Da mesi assistiamo ormai quotidianamente al primo genocidio della storia in diretta streaming. Il volto della medusa è stato occultato per molte settimane e, quando si è palesato, sembra aver impietrito per parecchio tempo l’opinione pubblica che, forse, non voleva né poteva credere all’orrore indicibile che si consumava e si consuma a danno del popolo più martoriato degli ultimi decenni.
Come tutti sappiamo, nell’epoca dei social e della rete, la funzione mediatica è fondamentale per occultare, amplificare o dissolvere una questione, per interpretarla e somministrarla all’opinione pubblica in determinati modi, contesti, orizzonti.
Bisogna dire che, nella vicenda del genocidio palestinese in atto, il mainstream occidentale ha dato prova di una potenza di fuoco propagandistica eccezionale che si è sviluppata a partire dall’inversione della causa con l’effetto, passando per la ricostruzione arbitraria della storia, fino a giungere alla criminalizzazione del dissenso (equiparato a sostegno al terrorismo), per chiudere con la famosa accusa di antisemitismo propalata a piene mani verso tutti coloro che, ebrei compresi, hanno denunciato il colonialismo sionista, col suo carico di suprematismo, apartheid, occupazione, pulizia etnica e logica genocidaria.
Nei primi mesi, a partire dal massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023, il dibattito pubblico è stato dominato dal solito mantra in voga da decenni: “Israele, unica democrazia del Medio Oriente, ha diritto di difendersi”. Tradotto significava che USA e vassalli, ancora una volta, concedevano mano libera alla potenza occupante contro Hamas e contro ogni tentativo del popolo palestinese di far valere il proprio inalienabile diritto alla resistenza, alla liberazione dall’occupante, all’autodeterminazione.
Come al solito, fin dall’inizio, è andata in onda a reti unificate la vittimizzazione dello stato di Israele, stato che non solo possiede uno dei più avanzati e potenti eserciti al mondo ma occupa illegalmente da decenni territori palestinesi e di paesi vicini (Siria e Libano in primis), tenendoli sotto costante minaccia .
La campagna informativa è stata condotta secondo le ormai logore categorie del lessico suprematista occidentale: democrazia versus terrorismo; laicità versus integralismo; Occidente versus barbarie. Mano a mano che procedeva indisturbata la strage indiscriminata di palestinesi, con attacchi a scuole, ospedali, giornalisti, donne e bambini, la mobilitazione planetaria a favore della causa palestinese cresceva, e silenziare, occultare, mistificare la gigantesca realtà dei crimini perpetrati da Israele diventava sempre più difficile.
Ecco allora palesarsi in tutta la sua plasticità, di fronte all’opinione pubblica mondiale, la vera essenza non solo del sionismo ma anche del suprematismo occidentale che si fa beffe del diritto internazionale qualora non sia funzionale al proprio interesse egemonico.
Per decenni si è giustificato l’interventismo militare USA e NATO con la logica dell’ingerenza umanitaria, con l’esportazione della democrazia, col ripristino della legalità internazionale e con ogni forma di copertura ideologica, intesa quale lotta senza quartiere contro l’inciviltà delle autocrazie. I vari “Hitler” di turno emersi in ogni parte del mondo, Jugoslavia, Iraq, Siria, Libia ecc., sono stati distrutti, assieme ai loro paesi, in nome dei “superiori” principi morali e giuridici incarnati dal cosiddetto mondo libero.
Dopo pochi mesi di campagna di annientamento a Gaza, Israele ha squadernato sotto gli occhi del mondo intero che nessuno dei principi tanto invocati e sbandierati dai suoi protettori e alleati (USA e UE) aveva il ben che minimo valore vincolante: gli “animali umani” palestinesi dovevano essere spazzati via senza pietà.
Pulizia etnica e sterminio di massa incarnano ora la nuova frontiera della crociata occidentalista contro la barbarie del popolo ribelle che non accetta più la servitù e non si piega ai dettami dell’“unica democrazia del Medio Oriente”.
Il sionismo incarna, oggi più che mai, la punta di diamante e l’emblema stesso del suprematismo occidentale, ideologia incarnata da quella parte minoritaria di mondo identificabile con le classi dirigenti statunitensi ed europee che si autodefiniscono Occidente.
Queste, pur assumendo forme e fogge diverse, hanno un unico obiettivo: mantenere l’egemonia conquistata sul pianeta. Per raggiungere questo obiettivo non si fermeranno di fronte a nulla, anche a costo di travolgere ogni principio di civiltà mediante guerra totale, olocausto nucleare, sterminio generalizzato di popoli.
Per dirla con Hegel, è solo al crepuscolo di una vicenda che s’inizia a comprendere com’è andata veramente, vale per i singoli e vale soprattutto per le tante concrezioni della storia umana. La nottola di Minerva di hegeliana memoria, la civetta che spicca il volo solo quando si fa sera, annuncia oggi l’irreversibile declino del preteso primato morale e civile delle élite occidentali sia agli occhi del mondo sia a quelli delle stesse opinioni pubbliche planetarie che non credono più alla propaganda suprematista e ai doppi standard.
Il tardivo, tiepido e inane riposizionamento di parte della classe dirigente occidentale che solo ora, nel nostro come in altri paesi, inizia a prendere le distanze dal governo israeliano non fa che sancire l’enorme solco che ormai separa le élite dalle opinioni pubbliche.
Le persone che a milioni manifestano in tutto il pianeta per la sopravvivenza di Gaza e del popolo palestinese, di fatto lottano anche per la loro sopravvivenza e contro la logica di annientamento totale alla quale vuole condannarci la guerra dichiarata dall’imperialismo occidentale a chiunque minacci la sua egemonia.
Lottare per Gaza significa battersi anche contro i governi che marciano alla nostra testa per condurci verso la catastrofe nucleare e la distruzione totale.
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