Almeno 38 persone persone sono rimaste uccise ieri in un quartiere settentrionale di Sanaa, la capitale dello Yemen, in una serie di scontri tra le forze governative e miliziani fedeli a un potente leader tribale che si è schierato con l’opposizione nel chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh. La battaglia, non ancora conclusa e in corso da due giorni, ha coinvolto le forze di sicurezza fedeli al capo dello stato e i sostenitori di Sadek al-Ahmar, un capo di un influente clan appoggiato a quanto sembra da altri leader tribali. I governativi stamane avrebbero attaccato l’abitazione di Ahmar e la situazione è precipitata. L’opposizione ha denunciato come irresponsabile l’operazione ed ha espresso il timore che gli scontri possano sfociare in una guerra civile a tutto campo. Secondo fonti ospedaliere, nei combattimenti di ieri sono rimasti uccisi 24 miliziani del leader tribale e 14 militari. I feriti sarebbero varie decine. Gli scontri sono iniziati nella giornata di lunedi, all’indomani dell’ennesima beffa messa in atto da Saleh ai danni dell’opposizione e dei mediatori del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) che da settimane stanno inutilmente cercando una soluzione alla grave crisi innescata dalle proteste popolari contro il regime. Saleh si era detto pronto a sottoscrivere il piano messo a punto dal Ccg, che in sostanza prevede una sua uscita di scena in cambio dell’immunità, l’insediamento di un governo di unità nazionale e libere elezioni. Come era già accaduto in passato, tuttavia, il capo dello stato all’ultimo momento si è rifiutato di sottoscrivere il documento, sostenendo che lo avrebbe fatto ma solo alla presenza di esponenti dell’opposizione, che pure avevano già firmato il giorno precedente. A quel punto, il mediatore del Ccg ha lasciato lo Yemen è partito alla volta di Riad, in Arabia Saudita, dove i rappresentanti dei sei paesi si sono incontrati e da dove poco dopo hanno annunciato che la loro mediazione era di fatto sospesa. Abdu al-Janadi, il vice-ministro dell’informazione, ha detto ieri sera all’emittente satellitare Al Arabiya che Saleh ha lanciato un appello alla calma chiedendo a tutte le parti coinvolte negli scontri di ritirarsi in buon ordine. Il clan di Ahmar Š stato accusato dal governo di voler tentare un colpo di stato e i suoi miliziani di avere dato l’assalto al ministero dell’Interno e a altri edifici governativi. «L’attacco contro l’abitazione di Ahmar è un sintomo dell’isteria nella quale ormai vivono il presidente Saleh e i suoi accoliti e di una linea che porta dritto verso la guerra civile», ha affermato il cartello delle opposizioni in un comunicato.
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