Reus in Catalunya, dove vivevo da un po’, e la cittadina nicaraguense Ciudad Dario, mi ritrovai bloccato diversi giorni a Managua dall’uragano Juana, “Juana la huracana”, che fece dei danni enormi e tante vittime, soprattutto in Costa Atlantica dove devastò Bluefields.

In quei giorni, chiuso in casa, il “Sistema Sandinista de Televisìon”, trasmise quello che, in parte, mi cambiò la vita,

Il Film del “Sistema Radio Venceremos” “Tiempo de Victoria”…

Fu come una frustata, il film si apriva con le immagini della giunta di Napoleon Duarte e la strage della Catedral, durante i funerali di Monseñor Romero del 30 marzo di 8 anni prima. 35 morti, i cecchini sparavano dai tetti su una folla di più di 50.000 persone assiepate…

Erano fatti che già conoscevo, così come il racconto che ne seguiva, le zone sotto controllo del Frente, l’autogoverno, il teatro popolare, la lotta, ma vedere e ascoltare aveva una potenza incomparabile e, per me, fu la conferma di tante discussioni e fantasie di quegli anni, quando con i compagni del Forte Prenestino,

Pina Marchese De Girolamo, ti ricordi? Parlavamo della questione del linguaggio e della forza del mezzo audiovisivo, l’avvento delle tv private di Berlusconi e di come il lavaggio del cervello spazzava e spezzava le coscienze, ERAVAMO ENTRATI A PIENO, NELL’ERA DELL’IMMAGINE.

A quei tempi mi arrangiavo a fare il fotografo e da un paio d’anni avevo una telecamera. Iniziavo con i video, e la visione di “Tiempo de Victoria” mi spinse a cercare i contatti con il Frente che, a Managua, aveva una rappresentanza, scrissi la mia lettera, dove dicevo che volevo “aportar mi grano de arena“, contribuire con il mio granello di sabbia, alla causa…

Da lì iniziò tutto, il Gruppo d’Appoggio a Radio Venceremos a Roma, con Miriam Correnti, Marco Vadilonga, Ivana e tanti altri/e compagni/e, la collaborazione con l’Agint (agenzia internazionale), le trasmissioni a Radio Proletaria.

Memorabile fu quella in cui ci collegammo telefonicamente con l’hotel Sheraton, occupato dalle forze speciali delll’FMLN durante l’offensiva dell’89. E pochi giorni dopo, passato quasi un anno di lavoro in Italia arrivò la chiamata…

L’offensiva proseguiva “Hasta el tope” e l’idea era: passare un paio di mesi tra le linee del Frente e documentare, da questo lato della barricata, per riportare in Europa un lavoro da editare e da far girare…

Invece, appena arrivato a Perquin… dopo un mese di attesa nel campo profughi di Colomoncagua, in Honduras, dove una notte venni avvisato che si entrava e che dovevamo eludere la sorveglianza dell’esercito honduregno.

In una delle peggiori notti della mia vita, carico come un mulo di bagaglio personale, macchine fotografiche, telecamera, batterie e rullini in quantità industriale, nel buio più pesto e con un paio di scarpe da ginnastica in mezzo al fango… del resto ero ai tropici, che mi aspettavo?…

Insomma appena entrato a Perquin, la comandante Evelyn mi chiese invece se volevo restare, un po’ di più… per andare alla VENCE. C’era bisogno di personale perchè, dopo alcuni anni passati in Nicaragua trasmettendo dalla frontiera, la VENCE, come nei primi anni ’80, tornava a trasmettere dalle montagne salvadoregne ai confini con l’Honduras.

Proprio in quelle che erano le zone contese tra i due paesi in quella che fu chiamata “La guerra del futbol“, zone oggi tornate all’Honduras, caserìos come El Carrizal, 5 o 6 case che però ci avrebbero garantito copertura e rifornimenti.

E così fu. Santiago fu il mio “direttore” per più di un anno,

Nella radio più strana del mondo, che cambiava accampamento ogni settimana, con lo “studio” sottoterra, alla vietnamita, tutto alimentato a batterie d’auto o moto, tranne il trasmettitore che aveva il suo piccolo gruppo elettrogeno.

I primi modemradio fatti con le Lafayette, da Ceje e Mauricio 2 maghi dell’elettronica di quei tempi e Rufina Amaya, la superstite di El Mozote, alla cucina senza fumo, anche questa alla vietnamita, Sebastìan Torogòs de los Torogocès de Morazan che, con la sua chitarra dal vivo in trasmissione, cantava le canzoni della guerriglia, le tende provvisorie che andavano smontate ad ogni spostamento, fatte di 2 teli di plastica o, per i più fortunati, tela da ombrelli, e con rami tagliati sul posto tenuti insieme dal “bejuco”.

Eravamo una trentina almeno, a turno la mattina alle 4 si partiva in 2 di pattuglia per verificare la sicurezza della zona per le 6 si doveva essere tornati per un caffè e la prima trasmissione del giorno, “a las seis de la manana se escuchan ya sus trasmisiones…” Più i civili dei caserios vicini che ci guardavano le spalle e avvisavano di movimenti strani, con i commandos elitraspoortati che ci cercavano in continuazione.

Poi, passato un anno, mi diedero altri incarichi e, dopo aver formato Ezequiel, un compa comando urbano, che mi avrebbe sostituito al mixer, raggiunsi la “unidad de prensa y propaganda” con Paco Cutumay e Stefan el alèman.

Qui, nella foto con Santiago, ci si riincontrava dopo più di un anno di separazione e, sinceramente, non ricordo di cosa stessimo discutendo ma so che…

Eravamo tutti pronti a morire

Ma della morte noi mai parlavamo

Parlavamo del futuro

Se il destino ci allontana

Il ricordo di quei giorni

Sempre uniti ci terrà…

E così poi è stato, un paio di anni fa ho saputo che sarebbe arrivato a Firenze per una iniziativa su Romero, e mi precipitai ad incontrarlo. E’ stato emozionante, non solo per i ricordi da reduci e per i compagni caduti, Leonida, Ezequiel, Filo, Paco e tanti altri ma, anche, per la caparbietà che abbiamo ritrovato in entrambi, nonostante le cocenti delusioni e voltafaccia di chi con noi è stato spalla a spalla (lì e qui).

Ritrovarsi dicevo, nel voler continuare a cambiare questo mondo ingiusto, basato su un sistema che vuole pochi privilegiati a discapito dei molti, sfruttati e privati dei diritti elementari.

Oggi Santiago dirige a San Salvador “el museo de la palabra y la imagen“, una istituzione culturale che conserva, non solo la memoria del conflitto armato e delle lotte contadine ed operaie, ma anche l’identità culturale di quello che è il più piccolo paese del continente americano e, ancora oggi, tra i più martoriati, “el pulgarcito de America“.

BUON 25 APRILE… TUTTI I GIORNI

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