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Gli avvoltoi che si aggirano sul “campo largo”

C’è una stucchevole ipocrisia tra i nostrani eroi del centrosinistra: lacrime di coccodrillo per i morti della gru di Torino, per nascondersi dietro il senso di colpa di non aver mosso un dito quando il governo, a cui convintamente partecipano, ha fatto meno di uno spruzzetto di acqua di rose per rendere la sicurezza un obbligo tassativo nel Pnrr.

Oggi esultano a ripetizione per la vittoria elettorale di Boric in Cile. Ma il coraggio politico di una canditatura di sinistra, con un programma di sinistra, in Italia non lo avrebbero trovato manco con i più bravi cani di ricerca molecolare.

Ogni tanto bisognerebbe avere almeno il pudore di ammettere che a forza di compromessi, mediazioni, errori di valutazione e colpevoli omissioni, il senso della realtà è andato irrimediabilmente perduto.

Quel che rimane nel centrosinistra italiano è una patetica nostalgia politica di uno schieramento residuale, di un progressismo sbiadito, che non riesce a nascondere un vuoto di memoria storica e un calo verticale di energie per il cambiamento dei rapporti di forza tra le classi.

Lo chiamano “campo largo”, un altra formula da apprensivi stregoni, colla quale il centrosinistra si offre ormai come carcassa agli avvoltoi della peggiore politica di rapina. Ma è sulla carne viva del paese che quelli banchettano.

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