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Per una nuova Tricontinental del Sud. Una scuola marxista internazionale di economia antropologica

La questione del Sud è di dimensione e caratteristiche sovranazionali, che si coniuga al concetto di sovranità nazionale e di sovranità di classe; come si apprende dai Quaderni di Gramsci la filosofia della prassi va alla verifica passando tutta attraverso la creazione dei Partiti Comunisti e rivoluzionari.

Ora si è ancora sottoposti al dominio dell’Imperialismo, come la resistenza eroica del popolo del Venezuela e del popolo cubano, del Nicaragua e Bolivia e tutti i paesi del Sud globale dimostrano , cercando di combattere contro l’infame blocco, sanzioni, e l’aggressione nelle varie rappresentazioni della guerra imperialista, che si inaspriscono in termini di guerra economica tutti i giorni. 

Un esempio di risposta da parte dell‘internazionalismo del Sud globale, è il pluripolarismo anche con la scelta tutta politica di un‘etica rivoluzionaria.

Si concretizza così il rifiuto della dittatura culturale ovvero dell’ideologia del capitale, che nel pensiero gramsciano e martiano possiamo vedere porre in essere come conflitto nella violenta dialettica della contrapposizione con un contestuale Internazionalismo di classe; ove si riconosce universalmente la classe degli esclusi, dei figli degli sfruttati come popolo della nuova umanità.

Oggi ai grandi storici rivoluzionari della decolonialità, Martí e Gramsci, aggiungeremmo sicuramente Bolívar, Guevara e i due comandanti eterni Fidel Castro e Chavez. 

Recuperare oggi il loro pensiero è importante, in quanto battaglia per la liberazione antimperialista.
Non per creare dei cortocircuiti teorici o cronologici, ma perché ci sono delle confluenze oggettive sul discorso della cultura popolare e sulla rivoluzione come atto profondo d’amore verso il popolo, verso chi ti dà la vita, verso i compagni” di lotta antimperialista.

Già Martí aveva teorizzato la Nueva – Nuestra America, come Sud contro l’Imperialismo e il Colonialismo, e così come poi Gramsci, si era posto il problema del riscatto dei colonizzati dei Sud .

Un Meridione oggi allargato che non è mera prospettiva geografica, ma è una dimensione più generale che Gramsci riferisce al nostro Sud, e che oggi sono nel Sud globale del pluripolarismo anche detto come multicentrismo.

José Martí è considerato uno dei più grandi scrittori e rivoluzionari del mondo della decolonizzazione dei Sud , ma la sua importanza e rilevanza storica deriva dall’universalità del suo pensiero e agire senza tempo.

Dedicò la sua vita alla causa dell’indipendenza di Cuba dalla corona spagnola e al sentimento nazionale per non cadere mai più sotto un nuovo regime coloniale. Convinto che la libertà dei Caraibi fosse fondamentale per la sicurezza dell’America Latina e per il confronto alla pari con i Paesi dei Sud del mondo, Martí dedicò il suo talento intellettuale e politico per forgiare il destino di Cuba e diventerà riferimento dell’attuale Sud globale.

Il suo insegnamento e il suo pensiero furono guida e mentore non solo del popolo cubano, e oggi per la nostra scuola è faro della Tricontinental della decolonizzazione. 

Non si può assolutamente esulare dalla peculiarità del periodo storico concreto nel quale si sono sviluppate le sue opere, le sue idee e la sua azione rivoluzionaria. Siamo nella seconda metà del diciannovesimo secolo caratterizzato da importanti trasformazioni economiche e sociali in tutto il mondo.
Le rivoluzioni di indipendenza in quella che lui chiamerà la Nuestra America – che noi, per meglio definirla, spesso chiamiamo la Nostra America indo -africana, non attivano una vera trasformazione dell’era coloniale fino in fondo. La sua aspirazione era di portare Cuba all’indipendenza, alla realizzazione di una repubblica diversa da quella che lui aveva conosciuto. 

La Cuba che sogna è una società ove a regnare è “l’uguaglianza, la giustizia sociale per le grandi masse popolari”. Si pone a favore dei poveri, a favore degli umili in modo che la distribuzione dei beni naturali non sia più fortemente diseguale, come accadeva non solo a Cuba, ma anche negli stessi Stati Uniti.

E lo stesso Fidel Castro si è riferito direttamente al suo pensiero e agire come ispirazione della rivoluzione, affermando: “Il 26 luglio 1953 riprendemmo la lotta per l’indipendenza, iniziata il 10 ottobre 1868 da José Martí, da lui avevamo ricevuto i principi etici senza i quali non si può concepire una rivoluzione.

Da lui ci arrivò anche l’ispirato patriottismo e un concetto alto dell’onore e della dignità umana come nessuno al mondo poteva insegnarci… Il giorno in cui cadde, il 19 maggio 1895, Martí si immolava per il diritto alla vita di tutti gli abitanti del pianeta”. 

Coniugando le idee di Martí e di Gramsci possiamo pensare al Meridione come il Sud globale degli oppressi; grande popolo del multicentrismo, meglio: del pluripolarismo, che lotta contro il Nord imperialista, sia esso degli Stati Uniti, sia esso europeo, italiano o francese o NATOcentrico.

Anche noi comunisti, rivoluzionari che viviamo in Europa, non esisteremmo senza Martí, Gramsci, Mariatequi, Guevara, Fidel, Chavez, non solo, e non tanto, per ragioni teoriche, ma anche per la capacità di tener vivo un faro rivoluzionario anti-imperialista che unisce tutti gli oppressi, i subalterni, e a tutte le latitudini dei Sud del pluripolarismo. 

Il riconoscimento popolare significa “fare i conti con i sentimenti di appartenenza nazionale e di autodeterminazione attraverso una cultura di rottura ma che porta al suo interno un profondo senso per l’amore rivoluzionario”. 

Bisogna riportare questo pensiero a quello che oggi sta avvenendo per esempio a Cuba, in Venezuela, nei Paesi dell’ALBA, che con le loro differenze sono comunque attuali e vive transizioni al Socialismo; popoli-nazioni che camminano in una diversa modalità applicativa e con culture diverse da quella di noi comunisti occidentali, ma alle quali siamo uniti nella speranza di poter trasformare non solo il nostro marxismo eurocentrico ma di costruire una nuova umanità ricca di amore rivoluzionario.

Le sfide del socialismo del e nel 21 ° secolo – e questo è ciò che affrontano le rivoluzioni a Cuba e in Venezuela, cioè le relazioni internazionali tra popoli e governi progressisti, democratici e rivoluzionari nella dimensione internazionale pluripolare, che si trovano ad affrontare un capitalismo aggressivo, combattendo contro una crisi strutturale più pesante e soffocante di trent’anni fa e con l’elaborazione di una strategia sistematica di guerra imperialista – sono complesse, soprattutto perché è necessario riprendere , dopo il 1989, il percorso di costruzione della società socialista in modo che i vecchi riferimenti internazionali scompaiano.

I comunisti, i rivoluzionari martiani, e gramsciani, hanno guidato e guidano tutt’oggi le azioni degli uomini e delle donne che credono fortemente nell’idea, non solo antimperialista di autodeterminazione, ma di Patria sovrana , libera da qualsiasi dominio.

Anche per noi rivoluzionari nei e dei Nord, necessita urgentemente abbandonare una impostazione dell’Occidentalcentrismo anche caratterizzante la visione classica marxista dei nord. Solo così è possibile approdare anche alla lettura e applicazione del dire e fare della Tricontinental di Guevara, partendo dal pensiero e azioni di Martí, Bolívar, Gramsci, con Fidel e Chavez . Un grande percorso rivoluzionario, un grande fare dell‘intellettuale militante. 

L’opera scritta e l’opera pratica di Martí come quella di Gramsci, di Fidel, di Chavez, non è conosciuta purtroppo in Italia e in Europa e nei Nord in generale e non solo. Perlomeno non lo è abbastanza in relazione all’importanza storica, teorica e pratica di questi grandi rivoluzionari.

Le discipline del conflitto di classe, così come i processi rivoluzionari, non possono essere vissute in compartimenti stagni, non possono essere vissute in chiave pedagogica pura, ma in chiave marxista di una economia antropologica e di pedagogia della formazione rivoluzionaria. 

Senza entrare in sterile e inutile polemica con altre scuole marxiste e rivoluzionarie, con altri partiti, con altre strutture del movimento internazionale di classe e internazionalista, bisogna però rappresentare un punto di vista diverso non solo nell’analisi economica e politica della crisi capitalista, ma anche nel coordinare il pensiero teorico di Marx a Lenin, fino a Fidel a Chavez passando per Gramsci e Guevara.

Il nostro compito è attualizzare questo pensiero come una continuazione del pensiero marxista, martiano e gramsciano. 

Questi non sono assolutamente ferri vecchi. Basta usare l’intelligenza, la capacità di attualizzazione, il coraggio e il riconoscimento popolare per riproporre come materia viva l’analisi concreta di questi nella formazione dei nostri giovani, così da formare soggettività in grado di mettere in discussione l’ordine esistente, l’ordine imperialista e capitalista.
Ecco perché l’analisi teorica e il nostro operare e agire politico si relazionano e hanno a che fare direttamente, ora anche qui in Europa in relazione ai movimenti di decolonizzazione, tutti e da subito , e senza se e senza ma. 

Ciò avviene in termini di prospettiva reale di programma per andare oltre la solidarietà politica, praticando esperienze politiche di classe come parte di una dimensione internazionalista dell’anticapitalismo e delle transizioni concrete del socialismo possibile e necessario già in
campo in varie parti del mondo.

Certo però sempre con la dimensione dell’internazionalismo di classe, con la collocazione politica internazionale di ogni movimento, organizzazione e partito della sinistra di alternativa e di classe, comunista, nel seguire un impianto e modello pluripolare.

E ciò nella consapevolezza che la nostra sfida “qui ed ora” sia quella di mantenere viva anche nella realtà europea e dei Nord delle parti- spazi conflittuali antimperialisti e anticapitalisti della crisi sistemica, l’idea forza e la pratica del superamento rivoluzionario del modo di produzione capitalista.

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