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Alluvione in Emilia-Romagna. Una emergenza annunciata da tempo

Il territorio dell’Emilia-Romagna è stato interessato da due pesantissimi eventi climatici in sequenza in meno di venti giorni,  con una precipitazione piovana cumulata mensile che ha superato i 450 millimetri in varie località. Ma la realtà ha superato le peggiori previsioni: in alcune zone è caduta in 36 ore più pioggia della media dell’intero mese di maggio.

Sono finite sott’acqua Faenza, Cesena, Forlì, alcune zone del Ravennate oltre a comuni piu’ piccoli e anche i portici della centrale via Saffi a Bologna sono stati inondati. Black out elettrici, linee telefoniche fuori uso, treni in tilt. Risultano per ora 9 morti e circa 60.000 sfollati.
L’ultimo evento, quello in corso dalla mezzanotte del 15 maggio al 17 maggio, ha causato l’esondazione di 21 fiumi e allagamenti diffusi in 37 comuni. Nelle ultime 48 ore si sono registrati picchi di 300 millimetri sui bacini del crinale e collina forlivese. Sulla stessa area, sulle colline e montagna ravvenati e sul settore orientale del bolognese sono in media caduti tra i 150 e i 200 millimetri. Sulla pianura cesenate forlivese fino a 150 millimetri.
Complessivamente ci sono segnalazioni di oltre 250 frane di cui 120 particolarmente importanti in 48 comuni.

L’Emilia Romagna, come indicato in un rapporto dell’Ispra, veniva indicata tra le regioni in cui le percentuali di territorio potenzialmente allagabile e di popolazione esposta a rischio di alluvione per i tre scenari di pericolosità, risultano superiori rispetto ai valori calcolati alla scala nazionale.

Per uno scenario di pericolosità media le aree potenzialmente allagabili raggiungono il 45,6% dell’intero territorio regionale e la popolazione esposta supera ampiamente il 60%. Le province con maggiori percentuali di territorio inondabile sono Ravenna e Ferrara con percentuali che arrivano rispettivamente all’80% (87% di popolazione esposta) e quasi al 100% in caso di scenario di pericolosità media da alluvioni. Per Modena la percentuale di aree allagabili è il 41.3% (53.3% di popolazione esposta), Bologna 50% (56.1% di popolazione esposta) e Forlì-Cesena 20.6% (64% di popolazione). Quest’ultimo dato però contrasta con gli eventi meteorologici di queste settimane.

Secondo l’Ispra, le cause delle inondazioni costiere avvenute tra Marche ed Emilia Romagna, oltre alla dinamica della precipitazione intensa e concentrata e le capacità di ritenzione dei terreni, potrebbe aver avuto un effetto l’elevazione del mare, l’azione del vento di bora diretto contro la costa di Marche ed Emilia Romagna, e la conseguente mareggiata sulle coste.

Un rapporto dell’Ispra del 2021 segnalava come già da tempo i cambiamenti climatici incidano in maniera significativa sul modo in cui le precipitazioni
si distribuiscono nello spazio e nel tempo. Ciò, con riferimento alle alluvioni, si traduce in un aumento delle portate e dei volumi di piena. Per di più, precipitazioni maggiormente intense e concentrate comportano un incremento di frequenza e magnitudo delle alluvioni urbane (pluvial flood) e, in specie nei piccoli bacini montani, delle piene rapide e improvvise (flash flood).

“A vedere le immagini dall’alto della Romagna e delle Marche si rimane sconcertati” – afferma il noto geologo Mario Tozzi – “i fiumi costretti in un abito da canali artificiali, rinchiusi in argini impossibili, violentati da ponti troppo bassi, tombati sotto paesi e città, occupati in ogni singola golena, sbarrati da dighe e briglie fino quasi a non vedere il loro sbocco naturale. Se togli spazio a un fiume, quello prima o poi se lo riprende, e a nulla varranno altre opere in un contesto climatico così estremo”.

Per molti aspetti la situazione in Romagna sembra essere tornata indietro di più un secolo, quando le popolazioni dovevano convivere e confliggere con le alluvioni del Polesine. Pagine raccontate magistralmente da Valerio Evangelisti.

Anche in Emilia Romagna, così come avvenuto in altri eventi simili, si è messo in moto il meccanismo della solidarietà popolare alle popolazioni colpite.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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9 Commenti


  • Giallo

    i cambiamenti climatici sono sempre accaduti e sempre accadranno. 40 giorni fa si lamentavano del livello del fiume Po inferiore a metri dal suo livello normale. la primavera è arrivata in ritardo. quando hanno avuto la possibilità di ripulire i letti dei fiumi con poca acqua, hanno fatto finta di niente, ed appena è arrivata un ondata, i detriti hanno fatto il resto. cordoglio e condoglianze alle vittime ed ai sopravvissuti ed agli sfollati.


    • Redazione Contropiano

      Quando i cambiamenti diventano più rapidi significa che sta succedendo qualcosa di insolito… E quindi non ci si può accontentare (e consolare) dicendo “i cambiamenti climatici sono sempre accaduti e sempre accadranno”


  • Giallo

    solo il commento: non pioveva così dal 1930, implica che nel 1930 ha piovuto così. non c’erano 8 miliardi di persone, non erano centinaia di migliaia di centrali a carbone, centrali nucleari, 2 miliardi di automobili camion autobus, più di 100.000 voli al giorno di aerei di linea, senza contare le milioni di nuove industrie, è successo un fatto anomalo, è vero, ma gridare al cambiamento climatico è eccessivo. poi, vedere una Greta osannata dai potenti, vuol dire che è una pedina e fa comodo a chi comanda il mondo. se non fosse così, il suo profilo fb Instagram ecc sarebbe oscurato com e succede ai ” complottisti” ( complottista è chi vede la luna e non il dito). grazie


    • Redazione Contropiano

      Impossibile fare lunghi dibattiti nei commenti agli articoli. Segnaliamo che, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la “Greta osannata dai potenti” è finita per essere sgomberata di peso, come un manifestante qualsiasi, a Lutzerath…
      E’ finita la (breve) epoca della “transizione ecologica capitalistica”, ora fanno come hanno sempre fatto, sena vernice “green” (resta solo nella pubblicità…)


  • roberto maffi

    La solita fesseria “mai visto un maggio così ” è una fesseria. Era già successo in altre occasioni negli ultimi 20 anni, e solo nel bolognese diverse cittadine erano andate sott’acqua nel 2002, nel 2013, e nel 2014. Ci vorrebbero decine di miliardi per mettere in sicurezza, o quasi, le varie zone d’Italia interessate dal dissesto idro geologico, dalla cementificazione legata agli appetiti di costruttori/immobiliaristi/politici e funzionari comunali corrotti, dalla sovrappopolazione di alcune zone, e dalla conformazione e composizione stessa del territorio italiano. Pare che non ci siano. Però il miliardo e passa per due nuovi sottomarini militari li trovano. Come al solito.


  • Manlio Padovan

    Con l’unificazione del territorio, lo Stato unitario cancellò a mano a mano, con leggi fatte apposta, tutta la politica che in precedenza aveva caratterizzato l’intervento pubblico sul suolo e sui fiumi dei vari Stati preunitari. Dopo la cosiddetta unità lo Stato delega ai privati, che agiscono però con la copertura di enormi finanziamenti pubblici, i suoi compiti sulle opere pubbliche relative a consolidamento dei suoli, regimentazione delle acque, strutture insediative sui terreni bonificati, ecc., per lasciare libero campo agli interessi dell’industria a danno dell’agricoltura: interessi più remunerativi, per i privati, di quelli che dava l’agricoltura.
    Il discorso su questa abdicazione dell’istituto statale in Italia ad una delle funzioni che più tipicamente distingue lo stato moderno – cioè il suo intervento nel determinare in termini economici, urbanistici e demografici la organizzazione di territori in cui esso si articola – potrebbe continuare fino ai nostri giorni. Ma qui basterà far notare come le contraddizioni istituzionali su cui si è insistito…abbian sacrificato totalmente i risultati delle discussioni e delle ricerche portate innanzi dal secolo XVIII fino a età risorgimentale, e le loro prime positive conseguenze. E come esse sian le responsabili del dissesto che investe e ferisce ora, nei nostri ambiti nazionali, con un ritmo e una misura che ogni anno aumentano, i beni naturali, i patrimoni culturali, la vita della gente. (L. Gambi nella introduzione a: B. Vecchio Il bosco negli scrittori italiani del settecento e dell’età napoleonica)

    Si sa sempre tutto. Ma siamo nelle mani di cialtroni… non da ora, però.
    E gli italiani non leggono.


  • Eros Barone

    Come hanno rilevato qualificati studiosi (ad esempio, Ernesto Ragionieri), la storia dell’amministrazione italiana, a partire dall’unità nazionale, dimostra che essa all’inizio funzionava bene, aveva forti poteri e non mancavano quadri direttivi e funzionari statali pronti a prodigarsi e meno condizionati da fini di lucro. A questa borghesia non difettava, insomma, la carica dell’entusiasmo per liquidare le resistenze dei vecchi poteri e delle macchine statali delle varie parti in cui il paese era prima politicamente suddiviso. Gli imbrogli dovevano cominciare col trasformismo bipartitico del 1876, di cui quello odierno, per la sua natura oligarchica e notabilare, è solo una brutta copia. Sennonché, a mano a mano che il sistema capitalista si sviluppa in profondità ed estensione, la burocrazia subisce un doppio assalto alla sua egemonia ed al suo rigore gestionale. Nel campo economico i grandi imprenditori di opere pubbliche e di settori della produzione assistiti dallo Stato moltiplicano le pressioni. Parallelamente, nel campo politico il diffondersi della corruttela nel costume parlamentare fa sì che ogni giorno i “rappresentanti del popolo” cerchino di influire sulle decisioni dell’ingranaggio esecutivo e dell’amministrazione generale, che prima funzionava con rigida impersonalità e imparzialità. Le opere pubbliche che prima venivano progettate dai professionisti più competenti, del tutto indipendenti nei loro giudizi e pareri, cominciano ad essere imposte dagli esecutori. Questo processo si aggrava nel periodo giolittiano, e tuttavia la situazione di crescente prosperità economica fa sì che i danni siano meno evidenti. Dopo la grande guerra la borghesia italiana “cambia spalla al suo fucile” e si ha il fascismo. Il concentrarsi della forza poliziesca dello Stato, insieme con il concentrarsi del controllo di quasi tutti i settori dell’economia, permette non solo di evitare l’esplosione di moti radicali delle masse e di assicurare alla classe padronale ampi margini di azione, ma anche, grazie alla centralizzazione delle decisioni, di garantire una maggiore efficienza della prevenzione, della manutenzione e dei controlli inerenti allo stato di efficienza delle infrastrutture (ponti, fiumi, porti, eventi sismici ecc.). In altri termini, l’amministrazione e la tecnica borghese avevano anche allora scopi di classe, ma erano una cosa seria: oggi sono soltanto dei carrozzoni che la regionalizzazione delle competenze e dei poteri ha reso ancora più pletorici, costosi e inefficienti di quelli statali. La deriva che ha portato ai disastri attuali è quindi il frutto di un processo che trae origine dalle vicende secolari di un regime di classe. Ormai il capitale non è in grado di assolvere la funzione sociale di trasmettere il lavoro dell’attuale generazione alle future e di utilizzare per questa il lavoro delle passate. Esso non ricerca appalti di ordinaria manutenzione, ma solo giganteschi affari legati alla costruzione di opere pubbliche (si pensi al crollo del ponte Morandi, al Tav della Val di Susa o al Terzo Valico genovese o ancora al faraonico progetto della costruzione del ponte sullo stretto di Messina). Sono dunque destinati a restare il classico libro dei sogni, oltre ad azioni veramente incisive dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (puro fumo negli occhi), progetti elementari come fare un censimento completo delle opere pubbliche (strade, ponti, gallerie, stazioni, ferrovie, scuole, ospedali, musei e tutti gli altri edifici aperti ai cittadini) per verificare seriamente quali di esse possano durare, quali vadano ristrutturate e quali invece sia meglio che vengano demolite prima che causino disastri. Altrettanto utopistico, in un regime capitalistico, mafioso, cleptocratico e clientelare come quello attualmente predominante nel nostro paese, è il progetto di rivedere i criteri di assegnazione dei lavori pubblici, eliminando la piaga delle tangenti ed evitando di indire quelle gare d’appalto con il massimo dei ribassi che poi spingono le imprese più spregiudicate a risparmiare sulla qualità dei materiali e del lavoro. Ancora una volta è chiaro come il sole che l’unica soluzione dei problemi che sono stati esposti è una rivoluzione che strappi gli artigli alle classi possidenti e ai detentori attuali dei mezzi di produzione.


  • Giovanni

    Grazie ad Eros, indimenticato collega a Cardano al C. e illuminante compagno in questi tempi tristi, per la esplicativa sintesi storico- politica del nostro “capitalismo straccione” (C.Napoleoni dixit)


  • E Sem

    Purtroppo per eventi ricorrenti ed eventi legati a problematiche ambientali non abbiamo mai approntato un piano b, a dire il vero il piano a, se esiste, deve essere stato fatto pensando esclusivamente ad un tornaconto economico personale generato dall’ evento. Non penso che ci sia nel nostro paese aeree messe in sicurezza, almeno io non le ho mai viste.

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