L’aveva detto la Ministra Elsa Fornero che ‘l’università per tutti è un’illusione”. Qualcuno l’ha criticata, interpretando la sua dichiarazione come segno di un’intenzione, di un proposito, sbagliato ma futuro. E invece no, la Ministra stava semplicemente raccontando quella che è una realtà dei fatti. Grazie alle politiche del governo Monti che hanno estremizzato e accelerato quelle dei precedessori Berlusconi, D’Alema e Prodi. L’università di massa e di qualità, frutto delle lotte studentesche e operaie degli anni ’60, non esiste già più. Perchè, come si usa ormai dire per giustificare le peggiori nefandezze, “ce lo chiede l’Europa”.
Perché le università e le singole facoltà sono state tagliate ed è quindi più complicato studiare. E più caro, visto che le tasse di iscrizione negli ultimi anni sono lievitate a vista d’occhio, mentre contemporaneamente i servizi offerti dagli atenei sono diminuiti, addirittura scomparsi. Per non parlare della tendenza continua all’aumento dell’obbligo di frequenza per lezioni e seminari, che ha obbligato molti studenti-lavoratori a dover scegliere il reddito abbandonando la formazione superiore.
Inoltre se fino a qualche tempo fa anche l’operaio voleva il figlio dottore, ora pare che non sia più esattamente così. Perché studiare costa, ma non concede maggiori chance di accesso al mondo del lavoro. Recenti studi affermano infatti che in Italia è più facile essere disoccupati se si è laureati piuttosto che diplomati. E che nel nostro paese stanno cominciando a calare sensibilmente gli iscritti all’Università.
Secondo l’ultimo Annuario dell’Istat tra coloro che hanno meno di 29 anni il tasso di disoccupazione dei laureati è più elevato rispetto a quello dei diplomati. Ciò dipende – dice l’istituto – dal più recente ingresso nel mercato del lavoro di chi prolunga gli studi, ma anche dalle crescenti difficoltà occupazionali dei giovani, pur con titolo di studio elevato. Nel 2011, infatti, il tasso di disoccupazione tra i 25 e i 29 anni raggiunge per i laureati il 16%, un livello superiore sia a quanto registrato dai diplomati nella stessa fascia d’età (12,6%) sia alla media dei 25-29enni (14,4%). Solo con l’avanzare dell’età chi è in possesso di un titolo accademico recupera terreno rispetto Ai diplomati. Quindi se si guarda in generale alla disoccupazione per titolo di studio, per il 2011 si conferma il vantaggio relativo ai laureati, che presentano il tasso di disoccupazione più basso (5,4%, in calo di tre decimi di punto rispetto 2010). Per coloro che si sono fermati al diploma il tasso complessivo è invece al 7,8% (10,4% per la licenza di scuola media inferiore e 11,6% per licenza elementare/senza titolo). Ma la tendenza sembra opposta.
E come accennavamo, l’Istat segnala che sono sempre meno i giovani che decidono di iscriversi all’università. Gli iscritti per la prima volta nell’anno accademico 2010/2011 sono stati 288mila, 6.400 in meno rispetto all’anno precedente (-2,2%), a conferma di un trend negativo nelle immatricolazioni che dura ormai dal 2004/2005.
Meno iscritti alle università e meno aspirazione a concludere un corso di studi superiore: un ottimo risultato per una “nuova” classe dirigente composta da professori e tecnici che si vanta di aver contribuito a modernizzare il paese…
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Andrea
Vedi anche: Istat, il diploma dà più lavoro della laurea. Calano le iscrizioni alle università
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/18/istat-oltre-milione-disoccupati-under-35-al-sud-situazione-piu-critica/449338/
E’ stato finora un segreto di pulcinella, ma è adesso incontrovertibile: il capitalismo nostrano, questo qui ed ora, vuole esattamente il contrario della “società della conoscenza”.
Esso disprezza (in senso letterale: dis-prezza) la scienza e la cultura.
Lo studio del Commercialista che deve assumere un lavorante preferisce di gran lunga il neo-ragioniere al laureato in Economia e Commercio o – peggio ancora – al dottore di ricerca. La Fornero lo proclama apertamente in TV: “non laureatevi”. Non credo proprio che qui si tratti di “qualità” dell’istruzione; c’entra molto, invece, di sicuro, la caduta tendenziale del saggio di profitto dei padroni.
E’ necessario riconoscere in questo declino il naturale processo di distruzione delle forze produttive avanzate, tipico del capitalismo nella sua fase marcescente (“crisi”); e riconoscere negli studenti e nei precari del comparto della conoscenza che scendono in piazza furiosi quelle stesse forze produttive avanzate espulse dal mercato del lavoro. Loro sono INTELLETTUARIATO: non esattamente una classe sociale, ma una formazione sociale di transizione spossessata e alienata, fatta di elementi di borghesia “inutile” e proletari privati di ogni residua illusione di miglioramento sociale attraverso l’istruzione.
“Io l’avevo detto”, e scritto, purtroppo, due anni fa:
http://digilander.libero.it/andreamartocchia/intellettuariato.pdf