Il capo di Stato Maggiore dell’esercito libico, generale Khalifa Hifter, è scampato ieri ad un attentato. Lo riferisce Al Arabiya. Hifter si trovava a bordo di un convoglio a Tripoli quando un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco contro le auto dei militari. Due persone sarebbero state arrestate. Non è chiaro se l’episodio sia da collegare con la sparatoria, sempre ieri nella capitale, tra milizie ribelli rivali.
Il nuovo governo libico si era nella stessa giornata dichiarato pronto a «perdonare» chi ha combattuto con le forze di Muammar Gheddafi contro i tuwar, ma restano da fare i conti con le milizie armate che presidiano Tripoli, protagoniste di un nuovo scontro a fuoco nella capitale. «Siamo capaci di perdono e tolleranza – ha detto oggi il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico, Mustafa Abdel Jalil – siamo capaci di perdonare i nostri fratelli che hanno combattuto i rivoluzionari così come tutti quelli che hanno commesso atti o pronunciato parole contro questa rivoluzione».
Per ora però nessun esponente del Cnt ha precisato in che modo intenda «perdonare» gli ex soldati del rais. A fine novembre un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che nelle carceri libiche ci siano 7.000 prigionieri. Non si tratta solo di ex militari: in ‘cella’ – in realtà molte delle prigioni sono edifici di varia natura utilizzati come carceri – ci sono anche donne e bambini e decine di altri civili.
Secondo l’Onu alcuni detenuti «sono stati torturati». L’organizzazione ha quindi invitato il Cnt a fare di più per «mettere sotto controllo le milizie armate, regolarizzare la detenzione, e impedire gli abusi».
Tra i prigionieri anche Saif al-Islam, il figlio del rais catturato dai ribelli di Zintan, detenuto in un «luogo sicuro» nella città arroccata sulle montagne del Jebel Nafusa, da dove i ribelli hanno lanciato l’estate scorsa l’offensiva decisiva contro Gheddafi che ha portato alla cacciata del rais dalla capitale a fine agosto. Saif rischia la pena di morte.
La Corte penale internazionale ha dato il via libera ad un processo in terra libica, nonostante il mandato di cattura internazionale spiccato contro il figlio del colonnello (a quanto pare c’è molta “flessibilità” nell’uso del “diritto internazionale”). Ma i tempi e i modi del procedimento restano incerti.
E proprio i ribelli di Zintan si sono resi protagonisti ieri dell’ennesima sparatoria a Tripoli, nei pressi dell’aeroporto. Una troupe di Al Jazira che voleva filmare gli scontri tra i zintani e non meglio precisate «forze fedeli al Cnt» è stata allontanata con la forza. Nella capitale da settimane si levano alte le proteste di chi vorrebbe che le milizie abbandonino le armi o lascino la città, tanto che il Cnt ha lanciato un ultimatum, chiedendo ai tuwar di lasciare Tripoli entro il 20 dicembre.
Ma il governo non pensa di requisire le armi, come ha spiegato oggi il ministro dell’Interno, Fawzy Abdel Aal: «Possiamo rafforzare la sicurezza, ma non vogliamo spargere altro sangue».
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