Un intervento armato in Niger sarebbe illegale sulla base del diritto internazionale. Il Niger non ha infatti attaccato alcuno Stato e il colpo di Stato è affare interno del paese. Dietro tutto ciò ci sono in realtà gli interessi verso l’uranio del Niger
L’ECOWAS è la sigla di Economic community of West African States, organizzazione internazionale istituita con il trattato di Lagos nel 1975.
In francese la sigla è CEDEAO. Rimasta a lungo pressoché inattiva è stata rilanciata negli anni Novanta fissando come obiettivo economico dell’organizzazione la creazione di un mercato unico e di una moneta unica.
Sul piano politico, l’ECOWAS ha assunto un ruolo di rilievo nel mantenimento della sicurezza nella regione, svolgendo, congiuntamente all’OUA (Organizzazione dell’unità africana) e alle Nazioni Unite, opera di mediazione nelle crisi e partecipando a missioni di interposizione.
In questa crisi l’ECOWAS sta svolgendo invece un ruolo di acutizzazione della tensione in questa fragile area dell’Africa (caratterizzata da una povertà estrema) in cui forti sono gli interessi occidentali (in particolare quelli francesi in Niger) per l’approvvigionamento dell’uranio.
L’ECOWAS ha lanciato un ultimatum al Niger nei confronti della giunta militare che ha spodestato il precedente presidente, portato al potere con le elezioni.
E’ inaccettabile questo ultimatum. Il Niger non ha infatti attaccato alcuna nazione e ai sensi della Carta ONU la minaccia di guerra è già di per sé una violazione del diritto internazionale.
Se l’ultimatum dovesse scattare entro stanotte, domani avremmo una nuova guerra, nel cuore dell’Africa. Si può essere fermi oppositori dei colpi di stato ma nessun golpe può giustificare un intervento armato dall’esterno. Per tali ragioni PeaceLink lancia questo appello.
Gli ultimatum ricordano tragiche aggressioni militari da parte dell’Occidente e dei suoi alleati.
Chiediamo ai paesi dell’Africa occidentale di non fare il gioco di altre potenze.
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Un intervento armato in Niger sarebbe illegale sulla base del diritto internazionale. Il Niger non ha infatti attaccato alcuno Stato (non si può dunque invocare nemmeno l’articolo 51 della carta Onu) e il colpo di Stato è affare interno del paese. Si tratterebbe dunque di una guerra di aggressione, un atto che, sulla base del pronunciamento di Norimberga del 1946 è “non è solo un crimine internazionale; è il supremo crimine internazionale”.
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Ricordiamo gli esiti della guerra della Nato in Libia sono stati molto gravi anche per i paesi africani. Hanno provocato o alimentato la diffusione del terrorismo e la proliferazione di gruppi criminali, ormai non solo nell’Africa dell’Ovest. Hanno provocato un impoverimento generale del continente e dei suoi lavoratori. Tremendi anche gli esiti delle guerre che l’Occidente ha condotto per procura. I paesi africani non si associno a operazioni militari catastrofiche.
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E’ concreto il rischio che i terroristi jihadisti disseminati in Africa occidentale approfittino di un intervento armato per legittimarsi come difensori dell’islam. Sarebbe una sciagura.
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Agire militarmente contro il Niger toglierebbe energie dalla lotta contro i terroristi. L’opposizione della Nigeria lo ha ben ricordato al presidente del paese: “Combattete piuttosto Boko Haram”, ossia il movimento fondamentalista islamico che ha sconvolto il nord della Nigeria e ha gradualmente colpito anche altre aree del paese.
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Il vero “nemico” è la povertà, la fame, le difficili condizioni di vita, che una guerra accentuerebbe portando per di più i bilanci degli Stati ad accrescere le spese militari.
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Rispettate i cittadini dell’Africa occidentale e i paesi della regione che hanno detto no a un intervento armato. Non solo Mali, Burkina Faso, Guinea Conakry ma anche l’Algeria e il Ciad si sono schierati contro l’escalation. E il Senato della Nigeria ha chiesto la via diplomatica. In Benin l’Alleanza per la patrie (gruppo di opposizione) ha chiesto al governo di non trascinare il paese in una guerra per gli interessi strategici altrui. Anche altrove le popolazioni sono preoccupate e colpite dalle sanzioni.
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Le sanzioni economiche, come sempre, colpiscono i popoli – in questo caso del Niger – e vanno ritirate. Ciò che va affrontato da un punto di vista economico è invece il neocolonialismo che ha sfruttato queste aree ricchissime di risorse ma poverissime per via del dominio dei paesi ricchi occidentali che hanno in passato portato a vergognose e criminali azioni come quella dell’omicidio del leader africano Sankara, con la complicità della Francia e degli Stati Uniti.
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