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Terremoto. Gli sfollati sono saliti a cinquemila. Lo Stato si sfilerà?

La terra è tornata a tremare questa notte in Emilia Romagna: una scossa di terremoto è stata avvertita dalla popolazione tra le province di Ferrara e Modena. Le località prossime all’epicentro sono state Bondeno e Sant’Agostino e Finale Emilia (MO). Secondo i rilievi registrati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia il primo evento sismico e’ stato registrato alle ore 1.04 con magnitudo 3,7. Il terremoto in Emilia Romagna causerà all’agricoltura almeno 250 milioni di danni. Questo il primo bilancio che Coldiretti e Consorzio Grana Padano e Parmigiano Reggiano tracciano dopo il sisma che ha sconvolto l’Italia centro-settentrionale. A pesare sono soprattutto i molti animali rimasti sotto le macerie delle stalle in cui alloggiavano la notte della prima devastante scossa.

Sul piano delle vittime, a pagare il conto più salato del sisma sono stati gli operai al lavoro. Il terremoto ha portato infatti la morte a chi lavorava nel turno di notte di tre aziende del Ferrarese. Alla fabbrica di ceramiche Sant’Agostino ha ucciso due operai e un altro è rimasto ucciso alla Tecopress, di Dosso, qualche chilometro più in là. A Bondeno è stata stroncata la vita di Tarik Nauch, 29 anni, operaio marocchino di un’azienda che produce polistirolo, la Ursa. Quattro delle sette vittime del terremoto sono, quindi, operai morti sul posto di lavoro. In tutte le fabbriche colpite, sono stati interi capannoni a crollare.

È salito intanto a 5.000 il numero degli sfollati per il terremoto che ha colpito l’Emilia. I dati sono stati aggiornati dalla Protezione civile dell’Emilia-Romagna che entro oggi conta di allestire altri 1.500 moduli assistenziali nel Modenese, una delle province più colpite insieme a quella di Ferrara. «Ai 3000 senza casa che avevamo calcolato inizialmente – ha detto il capo della Protezione civile regionale Demetrio Egidi – se ne sono aggiunti un’ottantina nel Ferrarese e circa 300 nel Bolognese. Poi ci sono quelli della provincia di Modena tra Finale Emilia, Mirandola e altri posti vicini». Inoltre, a Crevalcore, nel Bolognese, è stato allestito un centro di accoglienza (in una struttura fissa) occupato in gran parte da extracomunitari. “Il lavoro di assistenza va avanti anche se la pioggia ostacola un po’”, ha concluso Egidi. Ma sul terremoto in Emilia-Romagna pende la spada di Damocle del decreto di riforma della protezione Civile varato dal governo e pubblicato sulal Gazzetta il 16 maggio scorso,tre giorni prima del sisma che ha colpito l’Emilia. “In caso di terremoto, alluvione, o di ogni altra catastrofe naturale, lo Stato non pagherà più i danni ai cittadini. Che, dunque, per vedere la casa o l’azienda ricostruita, avranno una sola strada: ricorrere all’assicurazione “volontaria”. Così dice il decreto di riforma della protezione civile pubblicato sulla “Gazzetta” del 16 maggio. E anche se il provvedimento prevede un regime transitorio a fini sperimentali, suona davvero come una tragica coincidenza il terremoto (oltre cento scosse, fino a 5.9 gradi della scala Richter) che a soli quattro giorni di distanza ha colpito l’Emilia, facendo sette morti, decine di feriti e migliaia di sfollati, distruggendo abitazioni e edifici storici.” Scrive il Sole 24 Ore del 17 maggio. Si pone inoltre un altro serio problema dovuto a questa “privatizzazione del rischio catastrofi naturali. Infatti l’assicurazione su base “volontaria” sancisce, di fatto, la disparità tra cittadini che vivono in zone non a rischio e quelli che, invece, si trovano in aree sismiche o a rischio idrogeologico. Senza contare che le compagnie assicurative non stipuleranno polizze – o se le faranno i cittadini dovranno pagare cifre astronomiche – in quelle zone dove i rischi sono molto alti.

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