Come confermato dai dati precedentemente diffusi dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, il Giappone ha riconquistato la prima posizione quanto a detentore di buoni del tesoro americani nonostante un rallentamento negli investimenti sul mercato finanziario statunitense.
Il più consistente arretramento di Pechino, tuttavia, ha portato il valore dei titoli sotto controllo nipponico a 1224,4 miliardi di dollari contro i 1.223,7 detenuti dai rivali cinesi. Nel suo rapporto sul capitale internazionale, il ministero Usa ha segnalato anche che l’ammontare complessivo di bond emessi dal Tesoro statunitense è sceso a 6.163 miliardi di dollari a febbraio, riducendosi di 56 miliardi di dollari dal mese precedente.
La Repubblica popolare cinese era arrivata al vertice tra gli acquirenti del debito pubblico di Washington nel 2008, strappando il primato proprio al Giappone in una fase in cui le autorità statunitensi cercavano capitali per sostenere un crescente deficit di bilancio.
Una situazione che ha segnato i successivi rapporti tra i due paesi, concorrenti sul piano strategico ma partner su quello economico e finanziario, indissolubilmente legati da interessi comuni quanto formalmente concorrenti per il primato globale. Le difficoltà attuali dell’economia cinese, con le autorità impegnate in una ristrutturazione necessaria ma in un tempo di rallentamento della crescita, hanno contribuito al sorpasso giapponese.
Intanto la Cina, nelle scorse ore, ha avanzato al Giappone una proposta alquanto inattesa: diventare il numero due per importanza nella Banca di investimenti infrastrutturali dell’Asia (Aiib, Asian Infrastructure Investment Bank). Il governo di Pechino ha offerto a Tokyo il posto da vice-presidente dell’istituzione che andrà a fare concorrenza alla Banca di sviluppo asiatico e alla Banca mondiale, rispettivamente guidate dai giapponesi e dagli statunitensi.
Fino ad ora il Giappone si era tenuto in disparte sulla questione, schierandosi tiepidamente a fianco degli Stati Uniti.
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