Si complica non poco la posizione giudiziaria dei due marò (militari di professione, lagunari, ma “prestati” come scorta a pagamento per una nave commerciale italiana) arrestati in India per avere ucciso due pescatori, scambiati per “pirati”.
Non c’è alcun rischio, visto che il governo italiano di ha “trattenuti in patria” dopo una licenza generosamente concessa dalle autorità indiane; ma il processo potrebbe far salire la temperatura delle relazioni tra i due paesi.
La polizia indiana Nia ha infatti presentato un rapporto in cui accusa i marò in base a una legge che prevede la pena di morte. Lo scrive The Hindustan Times, secondo cui gli investigatori avrebbero presentato lunedì al ministero degli Interni un rapporto in cui si chiede di perseguire i due militari in base al ‘Sua Act’, che reprime la pirateria marittima con la pena di morte.
La polizia ha risposto con un ‘no comment’ ad una richiesta di conferma avanzata dall’agenzia Ansa.
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