Michele Monetta è specializzato in pedagogia teatrale. Regista, attore e insegnante di mimo corporeo (tecnica Decroux), maschera e commedia dell’arte, è stato allievo del M° Etienne Decroux.
Docente di maschera e mimo corporeo all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, di Roma; insegna altresì recitazione e commedia dell’arte all’École-Atelier Rudra del coreografo Maurice Béjart, Lausanna, Svizzera.
È docente di educazione al movimento drammatico alla Scuola di Teatro del Teatro Nazionale di Napoli.
Dal 2013 al 2016 è stato membro del Consiglio Accademico dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico.
Ha coperto il ruolo di regista, attore e insegnante in Italia, Francia, Svizzera, Ungheria, Polonia, Russia, Grecia, Spagna, Lituania, Olanda, Belgio, Indonesia e Malesia. Nel 1999 è co-fondatore e co-direttore, con la compagna di vita, Lina Salvatore, dell’ICRA Project: Centro Internazionale di Ricerca sull’Attore.
Il maestro ha voluto affidare alle pagine di Contropiano, giornale che rispecchia la sua visione del mondo, questa breve ma intensissima riflessione sul teatro. Una riflessione che scaturisce dalla crisi che l’arte della scena si trova a vivere ai tempi del Covid19.
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Io credo che il Teatro abbia in sé la peste. E’ quella scatenata nell’Iliade. E’ quella di Tebe!
E’ quella esaltata nelle parole deliranti di Antonin Artaud, e cioè qualcosa che contamini le nostre banali certezze.
Per forza si vogliono trasformare i teatri in luoghi asettici. Cliniche di buona salute. Ciò non potrà mai avvenire. Mai!
Il Teatro di per sé è impuro. E’ un luogo che nei tempi passati andava facilmente a fuoco; il fuoco purificatore.
Era il luogo dove durante la rappresentazione il popolo mangiava, parlava, rideva, piangeva, rubava, sputava, puzzava…
Il Teatro è – come nella Commedia dell’Arte e in Pulcinella – il luogo dove batteri e virus ci attraversano e dove la Morte è la giocosa compagna di rito.
Ricordiamo i fetidi teatri anatomici rinascimentali, dove dottori e artisti contemplavano cadaveri sezionando muscoli, organi, viscere…
Il Teatro non deve essere, come oggi, il comodo salotto per gente appagata e sazia. Dovrebbe, invece, tornare ad essere un luogo pericoloso e di nudità. Un luogo dove ‘ricrearsi’.
Pulcinella è uno spirito psicopompo. E’ un traghettatore di anime che sulla zattera del palcoscenico carica i nostri occhi, anime in pena, e ci porta a far visita nell’oltretomba per incontrare le apparizioni in sogno: oneirophantoi. Sono i “personaggi“.
In Teatro abbiamo a che fare con gli spiriti, con i morti. Genet desiderava l’edificio teatrale costruito sui resti di un cimitero.
Il Teatro è fisicamente un abbraccio. Tra la vita e la morte!
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