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Il Moribondo contro il Nascente

Fin dai primi anni del 1900, la “dottrina dell’Heartland” di Mackinder ha dominato la mentalità e le azioni geopolitiche dell’Occidente (in primo luogo i britannici, ma anche la Germania nazista adottò questa ossessione).

La strategia prevedeva inizialmente l’indebolimento, lo smantellamento e la presa di possesso totale dell’”Impero russo”… a cui sarebbe seguito il dominio dell’intero continente europeo e asiatico… e poi del resto del mondo. Come hanno sottolineato Zbigniew Brzezinski e George Friedmann di Stratford, si è sempre trattato di controllare le ricche risorse e la posizione geopolitica della Russia e dell’Asia.

Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la successiva Guerra Fredda, questa agenda essenzialmente britannica non sembrava più all’ordine del giorno, poiché il centro di potere imperiale e coloniale si era spostato dal Regno Unito agli Stati Uniti… e gli Stati Uniti avevano già iniziato a perseguire le loro numerose ambizioni imperiali in altre parti del mondo per espandere la propria influenza (attraverso varie guerre, guerre per procura e conflitti in tutto il mondo (Vietnam, Corea, Asia occidentale, Africa, America centrale e meridionale).

Per un certo periodo (in termini storici: 1945-1989) sembrava che la “Dottrina Heartland” non avesse più alcuna rilevanza. In realtà, aveva un’esistenza in ombra, perché nessuno ne parlava apertamente… Perché un certo gruppo – i neocon – non aveva ancora un’influenza sufficiente sulla politica e sull’opinione pubblica degli Stati Uniti… Ma oggi sappiamo che essi sono rimasti impegnati in questa agenda dietro le quinte.

La situazione geopolitica globale cominciò a cambiare alla fine degli anni Ottanta. (Il grande cambiamento avvenne bruscamente nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica). La fretta e lo zelo con cui prima Gorbaciov e poi Eltsin cercarono di apportare e attuare cambiamenti e “riforme” nel gigantesco impero sovietico si rivelarono in seguito controproducenti, se non addirittura fatali, e non solo portarono al crollo dell’URSS, ma debilitarono gravemente la Russia.

A ciò si aggiunse l’ingenua convinzione dei sovietici che, con la scomparsa dell’Unione Sovietica, sarebbero scomparsi anche l’inimicizia e il conflitto ideologico con l’Occidente… e che la “normalità” avrebbe preso il suo posto. (Eltsin a Jeffrey Sachs, da 1:19:08: “Vogliamo essere normali.“) Ma cosa esattamente i russi (o i sovietici) intendessero allora per “normalità” (rispetto al capitalismo/imperialismo statunitense) rimane tuttora poco chiaro.

In seguito a questo drammatico crollo, la Russia fu devastata economicamente, militarmente, politicamente, culturalmente e socialmente.

Le élite occidentali intorno ai neocons, inebriate dall’inaspettata “vittoria” sul “nemico”, si sono messe a divorare la Russia e il resto dell’ex URSS. Si consideravano gli indiscussi autocrati del mondo secondo il motto: “chi vince prende tutto“.

Ora nulla ostacolava il vero “sogno americano”, cioè il dominio del mondo intero – tranne forse quei pochi Stati più piccoli che non avevano ancora riconosciuto questo cambiamento di paradigma o non erano disposti ad accettarlo. Per affrontare questi fastidiosi ostacoli, gli strumenti neoliberali vennero in soccorso: l’infiltrazione, la corruzione dei governi e delle loro élite, le rivoluzioni colorate… e, se non fossero serviti, i bombardamenti e il terrore.

Le prime bombe sono cadute sull’Iraq nel 1990; nel 1999 la NATO, guidata dagli Stati Uniti, ha bombardato la Jugoslavia; poi sono seguiti i bombardamenti e l’occupazione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia e della Siria… Secondo il generale statunitense Wesley Clark, sette Paesi dovevano essere invasi entro cinque anni e sottoposti a “cambio di regime”: Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran.

Nel frattempo è iniziata l’inarrestabile espansione verso est della NATO, nonostante le promesse fatte alla Russia. L’offerta russa di un partenariato tra pari e persino della sua partecipazione alla NATO è stata rifiutata.

Gli Stati Uniti hanno invece preteso la subordinazione della Russia alla loro egemonia… ma questa è stata respinta da Yevgeny Primakov (1999 – “l’inversione a U sull’Atlantico”) e di nuovo da Vladimir Putin… che ora ha messo la Russia su una serie di binari sovrani completamente diversi.

Oggi, mentre i neocon rimangono “bloccati alla stazione di Mackinder” di un’agenda imperialista britannica obsoleta e incancrenita… la locomotiva del Grande Progetto Eurasiatico sfreccia su binari nuovi – non alla ricerca dell’egemonia ma di partnership armoniche in un mondo nuovo e multipolare.

La discesa nell’irrazionalità

I secoli di egemonia imperialista delle élite occidentali, che avevano assicurato una vita di progresso e prosperità a se stesse e ai loro sudditi in patria impedendo deliberatamente questi stessi vantaggi agli altri – un principio chiave dell’ideologia colonialista che garantiva loro il successo – hanno portato a plasmare la loro psiche, la loro mentalità generale, la loro personalità e, in ultima analisi, la loro identità, i cui effetti possono essere visti nel loro senso di supremazia, nel razzismo, nel fascismo e nell’arroganza.

Tuttavia, le élite occidentali hanno iniziato a temere che il loro sistema capitalistico liberale sarebbe crollato prima o poi, con la conseguenza che esse (le élite) si sarebbero trovate ad affrontare gravi e pericolosi sconvolgimenti economici, politici e sociali, rivolte, rivoluzioni in patria e una perdita di potere ed egemonia su scala globale.

Le loro guerre a Gaza e in Ucraina, le tensioni bellicose da loro create nel Mar Cinese Meridionale, così come le azioni, le dichiarazioni e le reazioni dei politici occidentali e dei loro media, dimostrano chiaramente la loro disperazione.

Di fronte alla resistenza e all’opposizione di altre nazioni, le élite occidentali hanno sempre risposto con le minacce, le sanzioni e la corruzione dei loro leader, e se queste non erano efficaci hanno fatto ricorso a operazioni terroristiche segrete, guerre per procura e infine guerre calde.

Ma ora si trovano sull’orlo del loro stesso abisso, e l’abisso li sta guardando indietro. Il solo pensiero di perdere potere e prestigio alimenta la loro follia.

Il panico crescente li ha portati a diventare sempre più irrazionali nelle loro decisioni, facendoli incorrere in avventate valutazioni sbagliate e gravi errori.

I loro stessi Stati si sono saturati con la russofobia, l’islamofobia, la “cancel culture”, l’armamento della polizia e delle agenzie di sicurezza per scopi di contro-insurrezione, le dannose politiche di immigrazione, la diffamazione e la persecuzione delle figure di opposizione, la sincronizzazione dei media, il crollo delle infrastrutture, dell’istruzione, della società stessa, un’erosione generale della morale e dell’etica… e un Bill Gates e un Klaus Schwab, che stanno architettando piani squilibrati per il futuro dell’umanità.

L’agonia dell’Impero: non può vincere, e non può andarsene…

La “Guerra Fredda” era “fredda” perché si era creato una sorta di equilibrio militare tra “Est” e “Ovest”, in quanto entrambe le parti erano costituite da territori con potenze nucleari. Oggi non è cambiato molto dal punto di vista nucleare-militare per quanto riguarda il possesso di armi nucleari.

Tuttavia, la situazione di allora (durante la Guerra Fredda) richiedeva che i politici e le élite occidentali pensassero e agissero in modo realistico e razionale, cosa che oggi non avviene più – e questo è il punto critico in cui ci troviamo.

È stato raggiunto il punto in cui l’Occidente può solo decidere di ritirarsi… o di combattere fino in fondo, perché per loro si tratta di una battaglia esistenziale. E – visto che attualmente ci sono troppi pazzi, sprezzanti della vita umana, in posizioni di comando politico e militare nel campo occidentale, che operano secondo il motto “o tutto o niente” e “se non lo abbiamo noi, non lo deve avere nemmeno nessun altro” – sembra che stiano decidendo a favore della lotta fino alla fine, che potrebbe portare all’Armageddon nucleare.

Con questa mentalità, l’Occidente si è portato in una situazione estremamente disperata, tipica di chi ha tendenze suicide, con una differenza: l’Occidente ha scelto di giocare il ruolo di attentatore suicida.

Ma una terza opzione potenziale per le élite occidentali potrebbe essere – se ancora rifiutassero di ammettere la loro sconfitta, ma fossero almeno in grado di sentirsi finalmente dissuasi da una minaccia nucleare – quella di creare una nuova divisione nel mondo tra “l’Occidente e il Resto”, erigendo una sorta di propria Cortina di Ferro e… una sorta di nuova “Guerra Fredda”, durante la quale continuerebbero a vivere in una bolla in cui potrebbero rimanere nell’illusione di preservare la loro supremazia in modo delirante… come un paziente in una clinica psichiatrica che non può essere curato, ma almeno è stato pacificato.

Questo triste stato di cose si manifesta al meglio nella figura dell’”uomo più potente del mondo” (come promulgato dai propagandisti occidentali): Joe Biden (alias “Genocide Joe”). La figura di Biden – quasi per una “coincidenza cosmica” – incarna il mondo occidentale di oggi. È infatti la sua icona… moribonda e in decomposizione… con una visione zombesca del mondo, aggrappata non alla vita ma solo al potere spietato… e completamente fuori dalla realtà.

Senza rendersene conto, Tucker Carlson ha appena descritto in questo video (in cui dice: “Biden sta morendo in tempo reale“) non solo la condizione di Biden, ma quella dell’intera egemonia occidentale.

L’Egemonia ha quasi raggiunto la sua fine… ma non se ne va in silenzio.

L’altra sponda… si entra in un’era di nuove percezioni e visioni globali per l’armonia e la cooperazione

Lo stato di decadenza dell’Occidente ha portato all’emancipazione di un numero sempre maggiore di Stati non occidentali, a cominciare da: Cina, Russia, Iran, India, Sudafrica, Brasile… tutti Paesi che hanno già avuto le loro amare esperienze storiche con la natura suprematista e violenta del colonialismo occidentale. In seguito alla formazione dei BRICS e di altre alleanze simili, altri Paesi non occidentali hanno iniziato ad allontanarsi dall’Occidente e a cercare alleanze più opportune e partenariati armoniosi.

In Asia e in altre parti del mondo sta emergendo un sistema multinodale, policentrico e multipolare, guidato da una Russia risorgente, che non è di per sé “anti-occidentale”, ma rifiuta la sua secolare egemonia coloniale e il suo “ordine basato sulle regole” e anela a un nuovo mondo fondato sulla giustizia e sull’uguaglianza.

Gran parte del mondo è stanco dei mostri e cerca non un “re-set” ma una rinascita delle proprie identità originali e delle proprie eredità storiche… che sono state tenute troppo a lungo in ostaggio da uno spietato Impero divoratore.

* da Al Mayadeen – Traduzione a cura di: Nora Hoppe per L’Antidiplomatico

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1 Commento


  • Tiberio

    Non c’è niente di nuovo o sconvolgente in questo bellissimo articolo, c’è dentro la storia del pianeta, sono cose che tutti sanno e tutti sappiamo.
    Quel che sconvolge è che nella comunicazione globale non si senta mai una sillaba sulla questione, come si può tollerare questa forza del masinstream resterà un mistero.
    Eppure di occasioni per parlare di questo pubblicamente ce ne sono eccome.

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