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Quando a Savona si passava il natale in fabbrica

Firenze, il Capodanno in fabbrica con gli operai della ex-Gkn: “La nostra lotta contagerà il Paese”

“Musica, interventi, rabbia ma anche tanta voglia di divertirsi. Il Capodanno nello stabilimento della ex-Gkn di Campi Bisenzio è un misto di sensazioni e colori, pensieri e parole. Sono tante le persone che hanno deciso di passare la notte di San Silvestro al fianco degli operai in lotta dal luglio 2021.” (Così da Repubblica online, 2 gennaio 2024)

Questa notizia ci ha riportato indietro nel tempo, alle grandi lotte di fabbrica che hanno attraversato la nostra Città negli anni’50 e al 1951 Natale in Fabbrica all’ILVA.

La fase era quella della riconversione dell’industria bellica e dell’apertura dei nuovi poli siderurgici, fra i quali quello genovese dell’Oscar Sinigaglia, collocato sul sito di Cornigliano strappato al mare il cui insediamento significava “sic e simpliciter” il ridimensionamento dello storico impianto savonese sito sulle tracce dell’antica Siderurgica Tardy e Benech.

Lo stabilimento siderurgico savonese più importante poi entrato nel piano delle nazionalizzazioni del 1911 (con l’arrivo di tanti operai da Terni e da Piombino con le loro famiglie): stabilimento che – nel 1938 – era arrivato ad occupare 5.000 tra operaie e operai (nel reparto Litto – Latta la manodopera era prevalentemente femminile) nel momento massimo dello sforzo compiuto dal fascismo per preparare la guerra.

Una fabbrica nelle quale era stata costante, durante il ventennio, l’attività antifascista e la presenza del Partito Comunista così come in altre officine tra Savona e Vado in una zona all’epoca dove l’industria rappresentava il cuore dell’economia e della vita delle persone.

Fin dal 1949 questa realtà (che al momento della Liberazione occupava ancora circa 3.000 unità) salvaguardati gli impianti dalla distruzione, era stata messa in crisi dalle scelte geopolitiche cui si accennava poc’anzi: da quel momento si era avviata l’epoca del declino per la Savona industriale e la perdita d’identità di cui ancor oggi soffre la nostra comunità.

La “lotta” proseguì fino al 1952 quando si raggiunse un accordo per una ricollocazione di parte delle lavoratrici e dei lavoratori sia nel nuovo impianto di Cornigliano sia a Novi Ligure senza evitare centinaia di licenziamenti.

La difesa della fabbrica da parte degli operai aveva raggiunto l’apice nell’inverno del 1951 con la fabbrica occupata e – appunto – il Natale trascorso in fabbrica con gli operai e le loro famiglie e la presenza di compagni provenienti dalle altre fabbriche cittadine e dal porto.

L’atmosfera di quel giorno però non era quella, a tratti festosa che denuncia la cronaca per il Capodanno in GKN nel 2023: il clima era insieme cupo e commosso perché si aveva coscienza che si stava perdendo un pezzo non solo del lavoro ma del nostro stesso modo d’essere di una classe operaia orgogliosa di essere “forte”, “stabile”, “concentrata” politicamente e sindacalmente impegnata.

Erano tempi di dura repressione poliziesca con le camionette della “Celere” che disperdevano cortei di donne bambini con caroselli spingendo le jeep fin sotto i portici dove si cercava rifugio.

La questione dell’Ilva dominò la scena civica e politica di Savona per un lungo periodo mentre quasi contemporaneamente si aprirono altri focolai di crisi, in particolare alla Scarpa e Magnano, fabbrica elettromeccanica dall’alto valore di know-how.

Fabbrica che era sede di una “aristocrazia operaia di alto livello”: dalla Scarpa e Magnano, in quel momento parte del gruppo Edison, provenivano i primi due Sindaci della Città dopo il 25 Aprile: Drin Aglietto sindaco della Liberazione e Amilcare Lunardelli, suo successore nel 1951, entrambi con alle spalle lunghi periodi di carcere e di confino durante il fascismo. Anche dall’Ilva erano usciti quadri politici di altissimo rilievo a partire da Vincenzo Zucca senatore per due legislature.

Anche nel caso della Scarpa e Magnano si arrivò all’occupazione del plesso di Via Fiume e non si poté evitare un ridimensionamento occupazionale e tecnologico (poi completato nel 1960 con il passaggio dell’impianto alla Magrini Galileo).

Gli operai più combattivi furono licenziati ricevendo la lettera a casa a mezzanotte dalla guardie giurate per impedire che si verificasse immediatamente una mobilitazione, altri furono trasferiti ad un reparto confino (antesignano della Palazzina Laf immortalata cinematograficamente in questi mesi) in Corso Ricci lontano dalla sede centrale.

Servirebbe molto spazio per analizzare a fondo quel periodo ma ci fermiamo a questo punto dopo aver descritto soltanto un approssimato sommario di quanto accadde e dei suoi esiti proprio per corrispondere semplicemente a quanto la memoria ci ha suggerito leggendo del capodanno in fabbrica degli operai della GKN.

Operai della GKN di cui va rilanciata la dichiarazione: “speriamo che la nostra lotta apra una stagione di conflitto sociale“. Conflitto sociale assolutamente necessario in una situazione di grande difficoltà e di crescita esponenziale di insopportabili ingiustizie e disuguaglianze.

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