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Il fantasma di Thomas Sankara e l’azione predatoria della Nuland

Come per l’omicidio di Che Guevara in Bolivia nel 1967 anche quello del leader Thomas Sankara, assassinato in Burkina Faso nel 1987, i mandanti sono gli stessi, governo USA per entrambi e anche francese per il secondo.

L’omicidio dei due leader, invece che azzerare una possibile trasformazione sociale e redistributiva, i fantasmi dei due rivoluzionari continuano a disturbare i sonni dei colonialisti occidentali e ad essere riferimento per quei popoli.

I leader occidentali, specialmente francesi per l’Africa occidentale, hanno imposto e favorito dirigenze corrotte nelle loro ex-colonie (solo nominalmente), depredando quei popoli sia con la moneta, il Franco coloniale o CFA, o accaparrandosi le risorse a prezzi stracciati, come nel Niger dove l’uranio estratto colà, che alimenta le centrali nucleari francesi, lascia nella miseria assoluta il popolo di quel paese, anzi lasciando là le scorie di risulta dalla estrazione.

E’ in corso una strisciante emancipazione dell’Africa occidentale nonostante quei popoli siano afflitti da corruzione e dal terrorismo islamista cresciuto grazie alle armi disperse dalla Libia, paese smantellato dalla aggressione militare nel 2011 di Francia e Gran Bretagna poi affiancati dal resto dell’occidente, compresa l’Italia a guida Berlusconi.

I governi occidentali e i suoi mass-media non hanno fatto tesoro anzi se ne sono infischiati di quanto succedeva in Africa e in Niger in particolare tanto è la loro arroganza, ma ora è in gioco una risorsa strategica e per questo gli “strilli”, tanto più che le defezioni dall’occidente si possono estendere per emulazione ad altri paesi vicini.

La rinuncia all’uranio a poco prezzo estratto da aziende francesi è difficile da accettare in Francia, ma ci sono grandi difficoltà per poter tornare alla situazione coloniale precedente.

Il Niger è al centro dell’Africa quindi c’è un problema logistico di invio di truppe o di posizionamento e transito di eventuali aerei per il bombardamento, tanto più che Mali, Burkina Faso, Guinea, Centrt’africa e Algeria, tutte ex colonie francesi, si oppongono a una aggressione militare.

Le truppe occidentali, francesi, statunitensi, italiane e tedesche, circa tremila militari, posizionate là con la scusa di combattere i salafiti, si trovano ora in una situazione non legale e in possibile scontro con le milizie russe della Wagner.

L’ONU, per vari motivi di opportunità, non può essere usato per giustificare l’aggressione al Niger.

Il governo francese è perciò costretto a nascondersi dietro alle altre sue ex (?) colonie riunite nella ECOWAS ma i leader di questi paesi a loro volta subiscono una forte opposizione interna, come in Senegal, Benin e in Nigeria per cui al momento prevale l’attendismo.

La stessa Francia ha un problema interno per la considerevole presenza di immigrati e oriundi dalle ex-colonie.

Lo stallo sembrerebbe prevalere, ma non è così, perché dietro alla Francia c’è il governo yankee che assolutamente non accetta di essere emarginato in Africa, paventando in sostituzione l’egemonia del governo russo.

Questo ultimo elemento è rivelatore di come il resto del mondo vede la guerra per procura della NATO in Ucraina, tanto da suscitare in Africa manifestazioni popolari di sostegno alla Russia e non come la narrazione fasulla di un “aggredito e un aggressore”.

Gli USA perciò non sono disposti a “fare buon viso a cattivo gioco” e lo dimostrano le parole di Blinken per cui “è preferibile l’azione diplomatica”, e quindi è ancora in campo l’opzione militare, tanto più che il governo Biden dimostra costantemente di non fare tesoro dei suoi rovesci (come in Ucraina).

Che sia possibile una azione avventata degli yankee è dimostrato dalla visita a sorpresa della golpista Victoria Nuland in Niger, costretta a incontrare senza risultati membri di basso livello della giunta militare e nemmeno a incontrare, per legittimarlo, il presidente deposto: lo scopo della Nuland è stato certamente mandare direttamente un messaggio aggressivo e verificare che impatto ne seguiva, cosa faranno gli States lo vedremo nei prossimi giorni.

E il governo italiano?

Il governo Meloni, memore dei disastri libici paventa una azione militare NATO-guidata che porterebbe a milioni di profughi in fuga verso l’Europa e quindi verso l’Italia.

Le dichiarazioni sono quindi di moderazione e contro azioni militari, mandando un segnale distensivo con il ritiro di 65 militari, ma stante l’arroganza yankee e francese servirebbero?

Io non credo, che dovrebbe fare allora il governo italiano?

Se il governo italiano vuole evitare un intervento militare allora dovrebbe fare una cosa semplice: legittimare il governo golpista nigerino, ma come?

Semplice, riconoscendo il governo nigerino adesso a guida civile ma sotto controllo militare e offrire ad esso il mantenimento dell’addestramento delle truppe nigerine, rompendo la “solidarietà” atlantista.

Questo però significa pestare i piedi ai colonialisti francesi e mandare in bestia i guerra-fondai statunitensi e conoscendo la pasta dei politici italiani, anche e specialmente di destra, non credo avverrà, ci si adeguerà come al solito e dopo tante parole ipocrite alla volontà degli yankee, perché sono loro che comandano e al padrone non è bene farlo inquietare.

 * collettivo politico e PRC XI municipio Roma

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2 Commenti


  • Alessandro Ricci

    le contraddizioni interne ai Paesi africani coinvolti direttamente, l’età media bassa dei loro popoli assieme all’aumento delle diseguaglianza create dai sedicenti regimi democratici, infestati da corruzione e sudditanza neocoloniale , sono fattori favorevoli alle forze di cambiamento. Una notizia apparsa e scomparsa giorni fa diceva che gli otto stati del nord Nigeria, confinanti con il Niger, si erano espressi in modo drastico contro qualunque intervento militare. È confermata ?


    • Redazione Roma

      Ci sono parecchie contraddizioni tra gli stati africani sull’intervento militare, anche all’interno dei singoli paesi. Il senato della Nigeria si è detto contrario, in Senegal c’è un conflitto interno durissimo.

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