Sentir parlare di “crisi” con una crescita stimanata all’8,2% anche nel 2012 sembra una barzelletta. Me se il dato riguarda un paese-continente come la Cina, che viaggia da 30 anni costantemente sopra il 10% annuo, allora non c’è più da ridere.
La Banca mondiale ha abbassato le stime di crescita cinesi per quest’anno all’8,2% dal precedente 8,4%. Il dato è contenuto nel rapporto sulla situazione economica dell’Asia pacifica e orientale e chiede a Pechino di affidarsi ad una politica fiscale che aiuti di più l’aumento dei consumi piuttosto che investimenti statali per sollevare le attività. Secondo la Banca Mondiale una bassa crescita cinese tira a ribasso quella anche dei mercati emergenti dell’Asia orientale, come già accade quest’anno registrando il dato più basso da due anni.
Per gli analisti, la crisi del debito europeo potrebbe anche peggiorare ulteriormente la situazione. Sull’economia cinese nel breve termine dovrebbero pesare il ristagno della domanda di Stati Uniti e Europa e il rallentamento del mercato immobiliare cinese e si auspica un intervento dei governi e delle banche centrali per stabilizzare le economiche così che l’anno prossimo l’economia possa recuperare.
Richiesta anche un allentamento ulteriore delle politiche monetarie e fiscali, facendo però attenzione ai rischi legati all’aumento dell’inflazione. Nei giorni scorsi anche Morgan Stanley ha annunciato di aver ridotto all’8,5% la previsione di crescita cinese dal precedente 9% a causa del rallentamento peggiore dell’economia nei primi quattro mesi dell’anno. La crescita cinese nel primo quarto di quest’anno ha toccato il minimo da tre anni, arrivando all’8,1%.
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