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La Risoluzione che confessa: siamo europei, suprematisti e razzisti

La Risoluzione del Parlamento europeo sul futuro della difesa è un documento delirante, in senso letterale: è cioè fondato su false credenze che persistono nel tempo. Vi sono presenti anche i tipici tic linguistici del delirante, in particolare la presenza di discorsi non plausibili, del tutto slegati dalla realtà. Al di là della sintomatologia, che direi di tipo persecutorio (i continui richiami ai rischi della sicurezza e degli interessi europei a causa dell’attivismo di Russia e Cina), sono facilmente identificabili i capisaldi ideologici che sostengono la redazione del documento.

Protagonista è certamente l’idea di un’Europa altamente civilizzata e culla della democrazia e della libertà, che si auto-colloca sul podio più alto dei popoli e delle civiltà; una forma di suprematismo che viene però edulcorato – dunque mistificato – tramite un ampio reticolo di enunciati e narrazioni che ne nascondono il volto coloniale e imperialista.

In essa è viva la contraddizione tra le determinazioni etiche e di giustizia, costruite attorno ai capisaldi del diritto internazionale e dei diritti dei popoli, e le determinazioni geopolitiche, quelle degli interessi specifici di ogni nazione, così che il richiamo, per esempio, ai valori universali confligge con il sostegno esplicito a politiche di dominio.

Per esempio, l’instabilità dei paesi africani o medio-orientali, individuata come una delle cause dell’insicurezza del continente, non viene imputata alle politiche predatorie di aziende o governi europei, ma solo alle ambizioni dei nemici strategici (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord).

Bloccata in questa contraddizione, l’ideologia suprematista diviene il momento significativo dove, da una parte, si imputano atteggiamenti imperialistici agli altri attori internazionali, salvando dunque se stessi dall’accusa di esserlo, dall’altra, non si esita a fornire sostegno – ideale, finanziario e tecnologico – alle politiche di occupazione di Israele, che finisce per negare gran parte della grammatica valoriale dell’Europa.

Questo secondo aspetto assume contorni talvolta grotteschi, come quando si ricorda che l’UE è da sempre impegnata nella condanna delle aggressioni e delle occupazioni; ovviamente, il riferimento è alla Russia e, in subordine, alla Cina con Taiwan. In tutta la Risoluzione, Israele non è mai nominato.

Ancora una volta, dunque, una Weltanschauung fondata sui diritti e sulla libertà finisce per essere, nella sua prassi concreta, una politica di egemonia e di potenza, i cui sintomi rimandano a quella malattia della storia che è il liberalismo militarizzato.

Ma quali sono le principali coordinate ideologiche della Risoluzione e delle élite europee? Ne propongo qui di seguito alcune, forse le principali, mettendo in relazione il piano globale, che trova il centro nelle politiche dell’UE di questi anni, con quello locale, in riferimento a quanto espresso esplicitamente nella Risoluzione.

Si tratta di un elenco forse sintetico, però attendibile; è comunque un punto di partenza per ampliare la ricerca sulla filiera ideologica che sta fungendo da supporto alla “tendenza alla guerra” propria dell’attuale leadership europea.

Un’identità forte, che se prima veniva inglobata nel concetto – anch’esso tutto ideologico – di Occidente, dopo il cambio di strategia degli Stati Uniti viene declinato in chiave solo europea; si tratta della presunzione di una superiorità morale intrinseca, strettamente connessa alla celebrazione della propria superiorità – intellettuale, morale, tecnologica.

Lo scontro di civiltà, che assume la forma del conflitto tra democrazia e autocrazia; per esempio, nella Risoluzione si accusa esplicitamente la Cina di erodere “l’ordine internazionale basato su regole”, dimenticandosi bellamente delle violazioni del diritto internazionale di Israele e, in maniera anche più massiccia, degli Stati Uniti (e della stessa Europa).

La priorità strategica del riarmo per contrastare l’insorgere di nazioni che mettono a rischio i valori europei, che trova il suo senso – o meglio, il suo non senso delirante – nel processo di militarizzazione delle relazioni internazionali, causate dalle “azioni conflittuali, aggressive e intimidatorie” di Cina e Russia.

La necessità di giustificare i propri comportamenti in termini etici e culturali, ben rappresentata dai continui riferimenti alle regole internazionali e dal legame – artificiale, proprio – tra riarmo e aumento della sicurezza per garantire lo stile di vita europeo.

Una certa “mitologia imperiale”, o comunque il recupero del pensiero coloniale. Se è vero che non si toccano i livelli del “messianismo” statunitense o israeliano, è altresì vero che è ben presente l’idea che gli europei possano aiutare gli altri popoli a raggiungere livelli più elevati di sviluppo, mentre gli altri regimi puntano solo allo sfruttamento e all’espansione.

Il senso di appartenenza che tende ad assolutizzare l’Europa come parte del Bene. L’Altro è considerato del tutto privo d’interesse, oppure un nemico.

A queste coordinate si aggiungono altri sintomi propri del delirio suprematista, dalla disumanizzazione di russi o cinesi, all’intolleranza nei confronti della critica (per esempio, le accuse di putinismo o antisemitismo rivolte a chiunque non approvi la narrazione dominante).

Un altro aspetto certamente presente tra le righe della Risoluzione è riferibile al classico doppio standard sulla giustizia internazionale, che contribuisce a retrocedere l’assetto civile e dimensione pre-giuridica, dove la violenza prevale sulla giustizia. Questo processo è ancora in corso e trova una prima rappresentazione ideologica nella legittimazione del genocidio dei palestinesi, considerato ormai un atto ineluttabile per la difesa dell’Europa.

Queste caratteristiche appartengono in modo specifico ai “ceti riflessivi” europei – giornalisti, intellettuali, esperti, politici – e sono spesso, se non del tutto, interiorizzate, ormai parte consustanziale di un immaginario – e di un ethos – che ha tutte le caratteristiche di una religione. Di una religione, però, delirante, dunque non solo priva di contatti con la realtà, ma anche capace di progettare forme di esistenza mortifere.

Ed è proprio quello che sta accadendo in questi giorni, dove la “custodia gelosa” dei germi del colonialismo e dell’imperialismo rendono l’Unione Europea responsabile di un attacco senza precedenti ai diritti universali dei popoli e alla giustizia internazionale.

* da Facebook

Immagine di apertura: Francisco Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”, 1797.

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1 Commento


  • Pasquale

    L’idea dell’Europa come portatrice di bene, come aiuto agli altri nel cammino per lo sviluppo. Balle! E’ solo riarmo, e sono d’accordo, per tentare di ripristinare una certa “mitologia imperialista”. Non si può volere la pace proponendo il riarmo del continente, non ci potrà mai essere pace lasciando morire in mare i migranti o rinchiudendoli nei lager albanesi. E non ci sarà mai la pace fino a quando i governi vassalli taglieranno le risorse pubbliche della sanità e dell’istruzione a favore della spesa in armamenti per far giocare alla guerra quattro delinquenti oligarchi che comandano il mondo.

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