La Storia gioca di questi scherzi, con una crudeltà raffinata. L’ex impero portoghese è un ricordo del passato, nemmo tanto remoto (le ultime colonie africane si liberarono con le armi negli anni ’70 del ‘900). Ora Lisbona è soltanto uno dei «Piigs» di minore importanza, alle prese cone un «percorso di risanamento» ben più duro dei «percorsi di guerra» con cui si esercitavano le reclute e una caduta del Pil del 2,8% quest’anno. Così, José Eduardo Dos Santos, presidente dell’Angola libera – membro dell’Opec, importante produttore di petrolio e con un Pil annuo in crescita del 12%- ha potuto compiere l’atto generoso di offrire il proprio aiuto economico all’ex colonizzatore. Dopo una riunione con il primo ministro Pedro Passo Coelho ha prospettato una «soluzione reciprocamente vantaggiosa» per entrambi i paesi. Il piano di salvataggio del Fondo monetario inetrnazione prevede 107 miliardi di aiuti in cambio di privatizzazioni, tagli di spesa, ecc. L’Angola potrebbe così acquisire partecipazioni rilevanti in alcune società pubbliche da privatizzare. Una scelta in linea con l’aumento degli investimenti angolani in Portogallo, già in atto da diversi anni (156 milioni nel 2009, mentre erano solo 2m1 nel 2002). In pratica le compagnie angolane possiedono il 3,8% delle società portoghesi quotate in borsa, a partire dalle banche per arrivare alle telecomunicazioni e – ovviamente – all’energia.
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