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Quello che so sul salario minimo

Dal 1978 e per 35 anni ho lavorato alla produzione in una raffineria petrolifera prima che fosse chiusa nell’arco di quattro mesi, e per 30 anni sono stato sindacalista in fabbrica.

Durante un incontro sindacale in fabbrica, conversando del più e del meno con un dirigente in un momento di pausa, il discorso cadde sulla qualità dei prodotti petroliferi in uscita dalla fabbrica.

Il dirigente, senza che io lo sollecitassi, mi rivelò un fatto costituente dei prodotti petroliferi in uscita: la qualità della benzina doveva essere assolutamente di 98 ottani perché imposto dalla legge statale, mentre non poteva essere più di 98 ottani perché altrimenti si regalava qualità, quindi perdita di profitto.

98 ottani, punto e basta.

Alla luce delle attuali polemiche pro e contro il salario minimo è evidente che esso è stabilito al minimo, o perché c’è una legge che lo impone e a cui i padroni non possono derogare, oppure è stabilito dalle lotte operaie che ne alzano il valore, come accaduto durante la Prima Repubblica.

Al contrario, il salario oltre il minimo è dovuto alle molteplici lotte operaie che mettono le aziende e i loro padroni nella condizione di subire la cessione di parte del plus-valore prodotto verso i dipendenti, quindi di “regalare qualità” che altrimenti metterebbero nelle loro tasche.

In questi meccanismi va messo in conto che dopo il 1946 il blocco dei paesi a “socialismo reale” costruirono da subito lo stato sociale (sanità, scuola, pensioni, eccetera), il quale è molto costoso e che in occidente, attraverso le lotte e per mantenere la pace sociale in una società capitalista, fu implementato riducendo il saggio di profitto dei padroni.

Finito il “socialismo reale” i padroni e i politici (tutti) a loro conseguenti si adoperarono sia per smantellare lo stato sociale pubblico che per abbassare il salario minino, regalando qualità ai padroni a cui avevano dovuto rinunziare a collo torto.

Infatti, senza meccanismi sopra ricordati (le lotte) il salario minimo è imposto dal padronato che ne quantizza il ristoro nella pura riproduzione, come accadeva nel 19° secolo, e se mi è consentito, anche oggi in Italia.

I sindacati confederali affermano che il salario minimo non va normatizzato perché è attraverso la contrattazione contrattuale che va attuato, ma nulla hanno fatto e fanno perché i lavoratori non siano ricattati con contratti ultra precari e scarsamente pagati e altrettanto nulla fanno per mantenere lo stato sociale, esempio lampante è la sanità integrativa da contratto collettivo: o è per tutti o è un privilegio per pochi, vera “cartina  tornasole” del sistema capitalista, se vuoi lo stato sociale, te lo paghi.

Insomma il salario minimo per legge è una necessità per tutti i lavoratori per la scarsità di ruolo dei sindacati “rappresentativi” e la marginalizzazione dei sindacati veramente conseguenti ai lavoratori, dove Confindustria e Governo cercano di ignorarli, almeno fino a quando sarà possibile.

Il resto è tutta fuffa.

 * iscritto CGIL per 35 anni. 

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