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Overshoot day: l’Italia in debito ecologico già da maggio

Il 15 maggioè arrivato l’Overshoot day italiano, ovvero il giorno in cui il nostro paese esaurisce le risorse che sono a sua disposizione per tutto il 2023. Siamo già in debito ecologico, e tutto ciò che consumeremo sarà preso «in prestito» dal prossimo anno.

Quest’anno per l’Italia la data è stata la stessa dello scorso anno, ben 230 giorni prima della fine del 2023. Il Bel Paese arriva dopo molti paesi europei, poco dopo Germania, Francia e Spagna, mentre al di là del nostro continente già tra febbraio e marzo Qatar, Stati Uniti, Canada, Australia ed Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto l’Overshoot day.

A calcolare questo spartiacque annuale è il think tank Global Footprint Network, sulla base della biocapacità di ogni paese, ovvero della quantità di risorse che è in grado di rigenerare e dell’impronta ecologica dei suoi abitanti. I dati sono presi dalle Nazioni Unite, e nel caso italiano le attività più impattanti sono i trasporti, il settore alimentare e gli sprechi.

Invece, l’Earth Overshoot day l’anno scorso è caduto il 28 luglio, mai così presto… e si stima che quest’anno arriverà anche con un giorno di anticipo, anche se lo sapremo solo il 5 giugno. Appena cinquanta anni fa, nel 1972, era il 14 dicembre, mentre oggi servirebbero quasi due pianeti come il nostro per stare al passo del ritmo dei nostri consumi.

Ad equilibrare leggermente i dati sono alcuni paesi, tendenzialmente quelli più poveri e periferici. Questo spinge a ragionare su un fatto evidente, se guardiamo a chi ha già raggiunto il traguardo negativo: non è il consumo individuale il problema, ma il modello produttivo stesso e la contraddizione tra capitale e natura, evidente per i paesi a capitalismo avanzato.

La biocapacità pro capite italiana è calcolata in 0,8 ettari globali, ma ogni abitante della penisola ne usa in media 4,3 a testa. Il Giappone ne spende come se avesse una capacità di rigenerazione otto volte quella che realmente possiede. La Cina, spesso criticata per l’inquinamento prodotto, raggiungerà invece l’Overshoot day solo il 2 giugno.

Uno studio del 2022, la Report Card 17 dell’UNICEF, ha messo nero su bianco che se si consumassero risorse al ritmo dei paesi OCSE e UE, sarebbero necessarie 3,3 Terre. Inoltre, “vediamo che i Paesi che forniscono ambienti relativamente sani per i bambini nel proprio paese sono tra i maggiori responsabili dell’inquinamento che distrugge gli ambienti dei bambini all’estero”.

Ma è appunto la differenza di classe nell’impronta ecologica a dover attirare l’attenzione, cosa che invece molti media si guardano bene dal sottolineare. Il 10% della popolazione più ricca a livello mondiale è responsabile di quasi la metà delle emissioni nocive, mentre un rapporto OXFAM antecedente alla COP27 ha mostrato che gli investimenti di 125 miliardari in 183 tra le più grandi aziende del mondo inquinano più dell’Italia intera.

È il capitalismo che sta rubando il futuro alle nuove generazioni. È il nodo della dinamica centro-periferia, del ladrocinio sistematico delle risorse da parte delle multinazionali, dell’incompatibilità tra la tutela ambientale è la necessità di continua espansione e valorizzazione del capitale a costituire il principale ostacolo alla risoluzione della crisi ambientale.

Per salvare il pianeta e, più che altro, l’umanità stessa – ché il pianeta continuerà ad esistere anche senza di noi –, bisogna ribaltare l’intero modello produttivo attuale, togliendo all’interesse privato il controllo degli indirizzi di investimento e della società tutta, superando il capitalismo.

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