Il terminale terrestre del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate USA in costruzione a Niscemi, è un’opera “in contrasto” col vincolo paesaggistico, “priva di valida autorizzazione” e, quindi, “abusiva ed illegittima”. Ad affermarlo il procuratore della Repubblica di Caltagirone Francesco Paolo Giordano, che ha pure rilevato come le autorizzazioni concesse della Regione siciliana “non appaiono esaurienti e presentano carenze di approfondimento, studio, analisi e valutazione”. Il 17 settembre scorso il dottor Giordano ha così richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo dei cantieri, anche se poi il Tribunale di Catania ha annullato in tempi record il provvedimento emesso dal Gip di Caltagirone, Salvatore Acquilino. Adesso sarà la Cassazione a doversi pronunciare sulla veridicità e la legittimità delle conclusioni dei magistrati calatini. La decisione è attesa entro la fine del 2012.
I lavori di realizzazione del MUOS erano iniziati il 18 luglio 2011 presso la stazione Naval Radio Transmitter Facility (NRTF) della Marina militare USA, all’interno della riserva naturale orientata denominata “Sughereta di Niscemi”, inserita nella rete ecologica Natura 2000 come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) contrassegnato dal n. ITA050007. Un’area d’incomparabile bellezza e dallo straordinario patrimonio ecologico che invece di essere difesa e preservata è stata irrimediabilmente deturpata dalle ruspe e dalle colate di cemento. “L’opera intrapresa, oltre ad insistere in area soggetta a vincolo paesaggistico e caratterizzata da divieto di nuove edificazioni, è comunque priva del nulla osta del Comune di Niscemi”, annota la Procura di Caltagirone. “L’amministrazione avrebbe dovuto, sin dall’inizio, non concedere l’autorizzazione per evidente contrarietà del progetto alle prescrizioni del vincolo paesaggistico”.
A motivare la richiesta di sequestro dell’area, la scarsa attenzione delle autorità militari italiane e statunitensi alle denunce di “irregolarità” delle opere da parte dei magistrati. Il 27 luglio 2012, in particolare, il dottor Giordano aveva inutilmente invitato il Comandante italiano di Sigonella e l’US Navy a sospendere i lavori. “Sussiste il fondato pericolo che la libera disponibilità della costruzione abusivamente intrapresa possa aggravare le conseguenze del reato”, spiega il procuratore. “La prosecuzione dei lavori del MUOS protrae gli effetti dannosi dei manufatti e non c’è alcuna garanzia di osservanza dei limiti tabellari dell’inquinamento elettromagnetico”.
Il procedimento penale trae origine da un esposto presentato dal Comune di Niscemi il 14 settembre 2011. Dopo una serie di accertamenti con sopralluoghi tecnici e rilievi foto-planimetrici sono stati emessi sei avvisi di garanzia nei confronti del direttore dei lavori, l’ingegnere Giuseppe Leonardi (originario di Paternò) e dei rappresentanti legali delle società esecutrici e delle ditte subappaltarici Francesco Maria Giovannetti (Monterotondo), Maria Rita Condorelli (Catania), Adriana Parisi (Lageco Srl di Catania), Concetta Valenti (Piazza Calcestruzzi di Niscemi), Carmelo Puglisi (C.R. Impianti di Motta Sant’Anastasia). I sei devono rispondere dei reati previsti e puniti dall’art.44 del Testo Unico del 6 giugno 2001 (disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia) e dagli artt.142 e 146 del decreto legislativo n. 24 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) “perché, in concorso fra loro e con altri soggetti non ancora identificati, senza la prescritta autorizzazione assunta legittimamente o in difformità di essa” hanno eseguito i lavori per la realizzazione del MUOS “in violazione delle prescrizioni di cui al decreto istitutivo della Riserva naturale e del regolamento inerente”.
Il terminale terrestre USA venne approvato dal Ministero della Difesa con nota del 31 ottobre 2006, ma furono richiesti agli alleati la “conformità” del progetto alla normativa tecnica italiana e, prima della messa in funzione del sistema, la certificazione che le emissioni elettromagnetiche “rientrino nei parametri stabiliti dalle vigenti leggi”. Prima volta nella storia della presenza in Italia delle basi militari USA e NATO, il Comando US Navy dovette chiedere alle autorità regionali competenti l’autorizzazione all’avvio dei lavori. Il 9 settembre 2008 si tenne a Palermo la conferenza di servizi ai sensi della legge n. 6 del 2001 a cui parteciparono l’Assessorato regionale territorio e ambiente, la Soprintendenza dei Beni culturali, l’Ispettorato Forestale di Caltanissetta (ente gestore della riserva), il Comune di Niscemi e i rappresentanti della Marina militare USA e del 41° Stormo dell’Aeronautica di Sigonella. Il parere favorevole al progetto fu unanime anche se furono richieste alcune prescrizioni (l’installazione di idranti anti-incendio lungo la strada tagliafuoco, ecc.). “Il provvedimento finale adottato in seguito alla conferenza di servizi risulta illegittimo e va disapplicato in quanto viziato sul piano procedurale e sul piano sostanziale, perché oggettivamente privo di motivazione e di un’esauriente istruttoria”, rileva la Procura della Repubblica di Caltagirone. “Nel testo del verbale vi sono considerazioni generiche, connotate dall’utilizzo di clausole di stile nonché meramente ripetitive del dato normativo, prive di qualsivoglia analisi circa l’impatto che in concreto l’intervento era in grado di determinare sull’ambiente circostante, o meglio sul contesto paesaggistico”. Per i magistrati, la conferenza di servizi avrebbe dovuto rilasciare una specifica autorizzazione paesistica, come previsto dalla legislazione vigente per tutte le opere statali, comprese quelle destinate alla difesa nazionale. Nessun accenno poi alla compatibilità dell’opera con la tipologia del vincolo all’epoca esistente, vale a dire l’inclusione nella Zona B del decreto istitutivo della riserva, “dove erano possibili soltanto gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia di opere preesistenti”.
Ancora più grave quanto accaduto successivamente. Nel dicembre del 2009 il Comune di Niscemi revocò in autotutela il nulla osta rilasciato, ritenendo “necessario e opportuno” il riesame della proposta progettuale sia per quanto riguardava la valutazione dell’art. 5 del DPR n. 357 del 1997 (relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), sia per le valutazioni riguardo l’emissione delle onde elettromagnetiche del MUOS, richieste alle autorità preposte e mai pervenute all’ente. Il primo profilo di carattere ambientale si basava sulla circostanza che dopo l’adozione del PRG da parte del Comune, l’allora assessore Rossana Interlandi, con decreto del 30 dicembre 2009, aveva disposto la riperimetrazione dell’area su cui sarebbe insistito il MUOS. Così essa veniva a ricadere in Zona A, soggetta a norme ancora più restrittive rispetto al passato. Secondo il decreto istitutivo della Riserva di Niscemi, in Zona A è fatto divieto infatti di “realizzare nuove costruzioni ed esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese l’apertura di nuove strade o piste, la modifica plano-altimetrica di quelle esistenti, la costruzione di elettrodotti, acquedotti, linee telefoniche o di impianti tecnologici a rete”. Proprio quanto richiesto e autorizzato per l’installazione del terminale del sistema satellitare. In ogni caso, come sottolinea il dottor Giordano, dopo la riperimetrazione, le opere del MUOS “avrebbero dovuto essere nuovamente esaminate dagli organismi competenti, in quanto non ancora eseguiti e iniziati i relativi lavori”. La stessa Regione avrebbe potuto esercitare il potere di autotutela, revocando l’autorizzazione. “Come ha statuito la giurisprudenza amministrativa, il potere di autotutela è doveroso con riferimento ad ipotesi di provvedimento che risulti in contrasto con interessi a tutela rafforzata, come l’interesse alla tutela dell’ambiente”, aggiunge il procuratore di Caltagirone. “D’altronde l’interesse dell’amministrazione militare era recessivo all’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente in quanto ancora gli impianti, alla data delle riperimetrazione, non erano stati edificati e non era iniziata nemmeno la costruzione”. Un ulteriore “difetto di valutazione e di istruttoria” è documentato dal fatto che nei provvedimenti dell’1 e 28 giugno 2011 che hanno dato il via ai lavori, la Regione non ha menzionato minimamente l’intervenuta riperimetrazione della riserva. Da qui il ricorso al TAR del Comune di Niscemi per ottenere la sospensione di efficacia delle autorizzazioni, poi rigettato sia in primo che in secondo grado. “In buona sostanza, il TAR ha liquidato la questione, non ancora in sede di merito, affermando che parrebbe dubbia la possibilità di revoca del nulla osta”, spiega Giordano. “Tuttavia non appare condivisibile tale tesi in quanto se sopravviene un fatto nuovo che determina la necessità di rivalutare le prevedenti determinazioni, è in potere della pubblica amministrazione esprimere il proprio dissenso sia pure successivamente. Ciò deriva come corollario del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e dal dovere di adeguare le proprie valutazioni alle novità che sopraggiungono medio tempore”. Come se ciò non bastasse, secondo quanto rilevato il 26 maggio 2011 dal Comune di Niscemi, sarebbe stata commessa un’ulteriore violazione di legge: il progetto del MUOS, essendo ricadente in area SIC, doveva essere sottoposto previamente alla valutazione di incidenza ambientale. Peccato però che della VIA non esiste traccia.
Di fronte a tutte queste considerazioni, l’amministrazione militare si è sempre difesa affermando che i lavori del MUOS erano una mera “continuazione delle attività già in essere nell’area”, con riferimento all’esistenza dal 1991 a Niscemi di un centro di comunicazione radio della Marina degli Stati Uniti d’America. Tuttavia, sempre secondo la Procura di Caltagirone “è dubbio che le nuove opere possano essere una continuazione delle precedenti, in quanto si tratta di una nuova stazione, e al riguardo basterebbe riflettere sull’enorme divario della scala delle frequenze fra l’esistente (46 Khz) e il nuovo sistema, che trasmetterà a 31 Ghz, pari a 31 milioni di Khz, con conseguente aumento delle radiazioni”.
Proprio relativamente ai potenziali effetti negativi delle onde elettromagnetiche, i magistrati calatini hanno riscontrato notevoli contrasti di valutazione “di cui l’amministrazione che ha rilasciato l’autorizzazione non ha tenuto conto”. Un tema tutt’altro che secondario, data la stretta vicinanza degli impianti con l’abitato di Niscemi (appena 6,2 Km. anche se i primi agglomerati edilizi significativi sono situati ad una distanza di circa due chilometri dal costruendo MUOS). Mentre lo studio commissionato dalla Regione siciliana alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo ha attestato la non pericolosità del sistema satellitare e la misurazione dell’ARPA dei campi elettromagnetici generati dagli impianti militari esistenti avrebbe accertato valori “al di sotto” dei 6 V/m consentiti dalla legge, lo studio dei professori Zucchetti e Coraddu del Politecnico di Torino ha invece documentato alti rischi di “irraggiamento accidentale” e di “danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni” per la popolazione.
“Nelle valutazioni conclusive del Politecnico di Torino si afferma che è opportuno un approfondimento delle misure, con l’avvio immediato di una procedura di riduzione a conformità, finalizzata alla riduzione delle emissioni, e il blocco di ogni ulteriore installazione”, spiega la Procura. “Alla luce di tali valutazioni appare del tutto insoddisfacente la nota del 14 novembre 2008 del Ministero della Difesa secondo il quale il rischio all’esposizione del personale è minimo ed improbabile, la distanza di sicurezza dell’emissione elettromagnetica pericolosa sarà imposta mediante l’installazione di una recinzione di sicurezza, la misurazione dell’inquinamento da radio frequenze sarà eseguita appena i sistemi saranno installati e pronti ad operare. Ma appare insoddisfacente anche la motivazione dell’autorizzazione del 28 giugno 2011, la quale, sul punto fa riferimento allo studio della facoltà di Ingegneria di Palermo che appare quantomeno limitativo in quanto si occupa solamente del rischio di esposizione agli operatori e non agli abitati circostanti”. Un altro “importante profilo” di illegittimità dell’autorizzazione rilasciata dalla Regione poiché “nessuna approfondita disamina è stata operata sotto il profilo del pericolo alla salute pubblica per effetto dei campi elettromagnetici”.
Di ragioni per il presidente Rosario Crocetta a revocare in autotutela tutte le autorizzazioni concesse dal predecessore Lombardo ce ne sono abbastanza. Che aspetta ancora?
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