La mappa qui sotto mostra le dimensioni “monstre” della metropoli di Roma. Il suo territorio potrebbe ospitare la superfice di nove città italiane.
Potere al Popolo nelle ultime elezioni comunali è andato meglio in alcuni quadranti rispetto ad altri. Osservando questa mappa, diciamo che siamo andati meglio a Torino e in una parte di Firenze e che abbiamo avuto sorprese a Bari e Bologna. Ossia lì dove c’era un minimo di radicamento sociale o dove piccoli nuclei di militanti hanno saputo agire come “guerriglieri”. Sul complesso della metropoli di Roma non siamo ancora presenti o attivi in modo sufficientemente organizzato.
Le elezioni infatti sono come una guerra di posizione che richiede molte truppe, molti rifornimenti, molti soldi e accesso ai mass media. Potere al Popolo al momento non dispone di queste possibilità, dispone solo delle risorse umane delle proprie attiviste e attivisti, di alcuni punti di visione e soluzione dei problemi e delle contraddizioni di una metropoli (La Città Pubblica), di una candidata sindaca (Elisabetta Canitano) che è riuscita ad essere presente ovunque possibile, e di una “capacità di movimento” superiore alle altre forze.
Dunque Potere al Popolo è una giovane organizzazione politica che gioca meglio sul terreno della “guerra di guerriglia” (stiamo parlando ovviamente per metafore, con i magistrati che girano è meglio precisare, ndr) piuttosto che sul terreno della “guerra di posizione”.
Ed è evidente che su questo piano i risultati non possono che essere parziali. Non è possibile infatti vincere una o più battaglie campali. Su questo terreno il nemico e i competitori sono immensamente più forti.
Si tratta allora di capitalizzare ogni piccolo risultato, ogni passo in avanti rispetto alla situazione precedente, ogni fessura nelle contraddizioni dell’avversario. Le elezioni non sono solo una guerra di posizione in cui è difficile – e oggi potremo dire impossibile – vincere, ma sono diventate anche un territorio ostile in cui l’avversario semina trappole e imboscate: dal voto utile al personalismo, dall’occultamento mediatico alla totale sproporzione di risorse economiche a disposizione, dall’omologazione delle proposte in campo che rendono nebbiose e improbabili le opzioni alternative.
Potere al Popolo si è misurato sul terreno elettorale a Roma (ma anche sul piano nazionale) riuscendo a strappare piccoli ma significativi risultati, utili, anzi utilissimi, all’insediamento sociale e alla crescita di credibilità come proposta politica. La sua unica risorsa sono la qualità dell’attivismo politico che sa mettere in campo, ossia quella capacità di dare alle buone idee la possibilità di camminare sulle gambe di uomini e donne e quindi di diventare concrete. E queste buone idee sono una visione complessiva della necessaria alternativa di sistema che da troppo tempo non è più stata messa in campo. Non è molto ma non è affatto poco.
Per questa ragione, a consuntivo della nostra campagna elettorale, posso dire che “Per noi il poco diventa molto e un vantaggio si moltiplica per dieci”.
P.S. I dati confermano che a Bologna e Napoli in alcuni Municipi sono stati eletti attivisti di Potere al Popolo. Lo stesso è accaduto nei Comuni di Caserta, Volla e San Benedetto Po.
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Alessandro Tosolini
Rega, questa del dividere Roma in più quadranti per cercare di giustificare un pessimo risultato non l’avevo ancora letta. La metto dopo il PC di Rizzo che dice di prendere il 7% a Roma e il PCI che vanta risultati in comuni sperduti da 1 migliaio di abitanti.
Redazione Roma
Quando ti misuri con problemi concreti provi anche a evidenziare dove sono i punti di difficoltà che non si risolvono con le “sveltezze” elettorali. E’ una questione di metodo e di un necessario cambiamento di mentalità, può far male ma può essere l’inizio della cura.