Gli scarni comunicati diffusi negli ultimi giorni dall’editore di Radio Rock e dal dj Emilio Pappagallo non hanno affatto placato gli animi degli ascoltatori inviperiti per l’intervista concessa al neofascista Iannone. Anzi. Basta andare sulla bacheca di Facebook dell’emittente romana oppure sui profili e sui blog dei suoi dj per comprendere quanto sia profonda la frattura dentro la redazione – sono ben tre i dj storici che hanno annunciato il loro addio – e tra la radio e i propri ascoltatori.
Disponibili a tollerare un qualunquismo a volte anche spinto che negli ultimi anni aveva caratterizzato alcuni spazi della programmazione ma non ad accettare una sterzata verso posizioni di estrema destra che a questo punto non sembrano più appannaggio solo del Pappagallo della situazione.
Non è pensabile che di fronte alle proteste degli ascoltatori e di alcuni ‘colleghi’ già il giorno prima dell’intervista l’autore si sia preso la responsabilità, da solo e senza sentire l’editore, di mandarla in onda comunque.
Un favore enorme alla piccola ma attrezzata organizzazione di estrema destra che punta scientificamente a colonizzare qualsiasi situazione di massa a disposizione nel panorama culturale, sociale e territoriale. Bastava leggere cosa scrivevano i camerati sui loro siti prima durante e dopo l’intervista per capire quali erano le intenzioni dell’organizzazione di Iannone. Non è possibile che il conduttore del ‘morning show’ non se ne sia accorto… Non una svista quindi, ma una provocazione per accelerare la mutazione genetica già in atto nell’emittente da anni. Per togliersi di torno dj e ascoltatori “troppo legati a vecchi argomenti e vecchie concezioni”, come direbbe Pappagallo.
“Pare – scrive qualcuno su Facebook – che sia in atto un cambiamento della linea editoriale con l’esordio del quotidiano Il Tempo come sponsor finanziatore”. Commenta un altro: “Pappagallo evidentemente avrà in mano i contatti ed i contratti del marketing con il quotidiano Il Tempo”. Insomma, vada come vada, Radio Rock non sarà più come prima. E dopo i 99 Posse anche altri artisti che al proprio antifascismo ci tengono hanno fatto sapere che aderiscono al boicottaggio in corso nei confronti dei 106.6. Scarno ma chiaro il comunicato dei ‘Radici nel Cemento’: “Stiamo aspettando di conoscere la posizione ufficiale di Radio Rock rispetto alla vergognosa intervista al neofascista Iannone. La nostra speranza è che quanto successo venga condannato chiaramente, che il responsabile di questa infamia sparisca per sempre dall’etere e che la radio torni in mano alla vecchia guardia democratica e antifascista”.
Più articolata la presa di posizione de I Ministri che invece spiegano: ascoltando l’intervista “sentirete un Emilio Pappagallo timoroso che cerca di costruire enormi domande con la risposta dentro, nel tentativo di far diventare Iannone un paladino degli stessi valori che la Radio sente come propri – e cerca di tradurre la loro inconciliabilità in una specie di pluralismo da bar – della serie io continuo a pensarla così, tu continui a pensarla colà. Iannone ovviamente non si smuove di un centimetro (…) e conduce l’intervista – che si conclude con l’ennesimo goffo tentativo di volemose bene. (…) I Ministri sono cresciuti facendo propri i valori dell’antifascismo. (…) Il diritto di parola che madre natura ha garantito a tutti non deve confondersi con il diritto a offendere la storia. Chiunque voglia configurarsi come attivista di destra e risultare credibile e serio e rispettabile interlocutore deve e dovrà finché necessario prendere le sacrosante distanze sia nel linguaggio sia nell’iconografia, prima ancora che negli atti, da ideologie scellerate.
Chiunque si rifiuti di farlo (posizione che spesso riassume e conclude l’identità di molti neofascisti) esisterà e continuerà ad avere il diritto di esistere, ma non avrà il nostro rispetto né la nostra disponibilità a una discussione. C’è di certo bisogno che l’Italia superi un passato di guerra ideologica ormai fuori tempo massimo e che superi insieme un presente ancora vivo di pestaggi, agguati e minacce. Ma nel complesso processo che risolverà questa dicotomia non ha senso alcuno rileggere la storia del nostro Paese o tentare un’improbabile equiparazione delle violenze perpetrate: la violenza di un popolo che cerca libertà assomiglia a quella di Stato solo nel colore del sangue, il resto non ha punti di contatto. (…) La speranza in un futuro in cui vedremo risolti questi conflitti interni non deve banalizzare il concetto di pluralismo o ridurre l’antifascismo e il fascismo a due opinioni – come emerge dall’intervista di Pappagallo”.
E come diceva qualcuno un po’ di tempo fa: e non finisce qui…
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