“Senza un dittatore, difficilmente una nazione può uscire da una situazione straordinaria“; questo scrive Adriano Sofri.
Il postulato non è nuovo. Nasce da Macchiavelli (in relazione all’Impero Romano) e si afferma nella pratica dei “liberali” che, più volte nella storia, hanno applicato in modo cosciente lo schema del dittatore-utile.
Un pensiero del genere dovrebbe turbare ogni sincero democratico, non foss’altro perché presuppone un’autorità che stabilisca i criteri secondo cui un dittatore è utile o pericoloso.
Augusto Pinochet fu un dittatore utile a molti affari, da quelli della borghesia cilena a quelli geo-storici degli Stati Uniti; decisamente pericoloso per Allende e il popolo cileno.
Nel caso di Sofri, l’autorità è, molto probabilmente, quella astratta della liberal-democrazia, che pone delle istanze superiori: proprio perché la posta in gioco è talmente alta, il ricorso a strumenti dittatoriali può essere opportuno.
I tempi della democrazia – scrive Sofri – sono troppo lenti per avere ragione d’una contingenza dannatamente esigente; dunque, ben venga il dittatore, purché con data di scadenza…
‘La disperazione politica del liberale’, questo potrebbe essere un tema di indagine; e Adriano Sofri potrebbe essere la cavia perfetta. Una disperazione che scaturisce dal fatto che, di fronte a una battaglia considerata vitale per la democrazia, non si esiti a ricorrere a strumenti che feriscono la stessa democrazia. Una perfida contraddizione.
Sì, vero: il golpe e la successiva dittatura di Pinochet furono condotti in nome della “libertà d’impresa”, valore tipico del pensiero liberale, ma queste sono sottigliezze.
Il postulato di Sofri, dunque; un dittatore può avere una funzione progressiva e la mostruosità della dittatura può essere democraticamente plausibile.
Sì, un postulato decisamente ambiguo; sforzandosi di farlo apparire come “indispensabile”, il dittatore “amico” della democrazia viene spogliato della sua essenza dittatoriale. Si rende digeribile ciò che dovrebbe sgomentare.
A ben pensarci, la logica adoperata da Sofri non è differente da quella applicata solo qualche giorno fa dal parlamento canadese nel tributo a un “veterano” nazista: viene fatto risaltare il lato positivo del nazismo in funzione antirussa, e con ciò stesso messo da parte l’orrore di cui è stato protagonista.
Il vero risultato di questo postulato? L’indifferenza verso chi subisce la dittatura. Ciò vale, per esempio, per i cittadini dell’Arabia Saudita, dell’Egitto o della Turchia, regimi “amici” dell’Occidente, così come per i palestinesi o i curdi; dunque, per tutte quelle situazioni dove un regime oppressivo e violento è visto di buon occhio dai liberali, proprio perché strategico per i loro affari.
Va altresì detto che Adriano Sofri è coerente: lo stesso tipo di logica – cinica e ipocrita – l’ha applicata in merito al rispetto della legalità internazionale.
La differenza tra aggressori e aggrediti, che Sofri non ha esitato a definire, in riferimento all’Ucraina, “il discrimine decisivo”, non è stata applicata per le aggressioni dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Jugoslavia e della Libia, da lui convintamente sostenute.
Perché tra il liberale e la politica internazionale c’è sempre una sostanza indicibile, quella che si riconosce negli interessi materiali delle liberal-democrazie occidentali.
Non si tratta di singoli dittatori o diritti, bensì di salvaguardare un continuum di interessi, di una prassi volta unicamente a ottenere un vantaggio economico o geo-storico.
Libertà e democrazia sono solo le parole magiche che fanno da velo ad azioni che sono tutt’altro che edificanti.
Con buona pace di Adriano Sofri.
* da Facebook
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. Binazzi Sergio
è già da parecchio tempo che Adriano Sofri pare abbia perso la bussola, pensare al Sofri di lotta continua, grande difensore della nobile causa proletaria, e fare il raffronto con il Sofri di oggi fa accapponare la pelle. comunque è purtroppo diventata una normalità, è il grande momento dei rinnegati, bruttissima razza a mio parere. io a volte sono un po sarcastico, ma mi viene da proporre come inno nazionale la bellissima e significativa canzone di Fiorella Mannoia: ” come si cambia…..” è più centrata dell’inno di Mameli.
andrea battinelli
Una delle cose più dolorose per la nostra
generazione è assistere alla parabola politica di Adriano Sofri. Io me la spiego soltanto con un latente senso di colpa e desiderio di insana redenzione. Che pena
Mauro
Difendere la causa proletaria non porta soldi…quindi…
Roberto
E se conoscendo Sofri, avesse inteso una dittatura utile del proletariato attraverso una rivoluzione liberata dai vincoli capitalisti?
Redazione Contropiano
Seeeeh… e se mio nonno aveva 5 palle, era un flipper?
Ta
i convertiti sono così… più zelanti e leccapiedi dei vecchi credenti.
Sergio
dalla dittatura del proletariato alla dittatura di un uomo solo…l’evoluzione dei campioni del cosiddetto “antistalinismo”….bah