Trump minaccia la distruzione di siti culturali in Iran. Cioè, di quella che un tempo era la Persia. Un paese dal passato e dalla storia millenaria. La tracotanza volgare dell’imperialismo statunitense, guerrafondaio, criminale e mafioso – attitudini e qualità tipiche del Capitale Monopolistico Internazionale, ben rappresentato dagli Usa – sta imprimendo il suo marchio di fabbrica della morte in franchising, alla Storia del mondo e dell’umanità. Come l’Isis a Palmira, ma con la tecnologia più moderna.
Vorremmo ricordare a questi mediocri carnefici a stelle e strisce, e al loro solo ultimo rappresentante in ordine di tempo, il patron del gioco d’azzardo di Atlantic City, Donald Trump – ma la Clinton o Obama non avrebbero fatto differenza, se non per i liberal sinistroidi di casa nostra, proni ai desiderata della cupola amerikana o per i radical-chic sedicenti “comunisti”, sempre pronti a formulare corollari di equidistanza da un atto di aggressione e di guerra – vorremmo ricordare agli Usa e a Trump, dicevamo, che la cultura e l’arte persiana e iraniana, sono un vanto e un patrimonio dell’umanità.
Patria di Zarathustra e del primigenio culto dello zoroastrismo, che giunse ad influenzare persino la culla della cultura occidentale. Ovvero la Grecia e, stando ad alcune incerte testimonianze, attribuibili ai suoi discepoli, uno dei massimi filosofi dell’antichità: Platone. In poche parole, quel mondo ellenico grazie al quale esistono, ahinoi, pure gli Stati Uniti. Per non dire dell’ architettura persiana pre islamica – splendidi i palazzi di Serse, di Ciro, di Dario – e, successivamente, islamica. Della scrittura cuneiforme. Dei Caravanserragli. E dei tanti siti considerati patrimonio dell’umanità. A cominciare da Persepoli.
Un paese senza storia, il cui unico, essenziale contributo al cammino della Cultura e dell’Arte umana sono stati il Pop e il Postmodernismo – ovvero la voracità rimasticatrice di ogni forma espressiva e l’inautenticità dello spettacolo elevata ad episteme del nostro tempo – minaccia, dunque, di distruggere la Storia.
Come Talebani della postmodernità.
Basterebbe questo per condannare l’infame aggressione statunitense, senza attardarsi in ipocriti sofismi equidistanti.
Perciò, pur non dimenticando mai il massacro dei comunisti del Tudeh sotto gli ayatollah, oggi siamo con l’Iran. Ossia contro gli Usa e Trump.
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bettino
Un appunto : non si tratta di Atlanta, ma di Atlantic city
Vincenzo
È vero. Mi scuso per la distrazione
Francesco Buffoli
Sottoscrivo la celebrazione della millenaria cultura persiana e naturalmente le considerazioni spese sul piano politico – pur essendo consapevole del fatto che si tratta di due potenze del capitale tra loro in conflitto, di un confronto bellico mimetico come sempre di interessi divergenti; trovo tuttavia un po’ pressapochista e gratuito il massacro della cultura americana in quanto tale (che poi è la cultura europea trapiantata in un altro continente, miscelata con mille altre influenze e aggiornata alla contemporaneità, insomma è l’avanguardia, con tutti i pro e contro).
Derubricare a pura e irrilevante (già se ne potrebbe discutere) estetica pop – che poi noi siamo la patria del pop, molto più degli americani, la nostra tradizione di canzonette è pop elevato all’ennesima potenza – tutto ciò che gli Usa hanno scodellato è davvero ingeneroso, basterebbe ricordare (cito qualche nome a caso) Salinger, Kubrick, Altman, David Foster Wallace, una marea di artisti che hanno ridefinito il concetto di musica nel corso di un secolo intero (Coltrane, Mingus, Miles Davis, Bob Dylan) etc.. Insomma, eviterei di scadere in un nazionalismo a contrario che è fuorviante come il nazionalismo a favore, gli Usa sono anche la controcultura che ha dato il là ad alcuni dei movimenti più significativi di tutto il ‘900 e del nuovo secolo.
Pronunciare una sentenza di condanna inappellabile e così generalista equivale per me a condannare la cultura italiana a causa di alcuni suoi rappresentanti (specie politici), o la gloriosa cultura iraniana a causa del regime che governa il paese. Ah, le antiche Grecia e Roma sul piano sociale erano infinitamente più repressive e violente dell’Europa odierna, dell’Iran e persino degli Usa, ma non per questo cataloghiamo come irrilevanti Aristotele, Seneca o Cicerone. Spero che il discorso sia chiaro 🙂
Francesco
Condivido la celebrazione della millenaria cultura iraniana e anche le considerazioni politiche, ancorché non dimentichi che si tratta sempre di potenze del capitale tra loro in conflitto. Tuttavia trovo ingenerosa e pressapochista la condanna globale di una cultura che ha sfornato (cito un po’ di nomi a caso) Salinger, John Coltrane, Fitzgerald, David Foster Wallace, Bob Dylan, Stanley Kubrick, Robert Altman e chissà quante migliaia ne dimentico. Insomma, non confonderei i due piani, gli Usa hanno rivoluzionato il concetto stesso di cultura nel corso dell’ultimo secolo, e peraltro si tratta di un’evoluzione della cultura europea, mescolata con influenze di provenienza diversa.
Pronunciare una sentenza di condanna inappellabile e di ampio respiro a mio avviso rischia di essere fuorviante, il frutto del nostro pregiudizio “storicista”, oltre che ingiusto.
Francesco
Aggiungo che l’antica Roma, la Grecia o la stessa Persia erano società organizzate in forme tali che al confronto l’odierna Europa, l’Iran e persino gli Usa sono il paradiso in terra: all’epoca si praticava la schiavitù di massa, le donne erano poco meno che oggetti, la violenza si manifestava in forme più brutali etc.. Ma non per questo rinneghiamo Socrate, Aristotele, Seneca o Cicerone.
Maurizio
La minaccia di Trump esprime qualcosa di molto grave perchè fa intendere che non si vuole limitare ad ammazzare gli iraniani, ma vuole anche distruggere la loro cultura e gli oggetti che testomoniano la loro memoria storica. Un progetto di annientamento che non è nuovo nella storia e nemmeno in quella degli USA (ricordiamo il Bush che voleva riportare l’Iraq all'”età della pietra”) ma che è di totale, estrema gravità. Che poi distruggere Persepoli o la meravigliosa piazza di Esfahan sia una perdita per tutta l’umanità è un’evidenza.